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Omicidio del carabiniere, parla il killer: “Mio figlio tradito dal maresciallo”

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CARRARA. Roberto Vignozzi, l’uomo che ha ucciso il maresciallo Antonio Taibi , lo ribadisce ancora: «Non volevo uccidere». E garantisce che la volontà di uccidere non c’era nonostante proprio Taibi – spiega agli inquirenti – avesse tradito suo figlio Riccardo. Un “tradimento” di cui si legge anche nell’ordinanza di non convalida del fermo e di applicazione della misura cautelare.

Roberto Vignozzi dopo aver sparato al carabiniere, la mattina del 27 gennaio, si costituisce e ricostruisce i suoi rapporti con Taibi. Parte dal 14 novembre del 2007 quando il maresciallo, assieme ad un brigadiere, perquisisce casa sua e trova 24 grammi di droga nella camera del figlio Riccardo (per cui scatta la denuncia a piede libero). «Alcuni giorni dopo i due carabinieri contattano nuovamente il ragazzo chiedendogli – è la ricostruzione di Vignozzi contenuta negli atti – di collaborare alle indagini su un altro soggetto per reati in materia di stupefacenti. Nell’ambito di tali indagini – si legge ancora – il figlio dell’indagato aveva aiutato i carabinieri accettando di prendere 500 pasticche di ecstasy da un altro soggetto. L’operazione, tuttavia, aveva poi condotto alla condanna di Riccardo Vignozzi a tre anni e 8 mesi di reclusione». Insomma, il figlio dell’omicida avrebbe collaborato – così spiega suo padre – ma senza “ricompensa”, costretto piuttosto ad una condanna che il padre considerava «ingiusta perché il ragazzo si era limitato a fare quello che gli avevano chiesto i carabinieri».

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