Nell’imminenza della visita in Sardegna dei vertici dell’Amministrazione Penitenziaria, è ferma la presa di posizione della Segreteria regionale sarda del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria. Spiega Luca Fais, Segretario regionale del SAPPE per la Sardegna:
“I vertici del DAP sono in Sardegna, i problemi sono tanti, fra tutti le camere di sicurezza presso gli ospedali e l’adeguamento dell’organico della polizia penitenziaria. Nei primi mesi dell’anno sembrava che la criticità sulle camere di sicurezza si stesse risolvendo ma improvvisamente si è arenato tutto ed i poliziotti continuano ad essere buttati nelle corsie degli ospedali a piantonare detenuti di ogni genere.
Qualche mese fa i poliziotti di Uta hanno piantonato per un mese intero un detenuto a cento chilometri dall’istituto mentre i colleghi di Oristano sono rimasti per tre settimane nel reparto si psichiatria con i malati che gli passeggiavano a fianco, con gravi rischi per la sicurezza. Un piantonamento richiede una media di 10 unità al giorno che vengono sottratti dal reparto e tale disagio non può essere aggravato a causa delle modalità di svolgimento del servizio.
Le unità di polizia penitenziaria sono sempre poche ed i pensionamenti sono tantissimi, motivo per cui bisogna attivarsi per incentivare le assunzioni e fare in modo che i poliziotti lavorino in condizioni accettabili. Le camere di sicurezza sono una tutela per tutti gli operatori e per chi accede in ospedale a vario titolo, pertanto tale condizione va sanata al più presto.
Auspichiamo che i vertici del DAP visionino attentamente tutte le problematiche dei penitenziari sardi e concertino con il ministro della giustizia tutti gli interventi necessari per garantire sicurezza al personale di polizia penitenziaria”.
Donato Capece, segretario generale del SAPPE, sposa le ragioni della Segreteria regionale SAPPE della Sardegna e denuncia: “I drammi quotidiani delle carceri sarde e italiane passano nella indifferenza di tutti coloro che hanno rincorso e rincorrono una emergenza Coronavirus che, per fortuna, nelle sbarre delle celle italiane è stata ed è contenuta.
Sarebbe grave se queste morti passassero nella indifferenza di quanti – garanti dei detenuti ed associazionismo vario – hanno ricercato il clamore di un contagio esponenziale – che non c’è e non c’è stato, per fortuna – del coronavirus nelle celle. Indifferenza che contraddistingue anche Ministero della Giustizia e Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria. E’ evidente a tutti che è necessario intervenire con urgenza per fronteggiare le costanti criticità penitenziarie. Il SAPPE è sceso in piazza tre volte in poche settimane proprio per denunciare l’assenza di provvedimenti per la Polizia Penitenziaria ed il sistema carcere. Il suicidio è spesso la causa più comune di morte nelle carceri.
Gli istituti penitenziari hanno l’obbligo di preservare la salute e la sicurezza dei detenuti, e l’Italia è certamente all’avanguardia per quanto concerne la normativa finalizzata a prevenire questi gravi eventi critici. Da tempo il SAPPE denuncia, inascoltato, che la sicurezza interna delle carceri è stata annientata da provvedimenti scellerati come la vigilanza dinamica e il regime aperto, l’aver tolto le sentinelle della Polizia Penitenziaria di sorveglianza dalle mura di cinta delle carceri, la mancanza di personale – visto che le nuove assunzioni non compensano il personale che va in pensione e che è dispensato dal servizio per infermità -, il mancato finanziamento per i servizi anti intrusione e anti scavalcamento.
La realtà è che sono state smantellate le politiche di sicurezza delle carceri preferendo una vigilanza dinamica e il regime penitenziario aperto, con detenuti fuori dalle celle per almeno 8 ore al giorno con controlli sporadici e occasionali.”
Roma, 28 luglio 2020
Dott. Donato CAPECE – segretario generale SAPPE
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