"data-block-on-consent="_till_accepted"data-auto-format="rspv" data-full-width>

Militare si ammalò di leishmaniosi in servizio Condannato il Ministero della Difesa

https://www.giustizia-amministrativa.it/portale/pages/istituzionale/visualizza/?nodeRef=&schema=tar_pa&nrg=201000346&nomeFile=201901044_01.html&subDir=Provvedimenti

"data-block-on-consent="_till_accepted">

Era il  lontano  17/10/2003 quando il siciliano R.D. originario di Aragona, si arruolò nell’Esercito. All’epoca venne inviato a Chieti per svolgere il  CAR. Durante la permanenza nella Caserma però venne punto da un’insetto. Una puntura banale che non destò subito preoccupazione. Il ragazzo si recò nell’ infermeria della base per una medicazione, ma ben presto iniziò ad avere sintomi di una patologia gravissima, la leishmaniosi.

Lo stesso dicembre di quell’anno infatti, a causa dei disturbi, venne ricoverato presso il Policlinico Militare Celio di Roma ove gli fu diagnosticata la malattia.

 


 

La leishmaniosi lo devastò al punto che il seguente luglio venne congedato. La malattia non gli diede tregua, dopo quasi due anni venne nuovamente ricoverato presso il Policlino P. Giaccone di Palermo.

All’epoca il  ragazzo pensò bene di presentata istanza per il riconoscimento della causa di servizio, anche ai fini dell’equo indennizzo, ma dopo la visita al C.M.O. di Roma ,  pur essendogli  stata riconosciuta l’infermità causata dalla leishmaniosi, con parere n. 27474/08, il C.P.P.O. negò  la dipendenza da causa di servizio.

Il Ministero della Difesa, recependo il parere del C.P.P.O., respinse l’istanza del militare congedato, non riconoscendo come dipendente da causa di servizio la patologia .

Da allora ne seguì una lungaggine burocratica che durò più di 15 anni, arrivando fino ai giorni nostri. Siamo al Tar Regione Sicilia, luogo dibattimentale in cui  l’Avvocatura distrettuale dello Stato , con memoria conclusiva, ha chiesto il rigetto del ricorso contestando la fondatezza delle censure avverse sia in relazione alla contestata violazione dei termini del procedimento, avendo gli stessi natura ordinatoria, sia il lamentato eccesso di potere sul giudizio espresso dagli organi preposti.

Di tutt’altro parere il Tar. Secondo gli ermellini il ricorso è fondato. Nella sentenza 01044/2019 di questo venerdì 12 aprile 2019, i giudici hanno voluto intenzionalmente sottolineare che il sindacato giurisdizionale del Tar può intervenire sulle cause relative a dipendenza dell’infermità da causa di servizio, solo nei casi in cui si presentino profili di irragionevolezza, illogicità e travisamento dei fatti, oltre alla generale verifica dell’attendibilità delle operazioni tecniche compiute quanto a correttezza dei criteri utilizzati e applicati.

Nel caso in esame sono presenti i predetti presupposti. L’Amministrazione -sostengono i giudici–nel recepire il parere reso dalla competente Commissione- ha rigettato la domanda del ricorrente motivando il diniego con una mera formula stereotipata.

In particolare, l’Amministrazione ha rigettato la domanda “…in quanto non risultano sussistere nel tipo di prestazioni di lavoro rese disagi e strapazzi di particolare intensità né elementi di eccezionale gravità che abbiano potuto prevalere su fattori individuali almeno sotto il profilo concausale efficiente e determinate, tenuto conto della peculiare natura della patologia di cui trattasi.

Secondo i giudici, detta motivazione, oltre che generica, mal si concilia con la specifica natura infettiva della patologia contratta, che non necessariamente è connessa a particolari “disagi o strapazzi” nello svolgimento dell’attività cui è stato addetto il militare


Nel caso in esame-sostengono i giudici- l’Amministrazione, facendo proprio il parere del Comitato di Verifica per le Cause di Servizio, non ha fatto buon governo del potere discrezionale esercitabile in materia, né ha chiesto, come sarebbe stato in suo potere, un riesame del detto parere come peraltro espressamente previsto dall’art. 14, comma 1, del d.P.R. n. 461/2001 (“l’amministrazione che, per motivate ragioni, non ritenga di conformarsi a tale parere, ha l’obbligo di richiedere ulteriore parere al Comitato”) .

Il ricorso è quindi fondato e va accolto, assorbiti gli ulteriori profili di censura, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti di competenza dell’Amministrazione.

Condannata l’Amministrazione al pagamento delle spese di lite per € 1.500,00 (Euro millecinquecento/00) oltre accessori così come per legge.




Loading…


Loading…

loading…
Condivisione
"data-block-on-consent="_till_accepted">
"data-block-on-consent="_till_accepted"data-auto-format="rspv" data-full-width>