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L’area ex Nato a Bagnoli. Il pubblico si dilegua, i privati incassano

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«Dentro a queste stanze decisero di bombardare Belgrado, città meravigliosa. Era il 1999…», sussurra Paolo mentre camminiamo nella penombra del lungo corridoio. Sui muri ci sono ancora le targhette plastificate. Studi e uffici con nomi, loghi e bandierine.

Tedeschi, sloveni, francesi. Militari, amministrativi, cappellani. In un’ampia sala al primo piano, invece, un tavolo ovale e alcuni fogli con appunti. Sulla parete un cartellone con il logo della Apple e la scritta Welcomes, ricordo degli incontri di qualche mese fa, quando i dirigenti della multinazionale americana – il cui sbarco sotto il Vesuvio veniva sbandierato con enfasi da stampa e istituzioni – si erano interessati agli spazi dell’ex base Nato di Bagnoli.

Il progetto è finito poi a San Giovanni, rivelandosi null’altro che un corso di formazione per duecento giovani sotto i trent’anni.

Il freddo di questo venerdì d’inizio gennaio si sposa alla perfezione con i malinconici vuoti dell’ex complesso militare, orfano delle truppe internazionali dal 2013.

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