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Il sindacato L.R.M. scrive ai politici: No a legge che ricorda l’epoca fascista

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Non sembrano placarsi le polemiche dopo l’ approvazione in Commissione Difesa del pdl sulla sindacalizzazione dei militari.

Gli articoli della legge che disciplinerà l’attività dei sindacalisti militari, anziché contenere norme volte a liberalizzare l’attività sindacale, sembrano un concentrato di restrizioni stilate al solo fine di ridurre i margini d’intervento dei sindacalisti con le stellette.

Di questo né è fortemente convinto il sindacato L.R.M. , che ha addirittura paragonato l’attuale proposta di legge alla legge nr. 563 dell’ aprile 1926,  stilata in piena epoca fascista e denominata Confederazione generale fascista dell’industria italiana”-


L.R.M: ” LIbera Rappresentanza Futuro”,  ha scritto una lettera aperta alle massime cariche dello Stato e alle maggiori sigle sindacali esistenti. La pubblichiamo di  seguito.

“Lettera aperta no alla proposta di legge sul Sindacato di tipo Corporativo dei Militari che ricorda i Sindacati Corporativi dell’epoca fascista”.   S.O. S. DIRITTI!

   Nell’aprile dello scorso anno la Corte costituzionale, con la sentenza n. 120/2018, ha finalmente cancellato l’anacronistico divieto di sindacalizzazione delle Forze Armate. Questo significa che i militari hanno vissuto, per settant’anni, in una condizione di incostituzionalità di fatto.

   Un riconoscimento epocale che ci mette in linea con tutti i colleghi europei che godono dei diritti sindacali.

   Attraverso questa lettera e nostro intendimento è quello di segnalare il testo emanato sulla legge dei diritti sindacali elaborato dalla “Quarta Commissione Difesa della Camera” a firma dell’On. Emanuela Corda ed altri membri della medesima commissione.

Noi del Sindacato L.R.M. reputiamo non idoneo democraticamente a tutela dei diritti delle lavoratrici e lavoratori dei Militari che in alcuni passaggi sembrano similari se non simili alla confederazione dei sindacati fascisti e corporativi del 1926.

    Siamo preoccupati non solo per il futuro delle lavoratrici e dei lavoratori militari ma del pericoloso precedente storico che se questa proposta venga trasformata in legge calpesterebbe la nostra carta dei diritti.

    Non si può accettare che la competenza sulle controversie in materia di comportamento antisindacale sia stata devoluta al giudice amministrativo e non al naturale giudice del lavoro.

Troviamo singolare il tentativo di individuare normativamente delle Commissioni Centrali e periferiche di conciliazione per la definizione bonaria delle controversie, istituendole in seno al Ministero della Difesa con nomina da parte del Ministro “un passaggio pericoloso che rievoca il giudice del lavoro nelle modalità imposte all’epoca ai sindacati corporativi di ventennale memoria.

     E‘ improponibile che l’amministrazione che decide per l’amministrazione e i TAR del Lazio con i suoi biblici tempi e tutele ‘a singhiozzò.  

Addirittura, sempre nella proposta leggiamo che vengono posti incredibilmente limiti anche alla democratica scelta dei militari iscritti che non potranno scegliere liberamente i propri rappresentanti.

     Una modello di Sindacato che assomiglia a quelli dell’epoca ventennale memoria, altro che legge epocale in tempi di democrazia moderna.

Il Parlamento ponga rimedio a questo scempio e non macchi la legislatura con un’onta che ricadrebbe in tutta la comunità militare sia nazionale che europea”.

La storia ci insegna che nel 1926 fu costituita la “Confederazione generale fascista dell’industria italiana” ai sensi della legge 3 aprile 1926, n. 563.

Aveva sede in Roma e inquadrava sotto di sé le Federazioni nazionali di categoria, che rappresentavano i datori di lavoro di un ciascun settore (industrie estrattive, fibre tessili, legno, ecc.) e sul territorio si articolava in unioni provinciali.

Nel 1934 fu denominata “Confederazione fascista degli industriali”.

Con questa legge del 1926 venne, tra l’altro, realizzata l’istituzionalizzazione dei sindacati fascisti e legalizzato il loro monopolio per la rappresentanza dei lavoratori.

     Ciò andava a significare che le Corporazioni divennero organi controllati dall’amministrazione statale, con “funzioni di conciliazione, di coordinamento ed organizzazione della produzione e di riconciliazione attraverso i tribunali del lavoro in caso di controversie tra il datore e il lavoratore”.

      Quindi leggendo il testo sulla legge dei sindacati militari ci vengono in mente gli spettri del fascismo e delle sue corporazioni.

Noi del sindacato L.R.M. faremo tutto il nostro possibile per bloccare questa pericolosa legge sul sindacato “corporativo” dei Militari, e la nostra amarezza più profonda e verso coloro che hanno scritto il testo dimostrando una certa superficialità e leggerezza nei riguardi della nostra Costituzione e della nostra storia della repubblica italiana.

