Rivendeva pezzi di aereo Luogotenente dell’ Aeronautica condannato dalla Corte dei Conti

Era il  lontano 2015 quando emerse lo scandalo sulla vendita di parti elettroniche e meccaniche di aeromobili militari dichiarate «dismesse», mentre in realtà venivano trafugate e vendute in Italia e all’estero su un mercato parallelo attraverso l’intermediazione del dipendente di una società del settore dell’aviazione civile.

All’epoca, l’indagine della Guardia di Finanza di Varese, sulla base delle intercettazioni telefoniche, condusse all’arresto di diverse persone e al sequestro del materiale aereonautico militare fatto oggetto di vendita illecita.

L’accusa iniziale, ipotizzata a vario titolo dalla Procura della Repubblica di Latina, fu di associazione a delinquere finalizzata al peculato militare e ricettazione . La vicenda, tra gli altri,  vide protagonisti alcuni militari in servizio presso il 70° Stormo di Latina.



Uno di loro, dopo aver scontato una breve pena in carcere, è stato condannato dalla Corte dei Conti a risarcire il Ministero della Difesa per una cifra pari a 13.963,17, oltre rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT dalla data del 15/06/2015

Il Luogotenente S.C. era stato rinviato a giudizio con l’accusa di peculato militare continuato pluriaggravato, in quanto, in servizio come maresciallo in servizio al 70° Stormo dell’Aereonautica Militare di Latina, incaricato della funzione amministrativa di magazziniere, si appropriava di materiale di proprietà dell’amministrazione militare, collocandolo come “fuori uso” privo di valore, per riutilizzarlo per scopi personali.

Nel merito- si legge nella sentenza- il Collegio rileva che, dalla documentazione in atti, emerge che il convenuto si è dolosamente appropriato di beni dell’amministrazione militare al fine di ricavare un
indebito vantaggio personale.

Al riguardo , è sufficiente richiamare la motivazione dell’ordinanza n. 180/2015 R.G.N.R. del Tribunale Militare di Roma, 1 sezione, che, pur accogliendo la richiesta di scarcerazione, ha rilevato che quanto dichiarato dal convenuto in sede d’interrogatorio “fornisce l’evidente prova che egli ha intenzionalmente realizzato la condotta appropriativa dei beni dell’amministrazione militare, di cui aveva il possesso in ragione dell’incarico amministrativo svolto, e che li ha ceduti al terzo civile con la consapevolezza di aver commesso un’attività illecita, agendo o di sua iniziativa o in accordo con il superiore”.



Alla luce della complessiva documentazione in atti – sostengono i giudici –  sussiste la responsabilità dolosa del convenuto, il danno erariale e il nesso di causalità. Per quanto attiene al danno, il Collegio condivide la quantificazione prospettata dalla Procura regionale pari a € 13.963,17, secondo la stima contenuta nella relazione di consulenza tecnica disposta dalla Procura militare.

Pertanto,- concludono i giudici –  il Collegio condanna il convenuto al risarcimento del danno di € 13.963,17, oltre rivalutazione monetaria secondo gli indici ISTAT dalla data del 15/06/2015, di accertamento dell’appropriazione, e interessi nella misura legale decorrenti dal deposito della sentenza e fino al soddisfo, in favore del Ministero della Difesa.

foto tratta dal web e non ricollegabile all’ indagine

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