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PM -8 : il Tar Campania rimanda tutto alla decisione della Corte Costituzionale

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Come ben ricorderete, il T.A.R. della Valle d’Aosta si espresse positivamente sul ricorso presentato da un PM-8 dell’Arma dei Carabinieri. Lo scorso 29 giugno il Tar Campania pur condividendo quanto espresso nella precedente sentenza del Tar Valle d’ Aosta, ha preferito rimandare tutto alla decisione della Corte Costituzionale, al fine di evitare che la pronuncia di una ulteriore ordinanza di rimessione alla Corte Costituzionale – di tenore sostanzialmente identico a quella già citata della Valle d’Aosta – si risolverebbe in un inutile prolungamento del giudizio di costituzionalità e di riflesso di questo giudizio;

Di seguito la sentenza integrale:

Il ricorrente è un militare dell’Arma dei Carabinieri che presta servizio presso la stazione dei Carabinieri di Schiava – Tufino.

Con il ricorso all’esame egli impugna il provvedimento che lo ha reinquadrato come maresciallo maggiore in applicazione delle disposizioni recate dal d.lg. 29 maggio 2017, n. 95 (Disposizioni in materia di revisione dei ruoli delle Forze di polizia, ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche).

In pratica al ricorrente con il provvedimento impugnato è stato attribuito il grado di maresciallo maggiore mentre nel previgente ordinamento egli aveva il grado di maresciallo aiutante sostituto ufficiale di pubblica sicurezza (d’ora in poi MASUPS), cioè il grado apicale del ruolo degli ispettori.

In estrema sintesi con il ricorso il signor Tranchese contesta – come oltre sarà chiarito – la legittimità costituzionale delle disposizioni del d.lg. n. 95 del 2017 che hanno disciplinato, in attuazione della delega per la revisione dei ruoli delle forze di polizia conferita al Governo dall’articolo 8, comma 1, lett. a), della legge 7 agosto 2015, n. 124, il riordino della carriera degli ispettori e il primo inquadramento del personale già appartenente a tale ruolo.

Il Ministero della difesa resiste al ricorso con memoria di stile.

L’avvocatura dello Stato ha altresì depositato una relazione del II reparto della direzione generale per il personale militare con cui in primo luogo si sostiene l’incompetenza territoriale del T.A.R. Campania, in quanto la controversia rientrerebbe nella competenza del T.A.R. Lazio, sede di Roma, in forza della previsione dell’articolo 13, comma 4-bis, c.p.a.; nel merito la relazione sostiene che la questione di legittimità costituzione cui è affidato il ricorso sarebbe manifestamente infondata.

Alla camera di consiglio del 15 novembre 2017 il ricorrente ha rinunciato alla istanza di tutela cautelare.

La trattazione del ricorso è stata fissata alla udienza pubblica del 23 maggio 2018.

Preliminarmente il Collegio rileva che la controversia all’esame rientra nella propria competenza territoriale. L’oggetto della impugnazione consiste infatti in un tipico atto plurimo cioè in un atto che contiene il nuovo inquadramento di tutti gli ex MASUPS che, come tale, è scindibile in tanti autonomi atti di inquadramento quanti sono i sottufficiali reinquadrati; in sostanza non può trovare applicazione la disposizione dell’articolo 13, comma 4-bis, c.p.a. che attrae alla competenza del T.A.R. Lazio, Roma, l’impugnazione di atti normativi e generali, poiché nel caso all’esame non si tratta di atto generale – cioè di provvedimento che dispone unitariamente e inscindibilmente nei confronti di una generalità di soggetti – ma di atto plurimo, cioè di provvedimento scindibile in tanti provvedimenti quanti sono i destinatari; in tal caso trovano applicazione i criteri generali di riparto della competenza sicchè, venendo in rilievo una controversia in materia di rapporto di impiego pubblico, il criterio di riparto applicabile è quello della sede presso cui il ricorrente presta servizio. Né potrebbe sostenersi che la competenza spetterebbe al T.A.R. Lazio in quanto sono stati impugnati anche atti generali quali la circolare indicata in epigrafe, dato che l’atto di inquadramento costituente l’oggetto principale della controversia, come oltre si vedrà, altro non è che una puntuale applicazione di una disposizione di legge e in realtà nel ricorso non è formulata alcuna censura avverso atti diversi.

