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Lex 104 – NO al trasferimento del Militare in un reparto privo di una posizione corrispondente

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Inutile la vittoria al Tar per un Militare dell’Esercito Italiano. Il Consiglio di  Stato ha annullato la sentenza del Tar che gli aveva riconosciuto il diritto ad assistere il padre,  portatore di  handicap grave. Il Tar si era  pronunciato positivamente sulla richiesta di trasferimento presso una base dislocata in una sede di Lecce. Secondo il Tar infatti, non era necessario che l’assegnazione avvenisse nel limite “delle posizioni organiche previste per il ruolo e il grado”.

Di tutt’altro parere il Consiglio di Stato, che accoglie l’ Appello del Ministero della Difesa. In definitiva, la “possibilità” – alla quale l’art. 33, co. 5, l. n. 104/1992, subordina il “diritto” del lavoratore a scegliere la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere , nell’ ambito delle Forze Armate può avvenire soltanto nel limite “delle posizioni organiche previste per il ruolo e il grado”.

Quindi, contrariamene a quanto ritenuto nella sentenza impugnata, la valutazione complessiva dello stato del militare comporta che, presso il reparto di destinazione richiesto, vi sia una posizione corrispondente per ruolo, grado, specifica professionalità ed incarico conseguentemente assegnato e svolto, tale da rendere possibile la richiesta assegnazione.

In altre parole, non può sostenersi, come invece affermato dalla sentenza impugnata, che “nell’ambito di ciascun ruolo e grado, allorquando sia rispettato il principio di equivalenza delle mansioni, è possibile adibire il lavoratore a compiti diversi”, poiché occorre, invece – in tal modo rendendo possibile l’incontro tra “stato” del militare ed esigenze di complessiva funzionalità delle Forze Armate – che nella sede richiesta vi sia una posizione “identica” a quella ricoperta in atto. Di seguito la sentenza integrale,clicca QUI

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6915 del 2016, proposto da:
Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge
dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Omissis, non costituito in giudizio;
per la riforma della sentenza breve del T.A.R. PUGLIA, SEZ. I n. 00306/2016, resa tra le parti, concernente
diniego riconoscimento beneficio trasferimento ex art. 33, co. 5 legge 104/1992 Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 12 dicembre 2017 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le
parti l’avv.to dello Stato Cesaroni;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
1.1.Con l’appello in esame, il Ministero della Difesa impugna la sentenza 9 marzo 2016 n. 306, con
la quale il TAR per la Puglia, sez. I della sede di Bari, in accoglimento del ric Omissis, ha annullato il provvedimento 13 ottobre 2015 n. 0017987, recante il mancato riconoscimento del beneficio del trasferimento, ai sensi dell’art. 33, co. 5, l. n. 104/1992.
Il caporale Omissis, in servizio presso il IX reggimento fanteria “Bari” in Trani, aveva richiesto il
trasferimento presso un reparto dislocato nella sede di Lecce, per prestare assistenza al padre,
portatore di handicap grave.
Tale istanza veniva respinta, in quanto i reparti dislocati nella sede richiesta non presentavano, allo
stato, esigenze di alimentazione nell’incarico posseduto dall’interessato (pilota mezzi cingolati),
ovvero non prevedevano tale incarico nell’ambito delle posizioni elencate nelle vigenti tabelle
organiche. Inoltre, il deficit di personale nell’unità di impiego attuale del militare, non consentiva,
allo stato, sottrazioni di ulteriori unità.

1.2. La sentenza impugnata ha, in particolare, affermato:
– “la possibilità di inserimento del lavoratore nella sede richiesta non può dirsi certamente preclusa
allorquando manchi un’esatta corrispondenza tra la specifica posizione ricoperta nella sede di
provenienza e quelle previste nell’organico della sede di destinazione, dovendo tale possibilità
essere verificata avendo come riferimento il ruolo ed il grado ricoperti”;

– “nell’ambito di ciascun ruolo e grado, allorquando sia rispettato il principio di equivalenza delle
mansioni, è possibile adibire il lavoratore a compiti diversi, che tengano conto sia del livello
professionale raggiunto che del patrimonio professionale acquisito”, di modo che “il lavoratore
trasferito ad altra sede (può essere) utilmente adibito ad un diverso incarico conforme al ruolo e
grado ricoperti, in posto disponibile dell’incarico e tuttavia vacante”;
– a tali “coordinate è possibile derogare solamente ove il trasferimento al ruolo e al grado sia
insufficiente a soddisfare, nonostante il carattere temporaneo dell’assegnazione, ulteriori e
prevalenti esigenze dell’amministrazione”, delle quali “occorre dare atto con motivazione
stringente”;

– inoltre, il militare non risulta utilizzato nella specifica posizione di “pilota mezzi cingolati”, bensì
come “pilota di mezzi blindati e consegnatario/operatore del sistema simulatore FATS”, incarico
quest’ultimo che potrebbe essere svolto presso il 31° reggimento carri Lecce ovvero presso la
Caserma Floriani di Torre Veneri (come sostenuto dal ricorrente e non smentito dall’amministrazione).
1.3. Avverso tale decisione, vengono proposti i seguenti motivi di appello (come desunti dalle pagg.
2 – 7 del ricorso):
a) error in iudicando; violazione art. 981 Codice militare, poiché tale articolo consente l’applicazione dell’art. 33, co. 5 l. n. 104/1992 al personale militare, compatibilmente con il proprio stato e nel limite delle posizioni organiche previste per il ruolo ed il grado, vacanti nella sede di destinazione richiesta. Ciò nel senso che “il limite all’assegnazione presso una determinata sede è costituito non da una pura e semplice disponibilità di un posto in un ruolo e grado corrispondente a quello dell’istante, ma dalla sussistenza di una posizione organica vacante tra quelle previste per i singoli gradi e ruoli”. In definitiva, occorre “la sussistenza di un posto vacante, con riferimento non solo al ruolo ed al grado, ma alla posizione organicamente prevista per ciascun ruolo e grado”,
attese le esigenze organizzative dell’Esercito e la connessa specializzazione dei compiti che è tipica
dell’ordinamento militare”;

