"data-block-on-consent="_till_accepted"data-auto-format="rspv" data-full-width>

Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, all’ordinamento giudiziario e al codice dell’ordinamento militare A.C. 1718

https://www.giustizia-amministrativa.it/portale/pages/istituzionale/visualizza/?nodeRef=&schema=tar_fi&nrg=201901003&nomeFile=202000108_20.html&subDir=Provvedimenti

"data-block-on-consent="_till_accepted">

Il disegno di legge C. 1718, di iniziativa governativa e già approvato con modifiche dal Senato il 13 febbraio 2024, si compone di 9 articoli e di un allegato.

Nello specifico, l’articolo 1 abroga il delitto di abuso d’ufficio, previsto dall’articolo 323 del codice penale, e modifica l’art. 346-bis c.p., che disciplina il reato di traffico di influenze illecite, precisando che le relazioni del mediatore con il pubblico ufficiale devono essere esistenti (non solo asserite) ed effettivamente utilizzate (non solo vantate) intenzionalmente allo scopo di farsi dare o promettere indebitamente, a sé o ad altri, denaro o altra utilità economica per remunerare un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322-bis, in relazione all’esercizio delle sue funzioni, ovvero per realizzare un’altra mediazione illecita (ovvero, come specificato dal neo introdotto secondo comma, quella finalizzata ad indurre il pubblico ufficiale o uno degli altri soggetti sopra indicati a compiere un atto contrario ai doveri d’ufficio costituente reato).

L’articolo 2 reca una serie di modifiche al codice di procedura penale volte a:

rafforzare la tutela della libertà e della segretezza delle comunicazioni del difensore, estendendo il divieto di acquisizione delle comunicazioni da parte dell’autorità giudiziaria anche ad ogni altra forma di comunicazione, diversa dalla corrispondenza, intercorsa tra l’imputato ed il proprio difensore e imponendo di interrompere immediatamente le operazioni di intercettazione, quando risulta che la conversazione o la comunicazione rientrano tra quelle vietate;

assicurare una maggiore tutela al terzo estraneo al procedimento rispetto alla circolazione delle comunicazioni intercettate. È così introdotto il divieto di pubblicazione, anche parziale, del contenuto delle intercettazioni in tutti i casi in cui quest’ultimo non sia riprodotto dal giudice nella motivazione di un provvedimento o utilizzato nel corso del dibattimento; è escluso il rilascio di copia delle intercettazioni di cui è vietata la pubblicazione quando la richiesta è presentata da un soggetto diverso dalle parti e dai loro difensori; è introdotto il divieto di riportare nei verbali di trascrizione delle intercettazioni espressioni che consentano di identificare soggetti diversi dalle parti; è infine introdotto l’obbligo per il PM di stralciare dai cd. brogliacci espressioni lesive della reputazione o riguardanti dati sensibili di soggetti diversi dalle parti;

garantire i diritti della persona sottoposta alle indagini preliminari rispetto all’eventuale applicazione di misura cautelare, disponendo l’obbligatorietà dell’interrogatorio preventivo, che deve essere documentato integralmente mediante riproduzione audiovisiva o fonografica, nonché la collegialità della decisione circa l’applicazione della custodia in carcere o di una misura di sicurezza detentiva nel corso delle indagini preliminari;

limitare il potere del pubblico ministero di proporre appello, escludendolo avverso le sentenze di proscioglimento per i reati di cui all’articolo 550, commi 1 e 2, c.p.p. (reati per i quali l’azione penale si esercita con citazione diretta davanti al tribunale in composizione monocratica, tra cui, a titolo di esempio, si citano violenza o minaccia a un pubblico ufficiale, interruzione di pubblico servizio, oltraggio a un magistrato in udienza, falsa testimonianza, intralcio alla giustizia).

Sempre in tema di impugnazioni, si interviene sugli elementi richiesti a pena di inammissibilità, eliminando quello relativo al contestuale deposito della dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio.

L’articolo 3 apporta modifiche all’articolo 89-bis disp. att. c.p.p., relativo all’archivio delle intercettazioni, al fine di includere anche i dati personali relativi a soggetti diversi dalle parti tra quelli per i quali è necessario assicurare la segretezza.

L’articolo 4 reca alcune modifiche all’ordinamento giudiziario (R.D. n. 12 del 1941), conseguenti all’introduzione della composizione collegiale del giudice per le indagini preliminari prevista dall’articolo 2, in materia di decisione circa l’applicazione della custodia in carcere o di una misura di sicurezza detentiva.

