Nel 2018 la Corte militare di Appello, in riforma della sentenza del Tribunale militare di Roma del 2016,aveva condannato un pilota dell’Aeronautica Militare alla pena di quindici mesi di reclusione militare per i reati, avvinti in continuazione, di inosservanza di istruzioni ricevute e peculato militare, entrambi aggravati dal grado rivestito poiché, in qualità di Ufficiale dell’A.M. con il grado di Capitano Pilota effettivo al Reparto Sperimentale Volo di Pratica di Mare (Roma), incaricato di effettuare una missione consistente nel compiere un volo di trasferimento da Pratica di Mare a Istrana , con l’aeromobile AMX matr. mil . 7115, non aveva ottemperato – senza giustificato motivo – alle istruzioni ricevute, giacchè, giunto in prossimità di Ceprano (Roma), intenzionalmente aveva direzionato l’aereo su Carovilli (IS), sua località di origine, e poi durante il sorvolo del suddetto abitato aveva effettuato alcune manovre acrobatiche del tutto estranee al contenuto della missione, nello specifico: due manovre denominate John Derry Roll, a causa delle quali l’aeromobile precipitava, così pregiudicando l’esito della missione.
Al pilota vennero riconosciute le circostanze attenuanti generiche e quella di cui all’art. 48, ultima parte, cod. pen. nn.p. (essere militare di ottima condotta o di provato valore), prevalenti sulla contestata aggravante, riuscendo ad ottenere anche i doppi benefici di legge.
In attesa del processo in Cassazione, l’ufficiale è anche stato condannato dalla Corte dei Conti a risarcire l’ Aeronautica Militare per un importo pari a 300 mila euro. L’Amministrazione aveva preteso oltre 4 milioni di euro. ( Leggi QUI) .
Anche in Cassazione, ogni tentativo del militare di dimostrare la propria innocenza si è dimostrato vano. Le argomentazioni difensive – sostengono i giudici – si riducono al richiamo delle prassi generalizzate, previa ricognizione in fatto del livello di diffusione di tali prassi e descrizione delle modalità approssimative e flessibili di gestione dei voli che si assume attuata dal Reparto Sperimentale di Volo, tanto da correggere a posteriori i fogli di viaggio, cioè gli ordini formali ai militari di recarsi in missione, inserendovi una certa destinazione dopo averla raggiunta.
La Corte militare ha ben delineato i profili di inosservanza delle istruzioni
ricevute, emersi nella vicenda.
In primo luogo, è stata violata la disposizione derivante dalle istruzioni
generali impartite dal Colonnello G. E., Comandante del Reparto Sperimentale di Volo di Pratica di Mare, diretta ad evitare il sorvolo dei centri abitati, e se ciò fosse risultato impossibile, vi era indicazione di salire di quota per non arrecare danno sonoro alla popolazione. La violazione di tale disposizione è stata plateale, avendo l’ufficiale pilota effettivamente sorvolato il suo paese natale di Carovilli, ivi effettuando le due manovre acrobatiche di cui all’imputazione secondo una traiettoria di volo assimilabile al numero otto sul territorio circostante (come era risultato dalla relazione peritale Castriotta). Benchè qualificata come istruzione generale, tale direttiva è specifica del settore di attività in discorso e costituisce il primo riferimento da considerare nella pianificazione di dettaglio del volo.
In secondo luogo, l’inosservanza ha riguardato il divieto di compiere
manovre acrobatiche durante le missioni di collegamento, seppure a fini addestrativi (come ha rivendicato il ricorrente), trattandosi di manovre tipiche della presentazione del velivolo (c.d. “air display”) possibili solo su una pista, come chiarito da un teste .
Tutt’al più – sostengono i giudici – nelle missioni di collegamento avrebbero potuto effettuarsi attività di volo – strumentale o a vista – a scelta del pilota in base alle proprie esigenze di addestramento, ma erano certamente escluse manovre acrobatiche. I riflessi che da tale factum principis discendono in tema di elemento psichico sono evidenti: l’imputato, in qualità di Ufficiale altamente qualificato ed esperto, incaricato della missione di volo di collegamento da Pratica di Mare a Istrana (TV), non avrebbe dovuto deviare dal piano di volo da lui stesso ideato, nella piena discrezionalità del pilota, e comunicato in data 31/7/2014 all’ente di controllo del traffico aereo, se non per giustificato motivo .