Poiché il signor Tranchese presta servizio in Schiava – Tufino (cioè in provincia di Napoli), dunque, la competenza territoriale spetta al T.A.R. della Campania.

Ciò premesso può passarsi al merito.

Come già accennato con il ricorso viene dedotta unicamente una articolata questione di legittimità costituzionale relativa alle norme di riordino e di primo inquadramento del personale appartenente al ruolo degli ispettori.

Al fine di meglio comprendere la sostanza delle censure proposte dal ricorrente, è opportuno premettere che nell’ordinamento precedente al d.lg. n. 95 del 2017 il ruolo degli ispettori dei Carabinieri comprendeva quattro gradi (cioè quattro livelli gerarchici) e una qualifica (che non costituisce un grado gerarchico); in pratica gli ispettori erano inquadrati nei gradi di maresciallo, maresciallo ordinario, maresciallo capo, maresciallo aiutante sostituto ufficiale di pubblica sicurezza (MASUPS); ai MASUPS poteva inoltre essere conferita la “qualifica” (che – lo si ripete – non è un grado gerarchico) di “luogotenente”.

Il nuovo sistema prevede (si veda l’articolo 1291 d.lg. 15 marzo 2010, n. 66, come modificato dall’articolo 15 del d.lg. n. 95 del 2017) i gradi di maresciallo, maresciallo ordinario, maresciallo capo, maresciallo maggiore e luogotenente; ai luogotenenti può essere attribuita la “qualifica” di “carica speciale”; in pratica si è passati da una carriera articolata in quattro gradi e una qualifica ad una carriera articolata in cinque gradi e una qualifica. Sostanzialmente il grado di MASUPS è stato soppresso e al suo posto sono stati istituiti i gradi di maresciallo maggiore e di luogotenente (nel sistema precedente luogotenente era infatti una “qualifica” e non un grado).



L’articolo 1293 del d.lg. n. 66 citato ha inoltre previsto nuovi periodi minimi di permanenza nel grado di maresciallo capo (ai fini dell’avanzamento al grado di maresciallo maggiore) e di maresciallo maggiore (ai fini dell’avanzamento al grado di luogotenente), fissandoli in entrambi i casi in 8 anni.

L’articolo 2252 d.lg. n. 66 – come sostituito dall’articolo 30 d.lg. n. 95 – ha in via transitoria stabilito che: a) i MASUPS in servizio al 1° gennaio 2017 sono iscritti in ruolo con il grado di maresciallo maggiore mantenendo l’anzianità di servizio e di grado; b) i marescialli capo dell’Arma dei carabinieri iscritti nel quadro di avanzamento al 31 dicembre 2016 e non promossi (in pratica si tratta di marescialli capo con anzianità di grado superiore a 8 anni), in deroga alle disposizioni sull’avanzamento del personale del ruolo ispettori dell’Arma dei carabinieri, sono promossi nell’ordine del proprio ruolo al grado superiore con le seguenti modalità: b1) il primo terzo, con decorrenza 1° gennaio 2017, prendendo posto in ruolo dopo i parigrado promossi con l’aliquota formata al 31 dicembre 2016; b2) il secondo terzo, con decorrenza 1 aprile 2017; b3) il restante terzo, con decorrenza 1 luglio 2017.

