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Poliziotto colpito al volto da proiettile esploso da un carabiniere durante tafferugli. Dopo anni ottiene giustizia.

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Malgrado sia lecito pensare che il ferimento di un agente o di un militare durante un’ azione di orine pubblico, possa essere riconducibile ad una “causa di servizio”, nella vicenda che analizzeremo di seguito emergono alcune importanti lacune nelle norme che dovrebbero tutelare e di conseguenza regolare chiaramente ” l’iter giuridico” per vedersi riconosciuto il diritto al rimborso delle spese mediche sostenute ( e non solo).

Nel caso di specie, a subire le conseguenze assurde di tali norme è stato un poliziotto, anzi, ex poliziotto. L’agente nel 2000 rimase ferito al volto da un colpo esploso da un carabiniere durante un ‘operazione di “ordine pubblico”. Nel frangente si stava tentando di sedare l’aggressione ai danni di un giovane motociclista da parte di un nutrito gruppo di extracomunitari.



Il colpo , probabilmente esploso al solo scopo intimidatorio dal carabiniere, colpì il poliziotto in pieno volto. Da quel giorno l’agente dovette ricorrere alle cure del chirurgo per farsi asportare dei frammenti metallici e per farsi ricostruire la parete ossea.

Il poliziotto nel 2004 venne dispensato permanentemente dal servizio per inabilità fisica e chiese il risarcimento dei danni ai sensi del DPR 388/94. La Prefettura di Bologna rispose alla missiva sostenendo che il risarcimento non era di sua competenza poiché non era applicabile alla vicenda il D.P.R. 388/94.

Il diniego venne impugnato innanzi al Tar Puglia che però dichiarò inammissibile il ricorso. Il poliziotto si rivolse quindi al Consiglio di Stato  che accolse il ricorso annullando così la sentenza del Tar Puglia.

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Finalmente si pronunciò il Tar Puglia, che accogliendo il ricorso , sostenne:  “i fatti che hanno causato il fatto lesivo sono da ricondurre ad un servizio di ordine pubblico eseguito da tre carabinieri, in occasione del quale il ricorrente venne raggiunto al volto da un colpo di arma da fuoco” e che l’accaduto è caratterizzato “dagli stessi presupposti richiesti dal DPR n.388/94 per la fruizione della procedura semplificata di cui al DPR n.388/94, volta al riconoscimento della prestazione risarcitoria“.

Sembrava fatta, ma non appena il poliziotto reiterò la richiesta di risarcimento alla propria amministrazione, gli venne risposto che aveva già ricevuto , a titolo di speciale elargizione quale Vittima del Dovere , delle somme di danaro che avrebbero dovuto essere detratte dalla liquidazione del danno.Di conseguenza a conti fatti, l’amministrazione riteneva di non dover liquidare alcunché.

Si finisce così al Tar Emilia Romagna, dove l’ex agente cerca di trovare giustizia con lo scopo di farsi quantificare il danno subito, superando l’eccezione di compensazione con quanto già liquidato ad altro titolo, trattandosi di una provvidenza economica avente natura solidaristica.

Stralcio di sentenza del Tar Emilia Romagna del gennaio 2020

Per la liquidazione del danno – sostengono i giudici – è opportuno partire dal danno non patrimoniale che è stato oggetto della verificazione.




Gli attuali sviluppi dell’annoso dibattito giurisprudenziale sulle componenti di tale tipo di danno consentono di elencare tre tipi di danno non patrimoniale astrattamente verificabili: il danno biologico, che esplica incidenza sulla vita quotidiana del soggetto e sulle sue attività dinamico relazionali, il danno morale, che si riferisce alla sofferenza interiore patita dal soggetto in conseguenza della lesione del suo diritto alla salute ed il c.d. danno esistenziale che è un’espressione descrittiva per ricomprendere qualunque danno alla vita di relazione ed alla possibilità di poter esplicare pienamente la propria personalità.

Per quanto attiene alla quantificazione del danno biologico, il verificatore ha calcolato un’invalidità permanente pari al 25%, mentre il consulente del ricorrente ritiene che la percentuale vada aumentata fino al 38% .Il Collegio ritiene di aderire alla quantificazione operata dal verificatore che può essere aumentata nella misura massima del 34% per ristorare le altre forme di manifestazione del danno non patrimoniale .

Tutte le amministrazioni statali cui il ricorrente si è rivolto all’epoca in cui la sua non idoneità era limitata ai compiti di agente di polizia, hanno rifiutato di assumerlo adducendo varie ragioni. Inoltre la sofferenza fisica e psichica in conseguenza dell’incidente occorso è stata notevole. Anche l’invalidità temporanea andrà riconosciuta nella misura quantificata dal verificatore cui dovrà applicarsi la maggiorazione nella misura massima. Gli importi – continuano i giudici – andranno determinati utilizzando le tabelle predisposte al Tribunale di Milano ed adottate in molte altri tribunali riferite all’anno 2018.

Passando al danno patrimoniale – concludono i giudici –  va considerato che, a partire dal 2004 anno in cui è stato dichiarato inabile ad ogni forma di lavoro, il ricorrente non ha potuto proseguire la sua carriera di agente di polizia che, vista l’età, avrebbe potuto durare per altri trent’anni. Considerato che il reddito medio netto che avrebbe potuto conseguire in quel lasso di tempo, espresso ai valori attuali, sarebbe stato pari a 25.000 euro all’anno, gli va riconosciuta la differenza tra tale cifra e la pensione privilegiata di cui gode; non è possibile valutare l’incidenza di eventuali progressioni in carriera poiché si tratta di evento futuro di cui non è possibile stabilire la verificabilità neanche in termini probabilistici.





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