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Pensioni: Applicazione aliquota 44% (art. 54 D.P.R. n. 1092/1973) Luogotenente ottiene riconoscimento

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Continuano i ricorsi contro l’Inps intrapresi da centinaia (forse migliaia) di militari ed ex militari , che rivendicano il riconoscimento all’ applicazione di un’aliquota più favorevole sul calcolo dei contributi previdenziali.

Le diverse sedi nazionali, fatta eccezione per quella di Venezia,  sembrano essere indirizzate ad un riconoscimento più ampio della norma. In questo contesto ancora in via di definizione, l’Inps si ostina a non voler erogare quanto stabilito dai giudici, resistendo a qualsiasi richiesta pervenuta da militari posti in quiescenza.

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L’ultima sentenza in ordine cronologico ( di ieri 7 maggio 2019), riguarda un Luogotenente della Guardia di Finanza che si era arruolato il lontano 18.10.1983 (più servizio militare dal 4.1.1980 al 31.12.1980), congedandosi lo scorso 23.1.2018. Il finanziere, dopo il congedo, si è visto applicare sulla liquidazione l’aliquota prevista dall’art. 44 del TU 1092/1973 in luogo di quella prevista dall’art. 54, ovvero un calcolo con un’ aliquota del 35% anziché del 44%.


Tale applicazione, secondo il legale del militare,  comporta mensilmente un’evidente penalizzazione per gli appartenenti al personale militare che abbiano maturato almeno 15 anni di servizio utile e che, in ragione di ciò, dovrebbero beneficiare dell’applicazione dell’aliquota al 44% anziché al 35%.

Sul punto sono intervenute molteplici sentenze della Corte dei Conti (tra cui, Corte dei Conti della Sardegna, con la sentenza n. 2/2018 e la Corte dei Conti della Puglia, con la recentissima sentenza n. 468/2018) le quali hanno adottato un orientamento favorevole in relazione all’applicazione dell’art. 54 del D.P.R. n. 1092/1973, con conseguente riconoscimento dell’aliquota al 44%, in ordine al trattamento pensionistico dei militari in regime misto arruolati all’inizio degli anni ’80;

Con lettera di messa in mora del 15.3.2018 , il maresciallo della Finanza ha messo in mora
l’amministrazione resistente invitandola e diffidandola al pagamento delle somme dovute in ragione dell’errata applicazione della disciplina in materia di aliquota applicabile alla base pensionabile, chiedendo una condanna dell’Inps al ricalcolo  della pensione ex art. 54, comma 1, del D.P.R. 1092/1973 e, dunque, all’applicazione, in favore dello stesso ricorrente, dell’aliquota al 44%, con conseguente corresponsione di tutte le somme maturate e non percepite a far data dal giorno della liquidazione della pensione fino all’effettivo soddisfo, maggiorati di interessi e rivalutazione monetaria.”


Secondo l’Inps, la domanda è infondata. Infatti, la pensione del militare è stata calcolata con il
cosiddetto sistema misto (retributivo/contributivo), e ciò è dovuto al fatto che al  31 dicembre 1995 l’odierno ricorrente non ha maturato un’anzianità contributiva con almeno 18 anni, per cui il suo trattamento di quiescenza è stato liquidato secondo il sistema delle quote di cui all’ articolo 1 comma 12 della legge n.335/95.

Ebbene – sostiene la parte legale dell’Inps -, il primo comma dell’art. 54 del D.P.R. 1092 del 1973 non dispone in materia di aliquote annue di rendimento spettanti al raggiungimento dei 15 anni di servizio e fino ai 20, ma disciplina la misura della pensione, pari al 44 per cento della base pensionabile, dovuta al militare che abbia “CESSATO IL SERVIZIO” maturando almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile. Infatti l’art. 54 è inserito nel Capo II, del TITOLO III del DPR 1092/73, che disciplina il Trattamento di quiescenza normale del Personale Militare che cessa dal servizio permanente o continuativo.

La pensione cui fa riferimento il dettato normativo – continuano i legali dell’Inps -è la pensione normale di cui all’articolo 52 dello stesso DPR (Diritto al trattamento normale – vedasi art.52: ” L’ufficiale, il sottufficiale e il militare di truppa che cessano dal servizio permanente o continuativo hanno diritto alla pensione normale se hanno raggiunto una anzianità di almeno quindici anni di servizio utile, di cui dodici di servizio effettivo”.

In altri termini, le c.d. “aliquote pensionistiche militari” trovano, in un sistema di calcolo retributivo o nella quota retributiva di un sistema misto, un limite del 44%, laddove la cessazione dal servizio del militare, sia avvenuta tra i 15 e i 20 anni di servizio utile (presupposto normativo.

Pertanto, il finanziere – concludono i legali dell’Inps – non è destinatario del disposto di cui all’art. 54 del D.P.R. n. 1092/1973, atteso che lo stesso non è cessato nell’arco temporale previsto dal  suddetto articolo “almeno 15 e non più di 20 anni di servizio utile”, bensì con una anzianità contributiva comprensiva di maggiorazioni (servizio utile) di un numero di anni di gran lunga superiore ai 20 anni; peraltro, la sua pensione, è soggetta al sistema di calcolo pensionistico misto, a partire dal 01/01/1996, ove non è stata più applicata l’aliquota di rendimento pensionistico.