A sua volta l’articolo 2253-bis, pure introdotto dal d.lg. n. 95 prevede: a) al primo comma l’automatica attribuzione del grado di luogotenente agli ex marescialli aiutanti in possesso della ex qualifica di luogotenente alla data del 1° gennaio 2017; a questi stessi soggetti è poi attribuita dal primo comma dell’articolo 2253-ter la qualifica di “carica speciale” con decorrenza 1° ottobre 2017 in deroga al periodo minimo di permanenza, previsto “a regime” in quattro anni dall’articolo 1325-bis, comma 1, lettera a); b) al comma 3, l’attribuzione del grado di luogotenente ai marescialli aiutanti iscritti nella graduatoria di merito per il conferimento della qualifica di luogotenente del 31 dicembre 2016 e non promossi e ai marescialli aiutanti che al 1° gennaio 2017 hanno un periodo di permanenza minima nel grado uguale o superiore a 8 anni, previa inclusione in un’aliquota straordinaria formata al 1° gennaio 2017 e valutazione secondo quanto previsto dall’articolo 1295-bis, comma 4.

In sostanza quindi il ricorrente denuncia in fatto che questo complesso di norme risulta ingiustamente penalizzante per gli ex Masups aventi alla data del 1° gennaio 2017 un’anzianità nel grado inferiore a otto anni, dato che tali soggetti: a) “perdono” la qualifica apicale (da essi conseguita a suo tempo previa selezione “a scelta”); b) sono “raggiunti” nella qualifica di maresciallo maggiore dagli ex marescialli capo con oltre otto anni di anzianità i quali si vedono ope legis riconosciuto il grado di maresciallo maggiore; c) sono discriminati rispetto agli ex pari grado aventi anzianità di servizio pari o superiore a otto anni, dato che a questi è attribuito il grado di luogotenente (sia pure a seguito della selezione prevista dall’articolo 2253, comma 3 citato) e, alle condizioni previste, anche la qualifica di carica speciale. Inoltre il nuovo articolo 1004 d.lg. n. 66 riserva ai luogotenenti e non più ai marescialli aiutanti il diritto a conseguire a domanda, al momento della cessazione dal servizio, la nomina a ufficiale di complemento dell’Arma; analogamente il nuovo testo dell’articolo 1296 d.lg. n. 66 riserva ai luogotenenti la possibilità di ottenere la promozione a sottotenente “per meriti eccezionali e benemerenze d’istituto” prima prevista a favore dei MASUPS.

Il ricorrente in particolare denuncia:

a) la violazione dell’articolo 76 C. in quanto sarebbe stato violato uno dei criteri della legge di delegazione, cioè la necessaria considerazione, nell’operare il riordino al fine “di razionalizzazione e potenziamento dell’efficacia delle funzioni di polizia”, del “merito e della professionalità”; l’articolo 8, comma 1, lettera a) della legge 7 agosto 2015, n. 124 infatti – nel prevedere la possibilità di modificazioni agli ordinamenti del personale delle Forze di polizia nel contesto del riordino delle funzioni di polizia di tutela dell’ambiente, del territorio e del mare, nonché nel campo della sicurezza e dei controlli nel settore agroalimentare, conseguente alla riorganizzazione del Corpo forestale dello Stato ed eventuale assorbimento del medesimo in altra Forza di polizia – poneva tra principi e criteri direttivi “la revisione della disciplina in materia di reclutamento, di stato giuridico e di progressione in carriera, tenendo conto del merito e delle professionalità, nell’ottica della semplificazione delle relative procedure, prevedendo l’eventuale unificazione, soppressione ovvero istituzione di ruoli, gradi e qualifiche e la rideterminazione delle relative dotazioni organiche, comprese quelle complessive di ciascuna Forza di polizia, in ragione delle esigenze di funzionalità e della consistenza effettiva alla data di entrata in vigore della presente legge”; la tesi esposta in ricorso è che il riordino non tiene in alcun modo in conto merito e professionalità essendo in realtà basato su automatismi legati essenzialmente all’anzianità di servizio;

