La Cassazione con l’Ordinanza 34889/2013 ha affermato il principio per cui la mancata partecipazione della banca all’intesa per la manipolazione del tasso Euribor non esclude il diritto ad ottenere i rimedi previsti dalla legge “antitrust” del 10 ottobre 1990 n. 287.
Secondo un articolo de “ La repubblica” chi aveva un mutuo, un finanziamento o un leasing indicizzato al tasso Euribor acceso o comunque in corso tra il 29 settembre 2005 e il 30 maggio 2008 può, in teoria, ottenere 7000 euro su 100mila di prestito.
La Suprema Corte ha infatti cassato la precedente decisione della Corte d’Appello che aveva escluso il diritto alla restituzione degli interessi frutto della manipolazione, in quel caso pagati nell’ambito di un contratto di leasing, in quanto la Banca che aveva erogato il finanziamento non aveva partecipato al “panel” per la determinazione dell’Euribor “manipolativa” della concorrenza e, pertanto, all’intesa restrittiva della concorrenza in violazione dell’art. 101 Trattato CE, accertata dalla Commissione Antitrust Europea con la decisione del 4 dicembre 2013.
La Cassazione ha richiamato i principi già espressi dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 2207 del 4 febbraio 2005, secondo cui la violazione di interessi riconosciuti rilevanti dall’ordinamento giuridico, previsti dalle norme a tutela della libertà di concorrenza, integra, almeno potenzialmente, un danno ingiusto ex art. 2043 c.c.
Chi ha subito un danno da una contrattazione “a monte” ha a propria disposizione l’azione di accertamento della nullità dell’intesa e di risarcimento del danno di cui alla l. 287 del 1990 che all’art. 2 prevede la nullità delle intese restrittive della concorrenza.
Il movimento consumatori, ha messo a disposizione un link in fondo all’articolo.
Nel caso analizzato dalla Cassazione il ricorrente aveva invocato la nullità del tasso applicato al contratto di leasing, determinato per relationem al tasso Euribor fissato attraverso l’“accordo manipolativo della concorrenza da un certo numero di istituti bancari”.
La Corte ha riconosciuto che la Decisione del 4 dicembre 2013 riveste natura di “prova privilegiata” dell’esistenza dell’intesa illecita, conclusa “a monte” del leasing, sufficiente a fondare la domanda di nullità dei tassi “manipolati” e di rideterminazione degli interessi nel periodo della manipolazione.
Per tale ragione non assume rilevanza che all’intesa avesse o meno partecipato la Banca che aveva erogato il prestito, in quanto il contratto concluso “a valle” dell’intesa illecita è raggiunto dal divieto.
Ciò conformemente al principio già espresso da Cass. Civ., sez. I, 12/12/2017, n. 29810, secondo cui “nel dichiarare la nullità delle intese vietate l’ art. 2, l. n. 287/1990 prende in considerazione non solo il negozio giuridico posto all’origine della violazione, ma tutta la serie dei fatti distorsivi della concorrenza, anche successivi a quel negozio. Ne deriva che la nullità si riferisce anche ai contratti “a valle”, pure se questi siano stati stipulati prima che l’intesa fosse accertata dall’autorità amministrativa preposta alla vigilanza del mercato concorrenziale, a condizione che essa si sia realizzata in un momento precedente al negozio denunciato come nullo.”
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