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Maresciallo punito per ordine poco chiaro ed univoco- Il Tar annulla il provvedimento

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L’ennesima vicenda che vede vittima un militare posto tra incudine e martello. Il Sottufficiale dell’Arma, dovendo procedere ad attività istituzionale dell’Ufficio fuori sede, provvedeva, previa comunicazione ed autorizzazione di un Luogotenente , a comandare, quale autista, un appuntato scelto.

Prima di uscire ed iniziare il servizio, il predetto incontrava il responsabile della Sezione al quale comunicava l’utilizzazione del citato carabiniere quale autista. L’Ufficiale rilevava che, a tale impiego doveva essere adibito, come da disposizione orale in precedenza impartita,un altro appuntato scelto . Malgrado il sottufficiale  provvedeva a sostituire l’autista come disposto dal Capo Sezione, si ritrovava con un procedimento disciplinare a suo carico. Il  Capo Sezione decideva di  impartire al sottufficiale  ben 3 giorni di consegna. L’ufficiale contestava al Maresciallo:

Lo scrivente questa mattina, involontariamente parlando con Lei è venuto a conoscenza che arbitrariamente e violando le disposizioni da me impartite, doveva uscire con l’appuntato scelto Omissis invece dell’appuntato scelto Omissis che è a sua disposizione quale autista”.

Il Carabiniere veniva quindi  punito con la seguente motivazione: Maresciallo aiutante sost. Ufficiale di P.S. addetto alla Sezione di P.G., dovendo redigere un verbale di identificazione e elezione di domicilio delegato dall’A.G., non si atteneva alle specifiche direttive impartite dal superiore gerarchico circa l’eventuale impiego in suo supporto di un agente di P.G. del medesimo ufficio, determinando con tale comportamento un aggravio di tempo, personale e mezzi a danno del regolare ed efficiente andamento del servizio”.

Inutile il ricorso gerarchico. Il Maresciallo si  rivolgeva quindi al Tar che accoglieva il ricorso e condannava l’amministrazione alle spese processuali. Secondo il Tar Lazio infatti, è di cruciale importanza la differenza di significato tra “direttiva” impartita ed “ordine impartito”. Inoltre il comportamento non coerente tenuto dal responsabile della Sezione di p.g., che non ha respinto la richiesta del ricorrente, ha, di fatto, ingenerato concreti dubbi nello stesso circa il comportamento da assumere, contravvenendo a quanto stabilito dall’ art. 727 del DPR 15 marzo 2010, n. 90 che statuisce che l’ordine impartito dal superiore deve essere chiaro ed univoco “ in modo da evitare dubbi”, proprio perché è rivolto ad imporre cogenti comportamenti in capo ai subordinati.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento censurato.

Condanna la parte resistente al pagamento delle spese di lite che, a mente del D.M. 55/2014, complessivamente quantifica in euro 1.500,00 ( millecinquecento), oltre IVA, CPA e spese generali.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Per visualizzare il ricorso n. 09920, clicca QUI

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 6497 del 2017, proposto da:
Omissis, rappresentato e difeso dall’avvocato Salvatore Mileto, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Pietro Da Cortona 8;

contro

Ministero della Difesa, Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, Comando Provinciale dell’Arma dei Carabinieri non costituiti in giudizio;
Comando Legione Carabinieri Lazio, Carabinieri Comando Provinciale di Roma, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l’annullamento, previa sospensione cautelare

della sanzione disciplinare di corpo (tre giorni di consegna) inflitta al ricorrente in data 13.3.17, con atto prot. 28/2-5 da Responsabile della sezione di polizia giudiziaria – carabinieri della Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Roma;

del provvedimento prot. SP 306/15-8-2017 in data 12.5.17 con il quale il Comandante provinciale dei Carabinieri di Roma ha respinto il ricorso gerarchico proposto dal ricorrente avverso la sanzione disciplinare indicata sub a)

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comando Legione Carabinieri Lazio e dei Carabinieri-Comando Provinciale di Roma;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 1 agosto 2017 il dott. Roberto Vitanza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

 

Preliminarmente il Collegio ritiene necessaria, proprio per una puntuale intelligenza della presente vicenda, una puntuale ricostruzione del dato fattuale – presupposto alla irrogata sanzione disciplinare-, nei termini così come introdotti negli atti di causa e non contestati dalle parti.

Il ricorrente, sottufficiale dell’Arma, in servizio presso la Sezione di polizia giudiziaria della Procura della Repubblica del Tribunale ordinario di Roma, il giorno 13 febbraio 2017, dovendo procedere ad attività istituzionale dell’Ufficio fuori sede, provvedeva, previa comunicazione ed autorizzazione del luogotenente Omissis, a comandare, quale autista, l’appuntato scelto Omissis, addetto al medesimo ufficio.

Prima di uscire ed iniziare il servizio, il predetto incontrava il responsabile della Sezione al quale comunicava l’utilizzazione del citato carabiniere quale autista.