b) la violazione del principio di ragionevolezza e degli articoli 3, 52 e 97 C.; anzitutto viene denunciato che la sottrazione ai MAUPS della qualifica apicale violerebbe il principio di ragionevolezza, di equità, di affidamento e di proporzionalità che trovano la loro radice negli articoli 3, 97 e 117, comma 1, C.; ai MASUPS (ovviamente si parla di quelli con anzianità inferiore a otto anni che per effetto del riordino conseguono la qualifica di maresciallo maggiore) in particolare è stata sottratta la possibilità di ottenere a domanda la nomina a ufficiale di complemento all’atto della cessazione del servizio e quella di ottenere la promozione a sottotenente per meriti eccezionali e benemerenze d’istituto (con danno oltretutto anche per l’amministrazione che si vede limitata la possibilità di premiare con la promozione il merito e la professionalità).

Conclusivamente quindi il ricorrente denuncia l’incostituzionalità delle seguenti disposizioni, ritenendole rilevanti per la definizione del giudizio e non manifestamente infondate:

1) articoli 687, comma 1, lett. d) e 694, comma 1, lett. d) d.lg. n. 66 del 2010, come modificati dagli articoli 11, comma 1, lettere d) e e) d.lg. 29 maggio 2017, n. 95 (si tratta di due disposizioni che attribuiscono ai luogotenenti il compito di segretario delle commissioni di concorso per l’accesso al ruolo degli ispettori e dei sovrintendenti, prima attribuito a marescialli aiutanti);

2) articolo 1004 d.lg. n. 66 come modificato dall’art. 14, comma 1, d.lg. 29 maggio 2017, n. 95 (si tratta della disposizione che riserva ai luogotenenti la possibilità di ottenere a domanda la nomina a ufficiale di complemento all’atto della cessazione dal servizio);  Continua a pagina 2 o clicca QUI



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3) articoli 1291 e 1296 d.lg. n. 66 come modificati dall’art. 15, comma 1, lett. a), n.1.1), d.lg. 29 maggio 2017, n. 95 (si tratta delle disposizioni che stabiliscono la nuova articolazione del ruolo degli ispettori istituendo i gradi di maresciallo maggiore e luogotenente e che disciplinano l’avanzamento a scelta al grado di luogotenente dei marescialli maggiori);

4) articolo 2253-bis, commi 1 e 3, introdotti dall’art. 30, comma 1, lett. m), d.lg. 29 maggio 2017, n. 95 (si tratta delle norme sull’inquadramento nel grado di luogotenente dei marescialli aiutanti luogotenenti e dei marescialli aiutanti con anzianità maggiore a otto anni); va rilevato che nel ricorso c’è verosimilmente un errore, dato che esso fa riferimento ai commi 2 e 3 dell’articolo 2253-bis; tuttavia il riferimento al comma 2 e non al comma 1 è il frutto di un refuso dato che il comma 1 disciplina l’attribuzione ai marescialli aiutanti luogotenenti del grado di luogotenente (su cui il ricorrente ha formulato specifiche doglianze) mentre il comma 2 si riferisce ai periti superiori scelti (cioè a una qualifica che non interessa il presente giudizio).

Ciò premesso, si rileva che su una fattispecie analoga (in pratica un ricorso sostanzialmente identico a quello in esame in quanto proposto da un ex MASUPS con il patrocinio del medesimo avvocato che assiste l’odierno ricorrente) il T.A.R. della Valle d’Aosta ha in parte riconosciuto la rilevanza e non manifesta infondatezza delle censure di legittimità costituzionale proposte (cfr. ordinanza n. 17 del 5 marzo 2018).

Il Collegio ritiene condivisibili le conclusioni raggiunte in tale precedente e ad esse intende aderire dato che le ulteriori argomentazioni a sostegno dei profili di incostituzionalità che il T.A.R. Valle d’Aosta ha ritenuto o irrilevanti o manifestamente infondati non sono persuasive.

