E’ attesa per oggi la sentenza della Cassazione che potrebbe scrivere la parola ‘fine’ al processo sulla drammatica morte di Marco Vannini, il ventenne che, nella notte tra il 17 e il 18 maggio del 2015, venne ucciso con un colpo di pistola nella casa di Ladispoli, sul litorale romano, dove viveva la sua fidanzata, Martina Ciontoli, con la sua famiglia.
E’ la seconda volta che i giudici del ‘Palazzaccio’ di Roma affrontano questo caso giudiziario: nel febbraio 2020 annullarono la prima sentenza d’appello a carico della famiglia Ciontoli, sostenendo che quello di Marco Vannini non poteva, in base a quanto emerso dal processo, essere ritenuto un omicidio colposo.
Tutto ruota intorno a quel colpo sparato dalla pistola di Antonio Ciontoli – padre di Martina e principale imputato – che raggiunse la vittima mentre stava facendo un bagno:
il processo d’appello bis, seguendo le indicazioni della Cassazione, ha affermato, come già era avvenuto in primo grado, che si trattò di omicidio volontario con “dolo eventuale” e per questo, Antonio Ciontoli, sottufficiale della Marina Militare, è stato condannato a 14 anni di reclusione, mentre 9 anni e 4 mesi sono stati inflitti alla moglie Maria Pezzillo e ai figli Federico e Martina per “concorso anomalo” in omicidio volontario.
Una sentenza, questa, che la quinta sezione penale della Cassazione, sarà chiamata a vagliare, esaminando i rilievi – tra gli altri, travisamento delle prove e motivazioni contraddittorie – esposti dalle difese con i loro ricorsi:
una pronuncia molto attesa non solo dagli imputati, che rischiano il carcere, ma anche da Marina Conte e Valerio Vannini, genitori di Marco, che si sono sempre battuti per ottenere giustizia.
La morte di Marco Vannini, aveva scritto la Cassazione nella sua sentenza del 2020, “sopraggiunse” quale “conseguenza” sia delle “lesioni causate dal colpo di pistola” che della “mancanza di soccorsi che, certamente, se tempestivamente attivati, avrebbero scongiurato l’effetto infausto”.
Una “condotta omissiva”, secondo la Corte, “tenuta da tutti gli imputati nel segmento successivo all’esplosione di un colpo di pistola, ascrivibile soltanto ad Antonio Ciontoli, che, dopo il ferimento colposo, rimase inerte, quindi disse il falso ostacolando i soccorsi”.
Per questo, i giudici di piazza Cavour annullarono la prima sentenza d’appello (che suscitò rabbia e polemiche nel dibattito pubblico) con la quale era stata ridotta notevolmente la pena – dai 14 anni inflitti in primo grado a 5 anni di reclusione, riqualificando il reato da omicidio volontario in colposo – per Antonio Ciontoli.
La condanna per Martina Ciontoli, suo fratello Federico e la madre Maria Pezzillo, invece, era stata pari a 3 anni per omicidio colposo in entrambi i giudizi di merito, e poi divenuta ben più pesante dopo il rinvio della Cassazione.
Nell’Aula Giallombardo della Cassazione saranno ammesse solo le parti processuali – imputati e parti civili – con i loro avvocati. Ben distanziati sono anche potuti anetrare i familiari più stretti dei Ciontoli e dei Vannini.
“I Ciontoli hanno sempre mentito, continuano a mentire e non si vogliono prendere le loro responsabilità” hanno detto i genitori di Marco Vannini, entrando in Cassazione.
FONTE TG LA7