Riceviamo e pubblichiamo:
In questo momento storico, in cui il Paese affronta le più svariate vicissitudini in tema di organizzazione governativa, di stabilità politica e di crescita della classe operaia, è fondamentale che si ricerchi “il giusto” e che vengano tutelate le idee dei lavoratori e i diritti-doveri che ne conseguono.
Questo principio cardine, che qualcuno spera diventi un dogma sul quale basare, forse, l’avvio della Terza o Quarta Repubblica, è penetrato latentemente nell’immaginario di ogni italiano stanco della falsa moralità e delle promesse disattese. Qualcuno dice che sia arrivato il momento del rinnovamento, del cambiamento, delle scelte forti e che probabilmente sia arrivato il momento che il popolo faccia davvero il suo dovere.
Vero o falso? Altro fumo negli occhi architettato ad arte per convincere chi spera che sia arrivato il proprio tempo? Ogni volta che si cambia bisogna essere pronti, e il popolo questa volta lo è. La sua volontà la si evince da ogni piccolo cambiamento fatto in pochi mesi sia nei Palazzi che tra la gente, ad iniziare dal mondo militare pervaso dalla voglia di rinnovamento che si percepisce nelle piccole cose, ma che stenta a decollare, come se qualcuno volesse fermarlo arroccato nella sua posizione privilegiata…
Quando il cambiamento arriva è necessario accoglierlo, essere resilienti, guardando al futuro in un’ottica che permetta alle giovani leve che intraprendono il percorso dei veterani, a non incappare negli stessi errori, ma a trarne il giusto insegnamento.
Il rinnovamento non può che partire dalla professionalizzazione di qualsiasi militare di ogni ordine e grado. Da chi oggi viene impiegato senza avere un’adeguata formazione, soltanto perché la prassi è diventata norma, pur non essendolo! Non può funzionare così!
Orbene, ad esempio, come possiamo non rievocare la spinosa questione del personale graduato impiegato in ambito sanitario? Ormai conoscerete bene la loro storia: Aiutanti di Sanità “trasformati” in Operatori Informatici tramite una circolare, senza svolgere alcun corso formativo. Il paradosso? Ricoprono ancora il delicato incarico sanitario a proprio rischio e pericolo e contro ogni norma di legge solo perché credono, malgrado tutto, nei principi e nei valori dell’Arma che servono da decenni, l’ Esercito.
La problematica malgrado sia stata sollevata ai più alti vertici della Forza Armata sembra essersi arenata, eludendo cosi il necessario percorso di professionalizzazione del personale. E il cambiamento? Dov’è? Fagocitato forse dalla paura del nuovo? Si considera così la categoria dei graduati? E’ forse questa la giusta attenzione che merita un argomento cosi delicato?
La tesi sulla necessità di avere personale militare formato ed adeguato a svolgere professioni sanitarie ha intriso scaffali virtuali di sterili teorie, ma all’atto pratico ancora oggi si impiegano risorse umane in un incarico abrogato.
Non sono valsi i comunicati stampa, non è bastato uno studio fatto dalla rappresentanza.La Sanità Militare si mette a disposizione delle Università per la formazione dei futuri medici ed infermieri e non riesce, grazie agli svariati accordi nazionali, a formare le proprie risorse umane nelle sue strutture. Come può accadere tutto questo?
E’ a questo punto che la domanda nei confronti dell’ attuale Ministro della Difesa diventa improcrastinabile: perché proprio chi sostiene che il personale debba essere professionalizzato e messo al centro delle Forze Armate non si sta interessando al personale della Sanità Militare ?
Se la sua linea di principio è quella descritta e più volte da lei stessa ribadita, non è forse arrivato il momento che prenda in mano questa paradossale situazione e che finalmente si proietti in ambito interforze l’evoluzione professionale degli operatori della sanità militare in maniera tale da procedere alla stesura di un adeguato transitorio che garantisca la funzionalità della Sanità Militare e dei suoi operatori? Forse è giunta l ‘ora che questo scempio venga fermato, anche perché potrebbe diventare pericoloso per il personale e per le proprie famiglie.