Il precedente citato ha anzitutto delimitato esattamente il thema decidendum distinguendo nelle censure del ricorrente la questione della nuova articolazione – per così dire a regime – della carriera degli ispettori dalla questione delle norme di “primo inquadramento”.

Sul primo profilo (in pratica la soppressione da parte del nuovo articolo 1291 del grado di maresciallo aiutante e la istituzione dei due gradi di maresciallo maggiore e luogotenente con la limitazione da parte degli articoli 1004 e 1296 ai luogotenenti della possibilità di ottenere la nomina a ufficiale di complemento all’atto della cessazione dal servizio e l’avanzamento a sottotenente per meriti eccezionali, cui fanno da pendant le disposizioni degli articoli 687 e 694 sulla composizione delle commissioni di concorso per l’accesso al ruolo degli ispettori e dei sovrintendenti) l’ordinanza del T.A.R. della Valle d’Aosta rilevava condivisibilmente l’irrilevanza ai fini della definizione del giudizio delle disposizioni degli articoli 1004, 1296, 687 e 694; nella fattispecie infatti si controverte del provvedimento che ha attribuito al ricorrente il nuovo grado di maresciallo maggiore sicchè non viene in rilievo l’applicazione delle norme sopra citate.

Nella controversia all’esame trova invece applicazione – con conseguente rilevanza della relativa questione di costituzionalità – l’articolo 1291, dato che il testo modificato di esso sopprime il grado di maresciallo aiutante e istituisce quello di maresciallo maggiore; il Collegio condivide tuttavia la valutazione di manifesta infondatezza della relativa questione di incostituzionalità poiché al legislatore è consentito modificare l’articolazione di una carriera militare sopprimendo un grado e istituendone due (in pratica nella fattispecie il grado di MASUPS è stato sostituito dai gradi di maresciallo maggiore e di luogotenente); questa circostanza non lede alcuna reale aspettativa o diritto quesito di coloro che siano già in servizio dato che la nuova articolazione della carriera non incide di per sé né positivamente né negativamente su diritti o aspettative del personale già in servizio; su tali asseriti diritti o aspettative incide infatti la normativa di carattere transitorio che disciplina l’attribuzione dei nuovi gradi al personale in servizio ed è del resto di ciò che il ricorrente si duole, come dimostra il rilievo che, se la normativa transitoria avesse previsto un diverso trattamento per i MASUPS con meno di otto anni di anzianità – per esempio attribuendo anche ad essi il grado apicale di luogotenente o consentendo loro di ottenerlo attraverso un meccanismo selettivo di una qualche natura che li ponesse “sullo stesso piano” dei pari grado con anzianità superiore a otto anni – questo contenzioso non sarebbe probabilmente nemmeno sorto.

Lo stesso ricorrente nella memoria depositata in prossimità dell’udienza pubblica lamenta che solo per i MASUPS con meno di otto anni di anzianità non è stato “previsto alcun regime transitorio”.

La questione di costituzionalità dell’articolo 1291 è comunque manifestamente infondata dato che la giurisprudenza ha da tempo riconosciuto che rientra nella discrezionalità del legislatore disporre una nuova articolazione di carriere e che tale potere, che può condurre anche a un trattamento “in peius” degli interessati, non incontra limite nelle aspettative di carriera del personale in servizio; del resto – posto che l’amministrazione è un’organizzazione preordinata al raggiungimento di obiettivi predeterminati dalla legge – non si può certamente ritenere che, allorchè il migliore raggiungimento di tali obiettivi imponga un ripensamento di tale organizzazione e dell’articolazione del personale che essa riflette, il legislatore possa incontrare nella sua azione un limite diverso da quello generale della razionalità delle scelte operate (e del rispetto dei criteri di delega, considerato che queste operazioni si attuano normalmente a mezzo di leggi delegate) poiché la Costituzione non garantisce al personale già in servizio l’aspettativa al mantenimento delle posizioni già raggiunte ovvero che in base alla legislazione potrebbe raggiungere (in questo senso si vedano Corte Costituzionale, 3 luglio 1997, n. 217 e 30 aprile 1999 n. 151 e Consiglio di Stato, sez. IV, 20 aprile 2006, n. 2233 e sez. IV, 12 novembre 1991, n. 925).



