Nel 2006 un Luogotenente della Guardia di Finanza non gradì particolarmente la coreografia del balletto del valzer d’onore che si tenne al termine dell’anno accademico degli ufficiali e , da quanto si apprende dalla sentenza del Tar, ebbe uno scambio di opinioni poco cordiale con un Capitano.
Il militare ,riporta la sentenza del Tribunale Amministrativo per il Lazio, si recò dal proprio superiore ( un capitano) interloquendo in “modo incalzante e reiterato” , al punto da offenderlo, mentre entrambi vestivano la divisa, con frasi del tipo: “Lei si deve vergognare, io con lei non ci parlo”.
Il fatto, avvenuto nel 2006, fu sanzionato dai superiori con la sanzione disciplinare del rimprovero, con la seguente motivazione :: “Luogotenente libero dal servizio nell’ambito delle prove del valzer d’onore della festa denominata Mac P del secondo anno dell’Accademia , interloquiva con un superiore in uniforme in modo incalzante e reiterato. Manifestando con evidente irritazione il proprio dissenso circa le decisioni assunte riguardo alla coreografia dell’evento…..”.
Nel febbraio 2007 il Comandante del Centro Aeronavale di Specializzazione della Guardia di Finanza respinse il ricorso gerarchico proposto ed il militare si rivolse quindi al Tar. Nelle motivazioni del ricorso, il militare sostenne di essersi recato presso il Centro logistico della Guardia di Finanza per effettuare le prove del suddetto evento in qualità di cavaliere di sua figlia, allieva ufficiale della Guardia di Finanza.
Durante le prove, sarebbe stato il Capitano ad averlo avvicinato , ed in quella circostanza ai due avrebbero avuto un cordiale scambio di battute (avendo nella circostanza affermato semplicemente di essere un pò affaticato per il caldo, ma di essere felice per aver ballato con la propria figlia) e di esser stato inaspettatamente, nel 2006, destinatario di una nota riservata con cui gli è stato contestato di aver proferito ripetutamente nei confronti del graduato organizzatore dell’evento della seguente frase: “Lei si deve vergognare…”.
Afferma di aver presentato proprie e specifiche osservazioni e controdeduzioni in merito alla contestazione a lui rivolta, affermando di non aver mai conosciuto l’ufficiale denunciante. Tra gli altri, un Maggiore della Guardia di Finanza che era vicino ai due, aveva affermato di non essere stato in grado di comprendere le parole riferite dal Luogotenente al Capitano , a causa del rumore e della musica.
Stralcio di sentenza del TAR REGIONE LAZIO
Il finanziere – sostengono i giudici – contesta la sanzione del rimprovero inflittagli ai sensi dell’art. 36 del regolamento di disciplina militare di cui al d.p.r. n. 545/1986, denunciando l’insussistenza del relativo presupposto fattuale ; e cioè di aver rivolto frasi irrispettose al capitano suo superiore gerarchico a causa del mutamento coreografico (imprevisto spostamento in “seconda fila” di una coppia di partecipanti al ballo composta dalla figlia dell’odierno ricorrente, anch’essa appartenente al Corpo) della serata danzante organizzata presso la sede di rappresentanza della Guardia di Finanza.
Il Luogotenente fonda il proprio assunto richiamando in particolare la testimonianza resa da altro ufficiale (Un Maggiore della Guardia di finanza presente sul posto) che non avrebbe, secondo quanto da quest’ultimo testimoniato, udito il ricorrente rivolgere frasi offensive (“Lei si deve vergognare, io con lei non ci parlo”) nei confronti del capitano e contestando l’omessa tempestiva identificazione della sua persona quale autore della condotta sanzionata.
Le doglianze non sono persuasive.
Giova osservare che la sanzione disciplinare inflitta al ricorrente risulta fondarsi sull’ intervenuta interlocuzione ad opera di quest’ultimo, nei riguardi del superiore gerarchico e, mediante l’utilizzo di frasi irriguardose ed irrispettose non in linea con la condotta richiesta ad un appartenente al Corpo della Guardia di Finanza soprattutto nei confronti di un superiore graduato.
Il Collegio rileva, in particolare, che la condotta contestata al ricorrente risulta integrare quei comportamenti sanzionati con il rimprovero dall’art. 63 del d.p.r. n. 545/1986, ora abrogato ma ratione temporis applicabile, ravvisabili in quelle lievi trasgressioni alle norme della disciplina e del servizio declinate dall’art. 36 del medesimo e richiamate nella parte motiva del provvedimento disciplinare.
Orbene, in disparte dal contenuto delle frasi rivolte dal ricorrente al superiore gerarchico, in relazione al quale il ricorrente evidenzia l’incertezza “contenutistica” emersa dalla testimonianza resa da altro ufficiale presente all’accaduto, il Collegio ritiene condivisibile l’operato dell’Amministrazione attribuendo decisiva valenza al contegno tenuto dal Luogotenente, in ogni caso riscontrabile per tabulas dalla relazione resa dal Maggiore della Finanza, secondo la quale il ricorrente si sarebbe avvicinato “con modo deciso” al Capitano rivolgendosi “allo stesso ad una distanza molto ravvicinata, con brevi frasi ed una gestualità che evidenziava chiara irritazione e tensione”, generando, per la presenza in loco di altre persone, “evidente imbarazzo” nell’ufficiale il quale veniva interrotto in quanto incalzato verbalmente dal Luogotenente.
Emerge con netta evidenza come simile condotta posta in essere dal militare, peraltro adeguatamente evidenziata nel provvedimento gravato anche per relationem, configuri condotte e comportamenti non in linea con il contegno richiesto al militare, ex art. 36 del succitato d.p.r. n. 545/1986, secondo cui “Il militare deve in ogni circostanza tenere condotta esemplare a salvaguardia del prestigio delle Forze armate.
Egli ha il dovere di improntare il proprio contegno al rispetto delle norme che regolano la civile convivenza. In particolare deve astenersi dal compiere azioni e dal pronunciare imprecazioni, parole e discorsi non confacenti alla dignità e al decoro.
Priva di pregio deve infine considerarsi ogni ulteriore doglianza in merito alla circostanza per la quale l’Amministrazione non avrebbe ammesso la partecipazione testimoniale della figlia dell’odierno ricorrente e del suo cavaliere, tenuto conto della sussistenza di evidenti ragioni di opportunità connesse al rapporto di parentela esistente, nonché alla adeguatezza e sufficienza delle circostanze acquisite dall’Amministrazione nella fase istruttoria disciplinare.
Pertanto, per le considerazioni che precedono, il ricorso deve essere respinto.
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Immagine di repertorio