L’Ufficiale rilevava che, a tale impiego doveva essere adibito, come da disposizione orale in precedenza impartita, l’appuntato scelto Omissis.

Il ricorrente, pertanto, provvedeva a sostituire il militare già comandato con l’appuntato scelto Omissis, così da svolgere l’incombenza di polizia giudiziaria programmata.

Per tale episodio veniva, comunque, attivato il procedimento disciplinare in questa sede contestato.

In particolare all’attuale ricorrente veniva contestato: “ Lo scrivente questa mattina, involontariamente parlando con Lei è venuto a conoscenza che arbitrariamente e violando le disposizioni da me impartite, doveva uscire con l’appuntato scelto Omissis invece dell’appuntato scelto Omissis che è a sua disposizione quale autista”.

Al predetto veniva quindi irrogata la sanzione disciplinare di tre giorni di consegna con la seguente motivazione : “ Maresciallo aiutante sost. Ufficiale di P.S. addetto alla Sezione di P.G., dovendo redigere un verbale di identificazione e elezione di domicilio delegato dall’A.G., non si atteneva alle specifiche direttive impartite dal superiore gerarchico circa l’eventuale impiego in suo supporto di un agente di P.G. del medesimo ufficio, determinando con tale comportamento un aggravio di tempo, personale e mezzi a danno del regolare ed efficiente andamento del servizio”.

La sanzione veniva confermata in sede di ricorso gerarchico.

Avverso la predetta determinazione è insorto l’attuale ricorrente con il presente ricorso, affidato a quattro motivi di gravame, in uno con la istanza cautelare.

Si e costituita la parte resistente esclusivamente in modo formale ( i documenti al riguardo prodotti dall’amministrazione resistente non possono in alcun modo venire utilizzati nel presente contesto processuale, non essendo stati richiesti dal Collegio, né introdotti attraverso l’Ufficio defensionale, il solo abilitato ad interloquire nel processo).

Alla camera di consiglio del giorno 1° agosto 2017, sussistendo i presupposti di cui all’art. 60 cpa, previo avviso alle parti, il ricorso è stato trattenuto per essere deciso con Sentenza in forma semplificata.

Nel merito.

Con il primo motivo di gravame la parte eccepisce il difetto di correlazione tra la contestazione e la motivazione della sanzione.

Il rilievo non può essere accolto.

Il principio di corrispondenza tra i fatti contestati e quelli sanzionati riveste rilievo primario nel procedimento disciplinare e comporta, a garanzia del diritto dell’incolpato al contraddittorio difensivo, che questi non possa essere punito per mancanze non previamente contestate.

Tale previsione generale deve essere, però, precisata nel senso che non sussiste violazione del principio di corrispondenza allorché tra il fatto contestato e quello accertato intercorra un rapporto di continenza.

Inoltre : “deve infatti ricordarsi che il principio di corrispondenza investe solo il quadro fattuale, in quanto per costante giurisprudenza si esclude che l’Autorità disciplinare sia vincolata dalla qualificazione giuridica degli addebiti operata in sede istruttoria “ ( Cons. St., Sez. IV, 10 agosto 2007, n. 4393)

Nel caso di specie, risulta che il fatto storico contestato risulta compreso nella motivazione della sanzione, anche se la stessa è stata precisata con le conseguenze causali del contestato comportamento.

Fondato e dirimente è, invece, il secondo motivo di gravame.

Ora, in disparte il fatto che la motivazione della sanzione, nei termini in cui risulta formulata, invero rientrerebbe, in astratto, nella fattispecie di cui all’art. 173 del codice penale militare di pace, piuttosto che nella evenienza disciplinare contestata, atteso che quanto astrattamente configurato risulterebbe costituire la violazione di un ordine legittimamente impartito, in realtà, il dato fattuale che emerge dagli atti, non consente una simile lettura e neppure l’affrettata e non ponderata motivazione che ha utilizzato strumenti linguistici non adeguati.

E’ appena il caso di rilevare che se, come riportato nella motivazione della sanzione, la disposizione impartita costituiva una “ direttiva”, nessun rilievo poteva essere mosso al ricorrente, atteso che attraverso tale istituto il superiore individua unicamente gli obiettivi generali da realizzare lasciando all’esecutore le conseguenti scelte operative.

Nella presente vicenda, invece, la questione giuridica, che risulta sollevata con il ricorso in esame, attiene, anche, alla contraddittorietà dell’ordine legittimamente impartito : quindi la consistenza e la valenza dell’ordine asseritamente disatteso.

Sul punto è opportuno evidenziare che, il ricorrente, in tutti gli scritti difensivi compreso l’atto giurisdizionale oggetto del presente scrutinio, ha sostenuto ed il fatto non risulta contestato dalla difesa erariale, che, alcuni giorni prima, aveva manifestato, al luogotenente Granato ed al responsabile della Sezione, l’opportunità che, per alcune attività connesse alle indagini di polizia giudiziaria afferenti all’ambito sanitario, il ricorrente potesse essere coadiuvato dall’appuntato scelto Luigi Scarpelli perché maggiormente esperto nella materia.

