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Ottiene danaro da pregiudicato in cambio di favori. Militare condannato in tribunale e per “danno all’immagine”

https://banchedati.corteconti.it/documentDetail/CALABRIA/SENTENZA/259/2020

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Un carabiniere è stato condannato dal Tribunale penale di Catanzaro per il reato previsto dall’art. 319 c.p. (corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio).

Il militare, nella sua qualità di pubblico ufficiale appartenente all’Arma dei Carabinieri, nel 2009, aveva chiesto e ottenuto in più occasioni denaro da un pregiudicato .

L’uomo era solito compiere atti contrari ai suoi doveri di ufficio, quali omissioni di verifiche e controlli di PG , nonché interventi presso il proprio Comandante per far alleggerire i controlli degli altri militari, suoi colleghi, nei confronti di una persona, ovvero interessarsi affinché altri militari suoi colleghi non relazionassero compiutamente in ordine ai contatti ed alle frequentazioni di questa persona con altri pregiudicati, nel periodo in cui era agli arresti domiciliari, nonché in taluni casi fornire notizie relative all’attività di ufficio sempre con riferimento al medesimo soggetto”.

Alla condanna del Tribunale Militare, è seguita quella della Corte di Appello, divenuta irrevocabile. Al termine dei processi, la Procura regionale ha evidenziato una responsabilità per danno all’immagine stimata in 20mila euro.

Secondo la Corte dei Conti,  la pretesa risarcitoria per danno all’immagine è lecita, anche se – in ordine al clamore mediatico della notizia (documentata in atti attraverso articoli di stampa tratti dal web) – si ritiene di regola che la risonanza mediatica e la amplificazione del fatto operata dai mass-media, non integri la lesione del bene tutelato, indicandone semplicemente la dimensione.

La Procura attrice ha, infatti, prodotto in giudizio le due sentenze penali di condanna in cui sono riportati ampi stralci di trascrizioni di conversazioni telefoniche oggetto di intercettazione tra il convenuto e i suoi complici, che provano ulteriormente i fatti contestati, a prescindere dalla valenza del giudicato penale nel presente giudizio.

Peraltro, la Procura ha anche dimostrato che la notizia ha avuto risonanza nella stampa locale, sicché non v’è dubbio che l’opinione pubblica sia venuta a conoscenza del fatto lesivo della reputazione dell’amministrazione.

Risulta allora evidente il vulnus che il Comando provinciale dei Carabinieri di omississ ha dovuto subire al proprio decoro ed alla propria credibilità, sia esterna che interna (di fronte, cioè, alla comunità amministrata e agli altri militari), quale conseguenza delle menzionate condotte illecite.

Il danno all’immagine si atteggia quale “danno pubblico” in quanto lesione del buon andamento della P.A., la quale perde, con la condotta illecita dei suoi dipendenti, credibilità ed affidabilità all’interno ed all’esterno della propria organizzazione, ingenerando la convinzione che i comportamenti patologici posti in essere dai propri appartenenti siano un connotato usuale dell’azione dell’Amministrazione.

In punto di quantificazione – sostiene la Corte – la richiesta della Procura regionale appare eccessiva. Poiché dall’attenta lettura dei documenti di causa non si evince la “somma di denaro o del valore patrimoniale di altra utilità illecitamente percepita dal dipendente”

Nel caso di specie, valutati i menzionati parametri, appare pertanto equo a questo Collegio porre a carico del convenuto, a titolo di condanna per la lesione dell’immagine dell’Amministrazione d’appartenenza, l’importo di euro 5.000,00 inclusa rivalutazione monetaria, oltre interessi dalla pubblicazione della presente sentenza fino ad integrale soddisfo.


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