Parà ucciso sulla scogliera 20 anni fa: al setaccio il Dna di seicento militari

 SONO CIRCA seicento. E nel 1995, oltre vent’anni fa, erano soltanto dei ragazzi. Militari di leva che avevano scelto di indossare il basco amaranto e la divisa della brigata paracadutisti Folgore. Seicento ex ragazzi oggi al centro degli accertamenti della Procura che sta ancora lavorando su un giallo. Il giallo della Scogliera del Romito, a Livorno, dove il 13 giugno 1995 fu ucciso il maresciallo Marco Mandolini, originario di Castelfidardo (Ancona). Aveva 34 anni, ed era un incursore del Col Moschin, uno dei fiori all’occhiello della Brigata Folgore. Nella missione in Somalia, Mandolini – militare esperto e coraggioso – era stato caposcorta del generale Bruno Loi. QUEL maledetto 13 giugno fu ucciso in un agguato: qualcuno lo massacrò utilizzando un masso da 25 chili. Qualcuno – fu la pista seguita subito dopo l’omicidio – che aveva un appuntamento con l’incursore e che conosceva bene.

Marco Mandolini non avrebbe mai voltato le spalle ad uno sconosciuto. Il giallo della Scogliera rimasto insoluto per vent’anni ora è al centro di indagini scrupolose che hanno permesso, con le nuove tecniche investigative, di isolare un Dna che potrebbe essere quello dell’omicida. Indagini ad ampio spettro che il comando provinciale dei carabinieri di Livorno sta svolgendo in rigoroso riserbo, diretto dal pm Arianna Ciavattini. Si stanno svolgendo esami sui militari di leva delle caserme della Folgore in Toscana che in qualche modo possono aver conosciuto Marco Mandolini. La comparazione del Dna potrebbe essere la chiave di volta, ma anche solo una testimonianza potrebbe fornire elementi utili per arrivare ad individuare l’assassino del militare.

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