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La Corte Costituzionale annienta i benefici combattentistici

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Roma, 12 novembre 2016 – La Corte Costituzionale ha annientato i benefici combattentistici per il personale militare “che per conto dell’O.N.U. abbia prestato o presti servizio in zone d’intervento”.

Quali sarebbero questi benefici annientati?

I benefici sono, o forse è meglio dire erano, di natura previdenziale, pensionistica e stipendiale connessi all’articolo unico della legge 11 dicembre 1962, n.1746: “Al personale militare, che per conto dell’O.N.U. abbia prestato o presti servizio in zone d’intervento, sono estesi i benefici previsti dalle norme in favore dei combattenti. Le zone d’intervento sono indicate con apposite disposizioni dello Stato Maggiore della Difesa”.

Dal 1962, in estrema sintesi, si sono concretizzati in scatti sul trattamento stipendiale avente la progressione correlata all’anzianità di servizio (attualmente la progressione è rimasta tale solo per gli ufficiali dirigenti ed omogeneizzati tali) e non hanno avuto nessun riscontro sul trattamento pensionistico e previdenziale, fatto salvo per i singoli ricorrenti, nonostante le molteplici pronunce della Magistratura Amministrativa e Contabile. Per l’approfondimento si rimanda al mio contributo di pensiero del 2013 (>>LINK)

Il giudice delle leggi, con la sentenza n. 240 del 2016, mette fine alla querelle indicando la volontà espressa dal legislatore, invero secondo la Consulta: ”il legislatore ha sempre dimostrato di aver avuto ben presente la distinzione tra le campagne di guerra e le missioni ONU, tanto che ha ritenuto di estendere ai partecipanti alle suddette missioni alcune provvidenze riservate alle campagne di guerra (l’art. 2, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, recante «Testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra», ha esteso ai militari la spettanza della pensione, assegno o indennità di guerra), mentre per le altre ha escluso espressamente tale estensione (l’art. 5, comma 2, della legge 9 ottobre 1971, n. 824, recante «Norme di attuazione, modificazione ed integrazione della legge 24 maggio 1970, n. 336, concernente norme a favore dei dipendenti dello Stato ed enti pubblici ex combattenti ed assimilati», precisa che le disposizioni della legge 24 maggio 1970, n. 336, recante «Norme a favore dei dipendenti civili dello Stato ed Enti pubblici ex combattenti ed assimilati», «non si applicano al personale di cui alla legge 11 dicembre 1962, n. 1746»)”.

E ancora: “I ricorrenti dei giudizi a quibus aspirano a provvidenze aventi natura retributiva e pensionistica che attualmente l’ordinamento riserva ai soli «combattenti» in «campagne di guerra», il raffronto non andrebbe fatto tenendo conto dei rischi mortali presenti in entrambe le situazioni, ma tra il trattamento complessivo riservato ai militari partecipanti alle missioni svolte per conto dell’ONU e quello destinato ai «combattenti». Ed al riguardo, per quanto si è detto, non sussiste alcuna sperequazione tra la posizione del militare che nell’ambito di un servizio svolto professionalmente decida volontariamente di partecipare a missioni internazionali e che quindi riceva un peculiare trattamento retributivo e stipendiale, comunque migliorativo rispetto a quello normalmente percepito nel corso del rapporto di lavoro, e quella dell’arruolato in seguito a provvedimenti più o meno generali di richiamo alle armi, cui spetterebbe – allo stato della legislazione esistente – oltre alla sola supervalutazione di cui all’art. 18 del d.P.R. n. 1092 del 1973, un compenso giornaliero, il cosiddetto “soldo”, poco più che simbolico”.

La sentenza sicuramente ristabilisce la pari dignità sociale tra i ruoli ufficiali, sottufficiali, graduati e truppa ma è ben lungi dalle aspettative dei militari!

Antonio De Muro

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