     Dedichiamo a tutti i promotori e firmatari della proposta di legge sui diritti sindacali della Quarta Commissione Difesa uno stralcio del discorso del Professor il giurista Piero Calamandrei del suo intervento sulla costituzione all’università di Milano il 26 gennaio del 1955.Per leggere l’intervento clicca QUI     

       Ci sentiamo dunque calpestati nella dignità non solo di servitori dello stato ma anche da cittadini della Repubblica italiana, bastavano delle piccole limitazioni legittime come “il divieto di scioperare e il trattare argomenti attinenti al servizio”, per il resto si poteva estendere a tutti i militari una legge equa a quella dei colleghi della Polizia di Stato in tema di diritti sindacali.

      Difenderemo con ogni mezzo consentito dalla legge i nostri diritti ma soprattutto i principi della nostra costituzione rinnegando una proposta di legge sindacale di tipo corporativo similare a quella dei sindacati “fascisti”.

      Fiduciosi della vostra attenzione, augurandoci che la Commissione Difesa riveda la sua proposta di legge, ascoltando le organizzazioni sindacali dei militari.

Evviva l’Italia!

Evviva la Repubblica!

Evviva la Costituzione!

Evviva l’Esercito!

Associazione Sindacale

LIBERA RAPPRESENTANZA DEI MILITARI

sindacatolrm@gmail.com  www.sindacatolrm.it  www.piattaforma21.net


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Stralcio del discorso del Professor il giurista Piero Calamandrei del suo intervento sulla costituzione all’università di Milano il 26 gennaio del 1955.

La costituzione è un pezzo di carta, la lasciò cadere e non si muove. Perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile, bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità. Per questo una delle offese che si fanno alla costituzione è l’indifferenza alla politica, l’indifferentismo politico che è -non qui, per fortuna, in questo uditorio, ma spesso in larghe categorie di giovani- una malattia dei giovani.

      ”La politica è una brutta cosa”, “che me ne importa della politica”: quando sento fare questo discorso, mi viene sempre in mente quella vecchia storiellina, che qualcheduno di voi conoscerà, di quei due emigranti, due contadini, che traversavano l’oceano su un piroscafo traballante. Uno di questi contadini dormiva nella stiva e l’altro stava sul ponte e si accorgeva che c’era una gran burrasca con delle onde altissime e il piroscafo oscillava:


E allora questo contadino impaurito domanda a un marinaio: “Ma siamo in pericolo?”, e questo dice: “Se continua questo mare, il bastimento fra mezz’ora affonda”. Allora lui corre nella stiva svegliare il compagno e dice: “Beppe, Beppe, Beppe, se continua questo mare, il bastimento fra mezz’ora affonda!”. Quello dice:” Che me ne importa, non è mica mio!”. Questo è l’indifferentismo alla politica.

È così bello, è così comodo: la libertà c’è. Si vive in regime di libertà, c’è altre cose da fare che interessarsi alla politica.  E lo so anch’io! Il mondo è così bello, ci sono tante cose belle da vedere, da godere, oltre che occuparsi di politica.

La politica non è una piacevole cosa. Però la libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni, e che io auguro a voi, giovani, di non sentire mai, e vi auguro di non trovarvi mai a sentire questo senso di angoscia, in quanto vi auguro di riuscire a creare voi le condizioni perché questo senso di angoscia non lo dobbiate provare mai, ricordandovi ogni giorno che sulla libertà bisogna vigilare, dando il proprio contributo alla vita politica.

La costituzione, vedete, è l’affermazione scritta in questi articoli, che dal punto di vista letterario non sono belli, ma è l’affermazione solenne della solidarietà sociale, della solidarietà umana, della sorte comune, che se va a fondo, va a fondo per tutti questo bastimento.

È la carta della propria libertà, la carta per ciascuno di noi della propria dignità di uomo. Io mi ricordo le prime elezioni dopo la caduta del fascismo, il 2 giugno 1946, questo popolo che da venticinque anni non aveva goduto le libertà civili e politiche, la prima volta che andò a votare dopo un periodo di orrori- il caos, la guerra civile, le lotte le guerre, gli incendi. Ricordo- io ero a Firenze, lo stesso è capitato qui- queste file di gente disciplinata davanti alle sezioni, disciplinata e lieta perché avevano la sensazione di aver ritrovato la propria dignità, questo dare il voto, questo portare la propria opinione per contribuire a creare questa opinione della comunità, questo essere padroni di noi, del proprio paese, del nostro paese, della nostra patria, della nostra terra, disporre noi delle nostre sorti, delle sorti del nostro paese.

Quindi, voi giovani alla costituzione dovete dare il vostro spirito, la vostra gioventù, farla vivere, sentirla come cosa vostra, metterci dentro il senso civico, la coscienza civica, rendersi conto- questa è una delle gioie della vita- rendersi conto che ognuno di noi nel mondo non è solo, che siamo in più, che siamo parte di un tutto, nei limiti dell’Italia e nel mondo.

Tutti i nostri dolori, le nostre sciagure, le nostre glorie son tutti sfociati in questi articoli. E a sapere intendere, dietro questi articoli ci si sentono delle voci lontane. Dell’art. 52, io leggo, a proposito delle forze armate,” l’ordinamento delle forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica” esercito di popolo, ma questo è Garibaldi.

Quanto sangue e quanto dolore per arrivare a questa costituzione! Dietro a ogni articolo di questa costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi, caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa carta.

Quindi, quando vi ho detto che questa è una carta morta, no, non è una carta morta, questo è un testamento, un testamento di centomila morti.

Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero perché lì è nata la nostra costituzione”.


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