Invece, risulta ex actis che il militare abbia aggiunto alla rotta originariamente indicata – Frosinone, Ortona, Pescara, Ancona, Chioggia e Caorle – in sede di concreta pianificazione del percorso, comunicata ai controllori di volo in pari data, ulteriori punti nella rotta, con particolare riferimento alla località di Castel di Sangro, ma con indicazione topografica a 9 NM a est-sud-est di tale centro abitato e a 2 NM a est di Carovilli (luogo del disastro): in termini di coordinate geografiche tale punto di rotta risultava discretamente distante dal paese di Castel di Sangro e invece a 4 o 5 miglia a est del paese di Carovilli.
Ciò è stata definita una discrepanza tra le indicazioni contenute nel piano
di volo comunicato agli enti di controllo e il luogo ove era caduto il velivolo,
nonché un’incoerenza “tra le intenzioni comunicate dal pilota agli enti di controllo del traffico aereo e quello che invece era riportato sulla pianificazione di rotta”
Dal rilievo della diretta intenzionalità della deviazione di rotta, la Corte
militare ha desunto che, verosimilmente, l’imputato aveva programmato sin
dall’inizio di dirigersi su Carovilli.
Giungendo quindi alla verifica della sussistenza o meno della causa
scriminante del giustificato motivo, deve rilevarsi che le doglianze all’uopo
espresse sono manifestamente infondate.
Il giustificato motivo invocato dal ricorrente sarebbe consistito nella
intenzione di sfruttare la missione di volo onde tenersi in condizioni di
addestramento minimo per lo svolgimento del proprio lavoro nonché per la
salvaguardia della propria incolumità.
Il pilota avrebbe dovuto completare il programma di addestramento per raggiungere il numero di prove – cinque – necessarie per la qualifica di pilota “presentatore“, come prevede la direttiva SMA-43, onde mantenere tale qualifica anche nell’anno 2014. Sicché, secondo il ricorrente, ciò che la Corte di appello ha ritenuto una spiegazione del tutto priva di logicità e verosimiglianza, sarebbe stata invece la giustificazione delle manovre acrobatiche imposte dalla rigorosa applicazione delle direttive in vigore.
Anche in questo caso, deve affermarsi che l’impostazione del ricorrente è
priva di qualsivoglia fondamento e plausibilità.
Il concetto di giustificato motivo, nel contesto dell’art. 125 cod. pen. m.p.,
attiene all’insorgenza di particolari situazioni di fatto modificatesi nel corso
dell’espletamento dell’incarico, per fronteggiare le quali si riveli necessaria una responsabile iniziativa dell’ufficiale incaricato. Tale definizione non può essere disgiunta dalla finalità pubblica che permea l’azione del corpo militare – nella specie l’Aeronautica Militare – nell’espletamento dei suoi compiti istituzionali, ovvero dalla necessità di sottrarsi a situazioni improvvise e contingenti tali da porre in pericolo la propria e l’altrui incolumità, non volontariamente cagionate.
Pertanto, è fuor d’opera invocare la necessità del militare di mantenere il proprio livello di addestramento al volo nei termini minimi essenziali alla
qualifica di pilota presentatore, poiché ciò esula dal concetto di giustificato
motivo in funzione dell’interesse pubblico, potendo al più, e a prescindere
dall’assoluta autoreferenzialità dell’assunto, indicare un’esigenza prettamente privata sulla cui base non è lecito mutare la corretta rotta della missione di volo, chiaramente definita come volo di collegamento tra precise località geografiche.
D’altro canto, come già anticipato, nemmeno risulta che si siano presentate, durante il volo, imprevedibili criticità meteorologiche o interferenze di traffico aereo tali da richiedere un mutamento di rotta .
L’operato del ufficiale pilota non è dunque riconducibile all’invocata causa di giustificazione, come ha congruamente rilevato la Corte militare anche sotto altro profilo di mero fatto, e cioè che l’imputato risultava adeguatamente addestrato, così da non aver affatto davvero bisogno di provare le rischiose manovre acrobatiche in un luogo improprio come la zona montuosa del circondario di Carovilli.
In conclusione, il ricorso è inammissibile, conseguendone la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della
congrua somma indicata in dispositivo alla cassa delle ammende, ai sensi
dell’art. 616 cod. proc. pen., non risultando l’assenza di profili di colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità, a tenore della sentenza della Corte Costituzionale n. 186/2000.
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