b) error in iudicando, poiché il ricorrente non ha fornito in I grado alcuna prova della sua diversa utilizzabilità, come affermata in sentenza; al contrario, risulta che negli ultimi dieci anni egli ha sempre disimpegnato l’incarico di “pilota di mezzi corazzati” (come da documentazione caratteristica) ed inoltre che presso il reparto di appartenenza non esiste l’incarico di “consegnatario/operatore del sistema simulatore FATS”.
1.4. L’appellato non si è costituito in giudizio.
Con ordinanza 14 ottobre 2016 n. 4559, questa Sezione ha accolto la domanda di sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata.
All’udienza pubblica di trattazione, la causa è stata riservata in decisione.
DIRITTO
2. L’appello è fondato.
2.1. L’art. 981 d. lgs. 15 marzo 2010 n. 66 (Codice dell’ordinamento militare), prevede, per quel
che interessa nella presente sede:
“1. Al personale militare, compatibilmente con il proprio stato, continuano ad applicarsi le seguenti
norme:…
b) articolo 33, comma 5, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni, nel limite,
per il personale di Esercito italiano, Marina militare, Aeronautica militare e Arma dei Carabinieri,
delle posizioni organiche previste per il ruolo e il grado, vacanti nella sede di richiesta destinazione.
In costanza di riconoscimento del diritto previsto da tale norma, il personale dell’Esercito italiano,
della Marina militare, dell’Aeronautica militare e dell’Arma dei carabinieri interessato non è
impiegabile in operazioni in ambito internazionale o in attività addestrative propedeutiche alle
stesse…..”
Questo Consiglio di Stato, già con la citata ordinanza n. 4559/2016, ha affermato l’insussistenza di
sufficiente fumus boni juris del ricorso “con riferimento alla necessità di valutare, ai fini della
concedibilità del beneficio ex art. 33, co. 5, l. n. 104/1992, non solo la disponibilità di un posto in
ruolo e grado corrispondente, ma la sussistenza di una posizione organica vacante tra quelle previste
per i singoli gradi e ruoli, corrispondente a quella propria dell’istante”.

Inoltre, con riferimento al caso oggetto del presente giudizio, ed in coerenza con l’interpretazione
resa in sede cautelare, la giurisprudenza amministrativa (Cons. Stato, sez. IV, 31 marzo 2015 n.
1678) – che il Collegio intende ribadire – ha affermato che “il militare deve trovare utile
collocazione organica, nell’ambito della sede chiesta, in ragione dell’incarico posseduto; in
sostanza, se il militare è stato formato per svolgere un determinato incarico . . . l’istanza potrà
essere accolta solo nella sede chiesta può essere impiegabile in ragione della formazione ricevuta e
dell’esperienza posseduta”

In definitiva, la “possibilità” – alla quale l’art. 33, co. 5, l. n. 104/1992, subordina il “diritto” del
lavoratore a scegliere la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere – nell’ambito delle Forze Armate si concretizza nella verifica che, presso la sede richiesta, vi sia una collocazione compatibile con lo “stato” del militare, e che l’assegnazione possa, dunque, avvenire nel limite “delle posizioni organiche previste per il ruolo e il grado”.
Contrariamene a quanto ritenuto nella sentenza impugnata, la valutazione complessiva dello stato del militare comporta che, presso il reparto di destinazione richiesto, vi sia una posizione corrispondente per ruolo, grado, specifica professionalità ed incarico conseguentemente assegnato e svolto, tale da rendere possibile la richiesta assegnazione.

In altre parole, non può sostenersi, come invece affermato dalla sentenza impugnata, che “nell’ambito di ciascun ruolo e grado, allorquando sia rispettato il principio di equivalenza delle mansioni, è possibile adibire il lavoratore a compiti diversi”, poiché occorre, invece – in tal modo rendendo possibile l’incontro tra “stato” del militare ed esigenze di complessiva funzionalità delle Forze Armate – che nella sede richiesta vi sia una posizione “identica” a quella ricoperta in atto.

2.2. Né possono, a tali fini, assumere rilevanza, ai fini della comparazione, eventuali compiti che il militare assume di svolgere “in fatto” presso la sede di appartenenza, in quanto, nell’ambito del pubblico impiego – e in particolar modo per il personale in regime di diritto pubblico – ciò che occorre considerare è la posizione attribuita al dipendente in base ad atti formali.
2.3. Per tutte le ragioni sin qui esposte, l’appello deve essere accolto, con riferimento ad entrambi i motivi proposti e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere rigettato il ricorso instaurativo del giudizio di I grado.
Stante la natura delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese ed
onorari del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta),
definitivamente pronunciando sull’appello proposto dal Ministero della Difesa (n. 6915/2016 r.g.),
lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, rigetta il ricorso instaurativo del
giudizio di I grado.
Compensa tra le parti spese ed onorari del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

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