Al riguardo, nessuna obiezione fu, al momento, sollevata dagli indicati superiori.

Tale riportata evenienza fattuale non risulta, come detto, contestata nella sua consistenza storica, né risulta smentita la richiesta, rivolta al citato luogotenente per utilizzare, nella mattinata del 13 febbraio 2017 l’appuntato scelto Luigi Scarpelli.

In altri termini, la disposizione, circa la utilizzazione degli autisti a disposizione, impartita dal responsabile solo verbalmente, è stata oggetto di interventi propositivi del ricorrente, rispetto ai quali non consta, dagli atti di causa, alcun contrario avviso dei superiori.

Ciò ha, di fatto, prodotto una fondata presunzione della modificazione dell’ordine in questione o, quanto meno, una non rigida sua applicazione.

Tale ricostruzione fattuale andava, di contro, necessariamente e fermamente contestata dalla resistente, debitamente costituita in giudizio.

In altri termini il dato storico, presupposto alla irrogata sanzione, non risulta considerare tale fondamentale aspetto, né la parte resistente ha inteso, come era suo onere, contestare formalmente tale ricostruzione, limitandosi alla sola costituzione formale.

Quindi, la successiva modifica dell’ordine originariamente impartito, come, in buona sostanza, sostenuto dal ricorrente, non è stata negata dalla p.a..

Riprendendo il noto brocardo Quod non est in actis non est in mundo, il legislatore ha, con l’art. 64 cpa, ribadito il principio, presente nell’Ordinamento e sanzionato dall’art. 115 cpc, per cui solo i fatti prospettati dalla parte e non formalmente contestati devono essere posti a fondamento della decisione, senza che residui alcuna discrezionalità per il giudice.

“… il principio di non contestazione deve avere ad oggetto fatti sostanziali specifici e ben determinati, fatti che proprio perché tali e, cioè, specifici e ben determinati per un fondamentale principium individuationis, connaturato all’essenza della prova, ben possono essere posti dal giudice, se non contestati, a fondamento della sua decisione senza il supporto di una motivazione che ne giustifichi ed esplichi l’esistenza” (Cons. St., Sez. III, 13 maggio 2015, n. 2410).

Nel caso di specie, il ricorrente ha sostenuto nell’atto di causa, indicando anche i testimoni presenti, di aver chiesto, in buona sostanza, una “ deroga” alla disposizione orale, circa l’utilizzazione del militare Scarpelli per peculiari attività di P.G., ma di non aver ricevuto nessun diniego al riguardo e che, nella mattinata in questione, aveva, inoltre, ottenuto l’autorizzazione dal luogotenente Granato per impiegare il predetto.

Ebbene, su tale fatto, essenziale e dirimente, la difesa erariale, come detto, non ha inteso replicare, né ha contestato tale prospettazione.

Diversa sarebbe stata la valutazione del comportamento del ricorrente se, l’indicata disposizione fosse stata pubblicamente partecipata ai diretti interessati con formale ordine di servizio, la cui eventuale modificazione avrebbe richiesto la medesima forma.

Conforta il riportato ragionamento la normativa di riferimento, chiara ed univoca.

L’art. 727 del DPR 15 marzo 2010, n. 90, statuisce che l’ordine impartito dal superiore deve essere chiaro ed univoco “ in modo da evitare dubbi”, proprio perché è rivolto ad imporre cogenti comportamenti in capo ai subordinati.

Nella presente vicenda, invece, il comportamento non coerente tenuto dal responsabile della Sezione di p.g., che non ha respinto la richiesta del ricorrente, ha, di fatto, ingenerato concreti dubbi nello stesso circa il comportamento da assumere.

Che di tale evenienza ne fosse consapevole lo stesso responsabile dell’aliquota carabinieri emerge, in via indiretta, proprio dall’azione disciplinare avanzata, perché, come detto, il fatto astrattamente rilevato avrebbe dovuto inquadrarsi nella ipotesi delittuosa di cui all’art. 173 del codice penale militare di pace.

Quindi, a tutto voler concedere, il ricorrente potrebbe essere incorso in un evidente errore di fatto principiato proprio dal comportamento del superiore non chiaro, né univoco in relazione ai rilievi segnalati dallo stesso circa una modifica dell’ordine originariamente impartito, evenienza questa che non è stata contestata dalla resistente.

In realtà il Collegio ravvisa nella presente vicenda una evidente violazione dell’art. 727 citato proprio perché la disposizione impartita in via orale, in relazione alle successive richieste e proposte del ricorrente non espressamente respinte (Qui tacet, consentire videtur), risulta sfornita dei necessari requisiti di chiarezza ed univocità.

Per tali ragioni il ricorso deve essere accolto ed annullato il provvedimento impugnato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento censurato.

Condanna la parte resistente al pagamento delle spese di lite che, a mente del D.M. 55/2014, complessivamente quantifica in euro 1.500,00 ( millecinquecento), oltre IVA, CPA e spese generali.

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