Occorre quindi concentrare l’esame sulle disposizioni transitorie seguenti:

a) articolo 2252, commi 1 e 2 (introdotto dall’art. 30, comma 1, lett. i), d.lg. 29 maggio 2017, n. 95), cioè le disposizioni che prevedono l’attribuzione del grado di maresciallo maggiore ai MASUPS in servizio al 1° gennaio 2107 e ai marescialli capo iscritti nel quadro di avanzamento al 31 dicembre 2016 e non promossi (in ricorso non è denunciata l’illegittimità di queste disposizioni ma si tratta di una evidente dimenticanza dato che la prima è la disposizione transitoria “base” relativa ai MASUPS ed è sull’applicazione di questa disposizione che si basa il provvedimento impugnato mentre in ordine alla seconda si lamenta nel ricorso che gli ex MASUPS con anzianità inferiore a otto anni, oltre alla perdita del grado apicale, si vedono “raggiunti” dai marescialli capo con anzianità superiore a otto anni, in precedenza inferiori di grado);

b) articolo 2253-bis, commi 1 e 3, cioè le disposizioni che disciplinano l’attribuzione del grado agli ex MASUPS con qualifica di luogotenente e ai MASUPS con anzianità di servizio maggiore di otto anni.

In pratica si tratta di valutare se il combinato disposto delle norme citate – che implicano, secondo la prospettazione del ricorrente, per i MASUPS con anzianità inferiore a otto anni una discriminazione rispetto agli ex pari grado con anzianità superiore a otto anni e agli ex marescialli capo con anzianità superiore a otto anni – si sottragga o meno ai rilievi di incostituzionalità sollevati in ricorso (o meglio se tali rilievi superino la soglia della non manifesta infondatezza).

Come rilevato nella ordinanza del T.A.R. Valle d’Aosta, non sussiste alcuna reale discriminazione tra ex MASUPS e marescialli capo che beneficiano dell’avanzamento previsto dall’articolo 2252, comma 2, citato; l’avanzamento di questi soggetti non è in alcun modo in grado di provocare uno “scavalcamento” a danno degli ex MASUPS con meno di otto anni di anzianità, dato che le decorrenze previste per le promozioni sono tali da collocarli in posizione successiva a quelle dei pari grado già promossi con l’aliquota del 31 dicembre 2016.

Parimenti non sussiste una reale discriminazione tra gli ex MASUPS con meno di otto anni di anzianità e ex MASUPS con più di otto anni di anzianità, dato che la distinzione di trattamento si basa sulla diversa anzianità e, in particolare, sul possesso da parte dei secondi dell’anzianità occorrente nel “nuovo sistema” per poter aspirare al conseguimento del grado di luogotenente (cioè otto anni); il disegno del legislatore delegato è quindi chiaro; esso nel disciplinare il passaggio dal “vecchio” ordinamento” al “nuovo” ordinamento ha per così dire meccanicamente operato una trasposizione nel nuovo sistema dei gradi previsti dal precedente basandosi esclusivamente sull’anzianità di servizio e in modo tale da evitare che si verificassero “scavalcamenti”; in pratica nell’attribuzione dei nuovi gradi si è voluto realizzare un assetto transitorio che in parte anticipasse l’applicazione delle nuove norme (che prevedono una permanenza minima nei gradi di maresciallo capo e di maresciallo maggiore di otto anni); così si spiega l’attribuzione ai marescialli capo con più di otto anni di anzianità del grado di maresciallo maggiore e l’attribuzione del grado di luogotenente agli ex MASUPS con più di otto anni di anzianità.

