La Prima Sezione Giurisdizionale Centrale d’Appello della Corte dei Conti emette una sentenza che potrebbe cambiare praticamente tutto.
Di seguito pubblichiamo un estratto della decisione dei giudici sul ricorso proposto dall’INPS contro un ex maresciallo aiutante della Guardia di Finanza e titolare di trattamento di inabilità, che ha adito la Sezione regionale calabrese della Corte dei conti chiedendo, tra l’altro, la declaratoria del suo diritto alla riliquidazione della pensione in godimento con applicazione sulla quota calcolata col sistema retributivo dell’aliquota del 44% di cui all’art. 54 del DPR n. 1092/1973-
L’ormai ex militare, al 31 dicembre 1995 aveva un’anzianità pari a 6 anni e 2 mesi. La Corte territoriale ha accolto il ricorso per quanto attiene al riconoscimento del diritto del ricorrente alla riliquidazione della pensione in godimento con applicazione sulla quota calcolata col sistema retributivo dell’aliquota di cui all’art. 54 comma 1 del DPR n. 1092/1973, con gli accessori di legge.
L’INPS si è rivolta alla Corte di Appello, deducendo l’illegittimità della sentenza per una serie ormai nota di articolati motivi, ma la decisione della Corte ha chiarito alcuni aspetti che potrebbero costringere definitivamente l” Istituto Nazionale della Previdenza Sociale a desistere dal rituale rigetto delle istanze di ricalcolo dei contributi.
La normativa del 1973, – sostiene la Corte – prevedeva solo l’aliquota di rendimento al raggiungimento del quindicesimo anno d’anzianità (che era, all’epoca, il minimo pensionabile), stabilendo il 35% per i civili e il 44% per i militari. In sostanza, il riferimento ai quindici anni di servizio utile contenuto nell’art. 54 trova giustificazione nel fatto che all’epoca questo era il minimo pensionabile.
Di seguito la decisione della Prima Sezione Giurisdizionale Centrale d’Appello della Corte dei Conti
DIRITTO
L’appello dell’Inps è infondato. La giurisprudenza maggioritaria di questa Corte ha affermato – in relazione ai militari andati in pensione con il c.d. sistema misto (art. 1, comma 12, legge n. 335/1995) ed aventi, alla data del 31.12.1995, un servizio utile inferiore ai 18 anni – la sussistenza del diritto alla riliquidazione della pensione in godimento con applicazione, sulla quota calcolata con il sistema retributivo, dell’aliquota di rendimento (pari al 44%) di cui all’art. 54, comma 1, del D.P.R. n. 1092/1973 (cfr. Sez. II n. 394/2019).
La suddetta disposizione prevede: “La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile.
L’art. 1, comma 12, lett. a), della legge n. 335/95, nel disciplinare le modalità di calcolo della quota retributiva per i lavoratori che alla data del 31 dicembre 1995 potevano far valere un’anzianità contributiva inferiore a diciotto anni, ha fatto in sostanza riferimento, quanto “alle anzianità acquisite anteriormente al 31 dicembre 1995”, al “sistema retributivo previsto dalla normativa vigente precedentemente alla predetta data”, con l’effetto che le norme di tale “sistema retributivo” restano differenziate per i civili (nei cui confronti trova applicazione l’aliquota del 35% sulla base pensionabile per i primi quindici anni di servizio effettivo, ex art. 44 d.P.R. n. 1092/73), e per i militari (nei cui confronti trova applicazione l’aliquota del 44% sulla base pensionabile per i primi quindici anni di servizio utile, ex art. 54 d.P.R. n. 1092/73);
inoltre, per i civili tale aliquota è aumentata dell’1,80% per ogni ulteriore anno di servizio utile sino al 18 anno (ex art. 44 d.P.R. n. 1092/73), mentre per i militari la medesima aliquota stessa rimarrà invariata al 44%, ai fini della misura della pensione c.d. retributiva, nel periodo di tempo che va dai quindici ai venti anni di servizio utile (ex art. 54 d.P.R. n. 1092/73).