La sentenza della Corte dei Conti Sez. Giurisdizionale Basilcata

Secondo il giudice, la richiesta del militare è fondata.

La pretesa attrice ( parte militare) può essere accolta in quanto giuridicamente fondata. Preliminarmente, tuttavia, questo G.U. non può non rilevare l’esistenza di oscillazioni giurisprudenziali delle sezioni di merito della Corte dei conti in primo grado sul punto controverso in ordine al richiesto ricalcolo del  trattamento di pensione, in virtù del quale le quote di pensione acquisite ed attribuite al 31/12/1995 dovrebbero prevedere, come asserito da parte attrice, l‘applicazione di una percentuale di rendimento pari al 44%,così come previsto dall’articolo 54 del D.R.P. n. 1092/73.

Questo G.U., tenuto conto degli orientamenti favorevoli alla dedotta pretesa richiamati in narrativa, nonché dell’orientamento recentemente assunto da questa Sezione chiamata a pronunciarsi sull’applicabilità dell’art. 54 d.P.R. n. 1092/1973, ritiene convintamente di statuire in senso favorevole all’accoglimento della tesi del ricorrente.

Alla luce degli elementi versati in giudizio, la pensione del ricorrente è stata liquidata con il cd. sistema misto (retributivo/contributivo), poiché l’interessato, alla data del 31 dicembre 1995 (art. 1, comma 13 legge n. 335/1995), non possedeva un’anzianità contributiva di almeno diciotto anni.
Conseguentemente, il suo trattamento di quiescenza è stato liquidato secondo il sistema delle quote di cui al precedente comma 12 della disposizione citata, il quale prevede che “per i lavoratori iscritti alle forme di previdenza di cui al comma 6 che alla data del 31 dicembre 1995 possono far valere un’anzianità contributiva inferiore a diciotto anni, la pensione è determinata dalla somma:

a)della quota di pensione corrispondente alle anzianità acquisite anteriormente al 31 dicembre 1995 calcolata, con riferimento alla data di decorrenza della pensione, secondo il sistema retributivo previsto dalla normativa vigente precedentemente alla predetta data;

b)della quota di pensione corrispondente al trattamento pensionistico relativo alle ulteriori anzianità contributive calcolato secondo il sistema contributivo”.


La questione dell’aliquota di rendimento applicabile si pone, come è evidente, esclusivamente per la  quota A, ovverossia quella calcolata con il sistema retributivo. Giusta il disposto della norma, al  suddetto fine va fatta applicazione della normativa vigente alla data del 31 dicembre 1995.
Nel caso, come quello che interessa, del personale militare, l’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973, vigente alla data del 31 dicembre 1995, prevede che “la pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile, salvo quanto disposto nel penultimo comma del presente articolo (comma 1).

La percentuale di cui sopra è aumentata di 1.80 per cento ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo (comma 2)”.Come detto, la difesa dell’INPS obietta che la norma non potrebbe trovare applicazione nel caso del ricorrente in quanto, si sostiene che l’aliquota del 44% si applicherebbe
soltanto a coloro che siano cessati dal servizio con un’anzianità contributiva compresa tra i quindici e i venti anni di servizio.

Tuttavia, tale affermazione non trova riscontro nella normativa.
Infatti, la lettera del primo comma dell’art. 54, su cui sostanzialmente si basa l’interpretazione data dall’INPS, deve invece intendersi nel senso che l’aliquota ivi indicata vada applicata a coloro che possiedano un’anzianità contributiva compresa tra i 15 e i 20 anni, mentre il successivo comma  chiarisce che la disposizione del comma 1 non può intendersi limitata a coloro che cessino con un massimo di venti anni di servizio (come opinato dall’INPS), atteso che esso prevede che spetti al militare l’aliquota dell’1.80% per ogni anno di servizio oltre il ventesimo.

Il ricorso, siccome fondato, va pertanto accolto.

Sugli arretrati spettanti per effetto dell’accoglimento del ricorso competono al ricorrente gli accessori, ovvero gli interessi legali e la rivalutazione monetaria, la seconda per la sola parte eventualmente eccedente l’importo dei primi, calcolati con decorrenza dalla  scadenza di ciascun rateo di pensione e sino al pagamento degli arretrati stessi.
Considerata l’esistenza di precedenti giurisprudenziali non univoci, si ritiene sussistano giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.

La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Basilicata, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso di xxx e, per l’effetto, dichiara il diritto del ricorrente alla riliquidazione della pensione in godimento con applicazione, sulla quota calcolata con il sistema retributivo, dell’aliquota di cui all’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973.

Sui maggiori ratei di pensione conseguentemente dovuti spettano al ricorrente gli interessi nella misura legale e la rivalutazione monetaria (quest’ultima limitatamente all’importo eventualmente eccedente quello dovuto per interessi), con decorrenza dalla data di scadenza di ciascun rateo e sino al pagamento.

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