Oggi vogliamo portare alla vostra attenzione una interessante sentenza del Tar sardegna. Il militare, un Maresciallo dei Carabinieri, nel 2007 fu accusato dall’ allora suocero di una presunta aggressione presso una chiesa nel cagliaritano.
L’Amministrazione , edotta di quanto accaduto, non ritenne di assumere alcun provvedimento disciplinare di sospensione cautelare dal servizio nei confronti del Maresciallo .
NSM è anche su TELEGRAM . Per saperne di più, clicca QUI
Il carabiniere,nel 2014 fu condannato dal Tribunale Ordinario di Cagliari alla pena di mesi quattro di reclusione, per lesioni guaribili in due giorni di cure. Alla condanna seguì l’atto di appello del maresciallo, ma venne dichiarato inammissibile sia dalla Corte d’Appello di Cagliari sia dalla Corte Suprema di Cassazione per vizi procedurali insanabili (l’atto di appello era stato depositato per errore presso la cancelleria della Procura della Repubblica in luogo di quella del Tribunale).
Nel 2016 venne avviato il procedimento disciplinare di Stato , col quale la Direzione Generale Personale Militare comminò al maresciallo “la perdita del grado per rimozione”. Il Carabiniere si rivolse quindi al Tar Sardegna, che con la Sentenza N. 00267/2018 ha annullato il Provvedimento disposto in seguito al Procedimento Disciplinare di Stato con le seguenti motivazioni:
. Violazione dell’articolo 1370, comma primo, del D.lgs. n. 66/2010 e di eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità.
Ritiene il collegio che, nel caso di specie, non siano state sufficientemente considerate e vagliate, in sede disciplinare, le giustificazioni addotte dal militare in questione, con conseguente violazione della norma sopra richiamata.
Deve infatti ritenersi, nel caso di specie, la particolare rilevanza della circostanza – sottolineata dallo stesso Ufficiale Inquirente nella relazione finale dell’inchiesta formale del 7 giugno 2016 – secondo cui, con riferimento alla responsabilità penale del ricorrente accertata in primo grado dal Tribunale Ordinario di Cagliari, in composizione monocratica, deve considerarsi “che l’inquisito, per ragioni procedurali insanabili (l’atto di appello è stato depositato nell’ufficio sbagliato), non ha potuto argomentare le proprie eccezioni nel processo di appello ed, eventualmente, nel ricorso per cassazione… omissis…”.
Considerato che i fatti penali addebitati al ricorrente non rivestono oggettivamente particolare gravità, risultando altresì di oggettiva difficoltà l’accertamento della reale dinamica della colluttazione tra il ricorrente e il suocero; considerato che la stessa Amministrazione, a suo tempo, non ha ritenuto la particolare gravità di tali fatti contestati al ricorrente, non avendo assunto nei confronti del ricorrente alcun provvedimento di sospensione cautelare dal servizio; considerato altresì che trattasi di fatti accaduti fuori dal servizio e completamente estranei al servizio; considerato infine che i fatti medesimi non hanno destato “clamore pubblico” e come tali non risultano aver arrecato pregiudizio all’immagine dell’Arma; ritiene il collegio la fondatezza dell’ulteriore censura mossa dal ricorrente di eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità, risultando oggettivamente non proporzionata la sanzione disciplinare comminata al ricorrente della “perdita del grado per rimozione”, rispetto ai fatti addebitati al ricorrente, in considerazione di tutte le peculiarità del caso di specie sopra evidenziate.
Per le suesposte considerazioni, disattese le contrarie argomentazioni dell’Amministrazione resistente, stante la fondatezza delle censure appena esaminate ed assorbito ogni ulteriore motivo, il ricorso deve essere accolto, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.
Le spese del giudizio devono essere poste a carico dell’Amministrazione resistente e sono liquidate in favore della parte ricorrente in complessivi € 2.500,00 (duemilacinquecento/00), oltre accessori di legge e rimborso del contributo unificato.