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SASSARI, DETENUTA MUORE SUICIDA IN CARCERE A BANCALI. SAPPE: SITUAZIONE ALLARMANTE NEI PENITENZIARI”

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Tragedia nel carcere di SASSARI. Una donna di circa 40 anni, italiana, ristretta per reati connessi alla droga, si è tolta la vita nella sua cella del carcere di Bancali, impiccandosi. Ne da notizia il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, per voce del Delegato nazionale Antonio Cannas: 

L’ennesimo suicidio di una persona detenuta in carcere dimostra come i problemi sociali e umani permangono, eccome, nei penitenziari. Negli ultimi 20 anni le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria hanno sventato, nelle carceri del Paese, più di 21mila tentati suicidi ed impedito che quasi 170mila atti di autolesionismo potessero avere nefaste conseguenze. Purtroppo a Sassari, dove sono detenute 25 donne in carcere, il pur tempestivo intervento delle poliziotte di servizio non ha potuto impedire il decesso della detenuta”.


Per Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria SAPPE, il primo e più rappresentativo dei Baschi Azzurri, “la donna, prima del suicidio, sembra abbia inalato in cella il gas della bomboletta che legittimamente i detenuti posseggono per cucinarsi e riscaldarsi cibi e bevande. 

Secondo il rapporto del 2019 “Salute mentale e assistenza psichiatrica in carcere” del Comitato Nazionale per la Bioetica, osservando le tipologie di disturbo prevalenti sul totale dei detenuti presenti, al primo posto troviamo la dipendenza da sostanze psicoattive (23,6), disturbi nevrotici e reazioni di adattamento (17,3%), disturbi alcol correlati (5,6%). A seguire piccole percentuali per i disturbi affettivi psicotici (2,7%), disturbi della personalità e del comportamento (1,6%), disturbi depressivi non psicotici (0,9%), disturbi mentali organici senili e presenili (0,7%), disturbi da spettro schizofrenico (0,6%).


Analizzando le diagnosi per genere, prevale tra gli uomini la diagnosi di dipendenza da sostanze psicoattive (50, 8% degli uomini e 32,5% delle donne), e tra le donne la diagnosi di “disturbi nevrotici e reazioni di adattamento” (36,6% delle diagnosi femminili e 27,1% delle diagnosi maschili). Arrivano dopo, fra gli uomini, i “disturbi alcol correlati (9,1 % degli uomini e 6,9% delle donne), e fra le donne i disturbi affettivi psicotici (10,1% delle donne e 4,1% degli uomini), i disturbi della personalità e del comportamento (2,4% degli uomini e 3,4% delle donne), disturbi depressivi non psicotici (1,3% degli uomini e 2,8% delle donne)”. 

Il leader del Sappe richiama un pronunciamento del Comitato nazionale per la Bioetica che sui suicidi in carcere aveva sottolineato come “il suicidio costituisce solo un aspetto di quella più ampia e complessa crisi di identità che il carcere determina, alterando i rapporti e le relazioni, disgregando le prospettive esistenziali, affievolendo progetti e speranze. La via più netta e radicale per eliminare tutti questi disagi sarebbe quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere”. E’ l’ozio il nemico principale. “Ma” conclude Capece “fondamentale è eliminare l’ozio nelle celle. Altro che vigilanza dinamica.

L’Amministrazione Penitenziaria, nonostante i richiami di Bruxelles, non ha affatto migliorato le condizioni di vivibilità nelle celle, perché ad esempio il numero dei detenuti che lavorano è irrisorio rispetto ai presenti, quasi tutti alle dipendenze del Dap in lavori di pulizia o comunque interni al carcere, poche ore a settimana”. Da qui il rinnovo dell’invito al Guardasigilli Bonafede di trovare una soluzione urgente ai problemi penitenziari sardi e dell’intero Paese.


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