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Sequestrano 250 chili di marijuana ma scompaiono 11mila euro. Due carabinieri nei guai

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Una storia controversa che arriva dalla periferia di Milano. L‘arresto di uno spacciatore,  la perquisizione nel suo appartamento e la denuncia della moglie sulla sparizione di ben 11mila euro. Qualcosa però è rimasto nelle registrazioni del sistema informatico, oltre ad una lettera che svelava il comportamento dubbio di alcuni militari, così è scattata l’indagine.

Tutto ha avuto inizio al termine di un inseguimento a Stezzano, in provincia di Bergamo Era il 18 settembre 2017 quando i carabinieri arrestano uno spacciatore marocchino e gli sequestrano 250 chili di marijuana, ma due attestano di non aver trovato nulla nella perquisizione a casa, a Dalmine.

Secondo l’accusa, i due militari dell’Arma durante la perquisizione avevano rinvenuto11.000 euro, ma non li avevano menzionati nel rapporto.

Siamo nel 2017, ma la notizia di cronaca è trapelata soltanto ora grazie a “Milano Corriere”. La moglie dell’arrestato, dopo essersi accorta del furto, ha telefonato in caserma denunciando della sparizione del danaro, ma dall’altro capo del telefono le hanno detto di controllare meglio, poiché probabilmente si trattava di un errore.

La telefonata che ha insospettito gli inquirenti

Alle 21.10 del 19 settembre , lo spacciatore riesce a chiamare la moglie dal carcere e durante la conversazione discute dei soldi spariti nella perquisizione: «Hai visto che ladri che sono?», «Adesso hai visto che hanno portato via 11»

A suffragio della telefonata ci sarebbe anche una colorita segnalazione di un terzo carabiniere, che  definisce i colleghi  «sporcaccioni» che avevano voluto «insabbiare». Dopo la segnalazione, il militare però avrebbe subito un processo disciplinare con la conseguente denuncia alla Procura militare di Verona per insubordinazione, accuse dalle quali però poi sarebbe stato assolto. Ciò comunque non gli avrebbe evitato un trasferimento.

I due uomini dell’Arma – racconta Milano corriere – quando hanno iniziato a temere di essere scoperti, sarebbero tornati a casa per rimettere i soldi al loro posto, oltre ad entrare nel sistema informatico per cancellare illegalmente le intercettazioni contenenti le due frasi che potevano comprometterli.

Il 20 settembre, dopo la telefonata tra la donna e lo spacciatore, chiedono di poter effettuare una nuova perquisizione, ma la pm Bartolucci non concorda. Soltanto in un secondo momento si comprenderà che la richiesta, secondo le ipotesi dell’accusa,  avrebbe permesso ai due di entrare in casa e riporre i soldi al loro posto. Dopo il diniego , si recano comunque a casa dello spacciatore, sostenendo di aver incontrato per caso la moglie, di esserne stati invitati a salire , e lì di averla aiutata a cercare meglio, riuscendo a ritrovare incredibilmente la somma scomparsa.

Attori di questa vicenda sono un vice brigadiere e un appuntato scelto dei carabinieri , entrambi sospesi dal servizio e posti  agli arresti domiciliari con le accuse di appropriazione indebita, falso ideologico, accesso abusivo a sistema informatico, oltre a frode in processo penale e depistaggio.

Per la difesa, affidata all’avvocato  Francesca Lisbona, le accuse contro i due militari dell’Arma sono infondate, basate solo su deduzioni. I due militari si sono avvalsi della facoltà di non rispondere alla gip Alessandra Clemente. Un militare ha 22 anni di impeccabile servizio, l’altro addirittura 31  – sostiene l’avvocato — sono carabinieri che fanno onore all’Arma e mai hanno avuto contestazioni, anzi le loro note caratteristiche sono eccellenti». Dove sta la verità? La parola al giudice.

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