Tuttavia, la distinzione ai fini del nuovo inquadramento degli ex MASUPS esclusivamente sulla base dell’anzianità posseduta alla data del 1° gennaio 2017, come ritenuto dal T.A.R. Valle d’Aosta, non appare conforme ai criteri della legge di delegazione (o meglio il dubbio sulla non conformità ai criteri di delega non appare manifestamente infondato) dato che la istituzionale preclusione agli ex MASUPS con anzianità inferiore a otto anni dell’ottenimento del (o meglio della possibilità di ottenere il) grado apicale di luogotenente in sede transitoria (così mantenendo il grado apicale già raggiunto nel precedente sistema) non appare coerente con il criterio direttivo che imponeva di tener conto di merito e professionalità; il riferimento alla sola anzianità infatti pare obliterare il merito e dà unico rilievo alla professionalità acquisita (peraltro solo in un certo limite perchè una maggiore anzianità di servizio fa solo presumere ma certo non garantisce una maggiore professionalità in capo al più anziano).

In altri termini l’automatismo legato al mero dato quantitativo dell’anzianità posseduta a una certa data rende non manifestamente infondato il dubbio di illegittimità costituzionale del combinato disposto degli articoli 2252, comma 1, e 2253-bis, commi 1 e 3, sotto il profilo del rispetto dei principi e criteri direttivi della legge delega, nel senso che ad avviso del Collegio non è manifestamente infondato il dubbio che la valorizzazione del merito e della professionalità avrebbe implicato per l’attribuzione agli ex MASUPS del grado di luogotenente e della qualifica di “carica speciale” un meccanismo – quale che fosse – che garantisse astrattamente a tutti – indipendentemente dall’anzianità posseduta (alla quale comunque, per quanto si è detto, nell’ambito del meccanismo prescelto si sarebbe comunque ben potuto attribuire rilievo, anche se non esclusivo) – la possibilità di accedervi “tenendo conto del merito e delle professionalità” così come stabilito dall’articolo 8 della legge 7 agosto 2015, n. 124.

In conclusione la questione di costituzionalità degli articoli 1004, 1296, 687 e 694 del d.lg. 15 marzo 2010, n. 66 non è rilevante, mentre quella relativa all’articolo 1291 è manifestamente infondata.

Risulta invece non manifestamente infondata la questione di costituzionalità del combinato disposto degli articoli 2252, comma 1, e 2253-bis, commi 1 e 3 d.lg. 15 marzo 2010, n. 66 (come rispettivamente introdotti dall’art. 30, comma 1, lett. i) e m), d.lg. 29 maggio 2017, n. 95), in relazione all’articolo 76 C. e all’articolo 8, comma 1, lettera a) della legge 7 agosto 2015, n. 124

Tenuto conto che la questione di costituzionalità così circoscritta è già stata sollevata, ritiene il Collegio di sospendere il giudizio in attesa della decisione della Corte Costituzionale in applicazione del principio stabilito dalla sentenza n. 28 del 15 ottobre 2014 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, considerato che la pronuncia di una ulteriore ordinanza di rimessione alla Corte Costituzionale – di tenore sostanzialmente identico a quella già citata della Valle d’Aosta – si risolverebbe in un inutile prolungamento del giudizio di costituzionalità e di riflesso di questo giudizio; né sussiste un interesse delle parti a interloquire innanzi alla Corte Costituzionale dato che il difensore del ricorrente (che è anche il difensore del ricorrente nel giudizio che ha originato la ordinanza della Valle d’Aosta) ha già questa possibilità.

Come statuito dalla citata sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato il termine per la prosecuzione del giudizio sospeso è quello dell’art. 80, co. 1, c.p.a. previsto per tutte le ipotesi di sospensione del processo amministrativo; tale termine di 90 giorni decorrerà dalla data di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale del provvedimento della Corte costituzionale che definisce il giudizio relativo all’ordinanza del T.A.R. della Valle d’Aosta n.17 del 5 marzo 2018.



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