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«Noi, quei militari di leva in missione di pace nell’83»

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Siamo fortunati, all’estero ci vogliono bene. Secondo me, non ci saranno attentati terroristici qui in Italia perché c’è stata, c’è e sempre ci sarà, una grande differenza tra noi e gli altri». Così parla Gaetano Pavone, di Cappelle sul Tavo, trentadue anni dopo l’avventura militare che ha cambiato per sempre la sua vita, la missione di pace in Libano. Quella del 1983. Ingaggiato nella prima compagnia Invitti (“Gli Invincibili”), agli ordini del generale Franco Angioni, all’indomani della strage di Sabra e Chatila, Pavone è uno dei tanti giovani che partecipò alla forza di interposizione, su mandato Onu, per evitare il ripetersi di stragi ai danni della popolazione palestinese. Missione di pace autentica, come forse mai più ve ne sono state nei decenni successivi. Pavone, oggi 52enne, era uno di quei mille ragazzi che impressionarono il mondo. È sua l’idea di convocare sabato, a Montesilvano, 42 («tutti quelli che sono riuscito a contattare», dice) dei 120 ex commilitoni che vissero con lui i quattro mesi della ferma in Libano.

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