In particolare sono modificati l’art. 7-bis, sulle tabelle infradistrettuali, e l’art. 7-ter, sui criteri per l’assegnazione degli affari penali al giudice per le indagini preliminari, al fine di garantire la costituzione di un collegio anche nell’ambito delle tabelle infradistrettuali.

L’articolo 5 reca l’aumento di 250 unità del ruolo organico della magistratura, da destinare alle funzioni giudicanti di primo grado.

L’articolo 6 contiene una norma di interpretazione autentica riguardante il limite di età di 65 anni previsto per i giudici popolari delle Corti d’assise, chiarendo che esso è riferito esclusivamente al momento in cui il giudice viene chiamato a prestare servizio.

L’articolo 7 interviene in materia di incidenza di provvedimenti giudiziari nella procedura per l’avanzamento al grado superiore dei militari, stabilendo che tale procedura sia preclusa solo da una sentenza di condanna di primo grado, una sentenza di applicazione della pena su richiesta, ovvero un decreto penale di condanna esecutivo e non (come da normativa vigente) dal mero rinvio a giudizio.

L’articolo 8 reca la quantificazione degli oneri di cui all’articolo 5 (aumento di organico della magistratura) e le relative fonti di copertura finanziaria. Per le altre disposizioni è prevista la clausola di invarianza finanziaria.

L’articolo 9, infine, prevede che le modifiche al codice di rito in materia di decisione collegiale e quelle ad essa collegate di carattere ordinamentale si applichino decorsi due anni dalla entrata in vigore della legge.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Il disegno di legge è riconducibile alle materie “difesa e Forze armate” e “giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale”, attribuite alla competenza legislativa esclusiva dello Stato ex art. 117, secondo comma, lett. d) e l). Cost.

Rispetto degli altri princìpi costituzionali

Con riferimento alle disposizioni recate dall’articolo 2 che, novellando l’articolo 593 c.p.p. sono volte a limitare il potere del pubblico ministero di proporre appello, merita richiamare la diversa ipotesi di inappellabilità del PM prevista dalla legge n. 46 del 2006 (cd “legge Pecorella”) ed oggetto della sentenza n. 26 del 2007 della Corte costituzionale. La citata legge n. 46 del 2006 aveva, tra le altre cose, sostituito integralmente l’art. 593 c.p.p., escludendo che il PM potesse proporre appello avverso le sentenze di proscioglimento, salvo quando ricorressero le ipotesi previste dall’art. 603, comma 2, c.p.p. – ossia quando sopravvengano o si scoprano nuove prove dopo il giudizio di primo grado – e sempre che tali prove siano decisive.

Tale previsione è stata censurata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 26 del 2007, la quale ha affermato che la rimozione del potere di appello del pubblico ministero ivi prevista si presentava generalizzata (“perché non è riferita a talune categorie di reati, ma è estesa indistintamente a tutti i processi”) e “unilaterale” (“perché non trova alcuna specifica contropartita in particolari modalità di svolgimento del processo”).

Prosegue quindi la Corte affermando che “l’alterazione del trattamento paritario dei contendenti, indotta dalla norma in esame, non può essere giustificata, in termini di adeguatezza e proporzionalità”.

Peraltro, nella medesima sentenza n. 26 la Corte ha ribadito che “anche per quanto attiene alla disciplina delle impugnazioni, parità delle parti non significa, nel processo penale, necessaria omologazione di poteri e facoltà”.

Successivamente, nella sentenza n. 34 del 2020, la medesima Corte, richiamando diversi precedenti, ha evidenziato che “il potere di impugnazione della parte pubblica non può essere, infatti, configurato come proiezione necessaria del principio di obbligatorietà dell’esercizio dell’azione penale, enunciato dall’art. 112 Cost. (ex plurimis, sentenze n. 183 del 2017, n. 242 del 2009, n.298 del 2008 e n. 280 del 1995; ordinanze n. 165 del 2003 e n. 347 del 2002); quando, invece, sull’altro fronte, il potere di impugnazione dell’imputato si correla anche al fondamentale valore espresso dal diritto di difesa (art. 24 Cost.), che ne accresce la forza di resistenza al cospetto di sollecitazioni di segno inverso (sentenze n. 274 del 2009, n. 26 del 2007 e n. 98 del 1994)”.

FONTE CAMERA.IT

Condivisione
"data-block-on-consent="_till_accepted">
"data-block-on-consent="_till_accepted"data-auto-format="rspv" data-full-width>