Quanto al perimetro del beneficio, ovvero se l’art. 54 d.P.R. n. 1092/73 trovi applicazione per i soli militari che alla data del 31 dicembre 1995 avevano maturato più di 15 e meno di 18 anni di servizio utile, ovvero debba essere applicato a tutti militari titolari di trattamento pensionistico calcolato con il c.d. sistema misto, prescindendosi dal numero di anni di servizio utile maturati al 31 dicembre 1995 (nel caso di specie il ricorrente, alla predetta data, aveva maturato un’anzianità pari ad anni 6 e mesi 2, come dichiarato dall’INPS) – la soluzione interpretativa più corretta è quella di applicare pro quota (nei limiti, cioè, del 2,93% della base pensionabile per ogni anno di servizio utile) la più favorevole aliquota di cui all’art. 54 d.P.R. n. 1092/73 anche ai militari che alla data del 31 dicembre 1995 avevano maturato meno di quindici anni di servizio utile.
Invero, il richiamo di cui all’art. 1, co. 12, lett. a, della legge n. 335/95 alle disposizioni del c.d. sistema retributivo (artt. 44 e 54 d.P.R. n. 1092/73), consente all’interprete di assicurare in ogni caso una quota di pensione disciplinata con il più favorevole sistema retributivo a tutti indistintamente i lavoratori che alla data del 31 dicembre 1995 potevano far valere un’anzianità contributiva inferiore a diciotto anni, a prescindere dall’effettiva anzianità contributiva del lavoratore.
Ne consegue, l’irrilevanza nella specie del riferimento temporale ai quindici anni di servizio utile contenuto nell’art. 54, comma 1, d.P.R. n. 1094/73 (“La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile”), che trova spiegazione unicamente in relazione al precedente art. 52, comma 1, del d.P.R. n. 1094/73, secondo cui “L’ufficiale, il sottufficiale e il militare di truppa che cessano dal servizio permanente o continuativo hanno diritto alla pensione normale se hanno raggiunto una anzianità di almeno quindici anni di servizio utile, di cui dodici di servizio effettivo.”.
In sostanza, il d.P.R. 1092/1973 non poteva disciplinare la fattispecie all’esame, la cui peculiarità scaturisce dall’art. 1, comma 12, della l. 335/1995, che aggancia la quota retributiva all’anzianità maturata al 31.12.1995, qualunque essa sia;
la normativa del 1973, prevedeva infatti solo l’aliquota di rendimento al raggiungimento del quindicesimo anno d’anzianità (che era, all’epoca, il minimo pensionabile), stabilendo il 35% per i civili e il 44% per i militari.
In sostanza, il riferimento ai quindici anni di servizio utile contenuto nell’art. 54 trova giustificazione nel fatto che all’epoca questo era il minimo pensionabile.
Mentre il richiamo di cui all’art. 1, co. 12, lett. a), legge n. 335/95, alle disposizioni del sistema retributivo (artt. 44 e 54 d.P.R. n. 1092/73), deve intendersi riferito esclusivamente alle diverse aliquote (rispettivamente del 35% e del 44%) applicabili alla base pensionabile del personale civile e militare, senza alcuna incidenza del limite temporale dei quindici anni, considerato che nel sistema misto il diritto alla liquidazione di una quota di pensione con il sistema retributivo spetta a tutti i lavoratori “che alla data del 31 dicembre 1995 possono far valere un’anzianità contributiva inferiore a diciotto anni”.
Ne deriva che nei confronti del ricorrente può trovare applicazione, nei limiti dell’effettiva anzianità contributiva posseduta al 31 dicembre del 1995, l’aliquota di rendimento del 44%, prevista per i militari dall’art. 54, comma 1, d.P.R. n. 1092/73, siccome statuito nella sentenza impugnata (cfr. pag.6).
Il ricorso è dunque infondato e va respinto. Le spese seguono la soccombenza e pertanto l’appellante è tenuto alla rifusione delle spese di costituzione e difesa della parte appellata, liquidate come da dispositivo, ai sensi dell’art. 31 del codice della giustizia contabile.
P.Q.M. la Sezione Prima giurisdizionale centrale d’appello, definitivamente pronunciando, respinge l’appello e conferma la sentenza impugnata.
Condanna l’appellante INPS a rifondere alla parte appellata le spese di costituzione e difesa, liquidate in € 1.500,00, da distrarre in favore del difensore dichiaratosi antistatario.
Manda alla segreteria per gli adempimenti di competenza. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’11 giugno 2020.
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