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IL NUOVO ORIENTAMENTO DELL’ARAN: LE FERIE NON GODUTE VANNO PAGATE ANCHE IN CASO DI DIMISSIONI VOLONTARIE.

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11 marzo 2024 1° Lgt. in pensione Antonio Pistillo

Prima di entrare nel merito della sentenza della CGUE che ha condannato l’Italia perché le ferie non godute vanno sempre pagate e del nuovo orientamento dell’Aran, è opportuno segnalare che la giurisprudenza recente è stata concorde nel sostenere che “il diritto al compenso sostitutivo delle ferie non godute dal pubblico dipendente, discenda direttamente dallo stesso mancato godimento delle ferie, in armonia con l’art. 36 Cost., quando sia certo che tale vicenda non sia stata determinata dalla volontà del lavoratore e non sia a lui comunque imputabile”.

Principio da ultimo ribadito dalla sentenza del Consiglio di Stato – Sezione II n. 2349/2022. Il 18/01/2024, la CGUE ha pubblicato una sentenza con cui è nuovamente intervenuta riguardo alla giusta interpretazione che tutti gli stati membri (in particolare, l’Italia coinvolta direttamente nel procedimento appena concluso), devono alla disciplina comunitaria sull’indennità finanziaria per le ferie annuali retribuite non godute dal dipendente pubblico al termine del suo rapporto di lavoro.

Il caso prende le mosse dalla domanda presentata da un ex dipendente pubblico del Comune di Copertino che, impugnando il rifiuto oppostigli dall’ente alla sua richiesta di liquidazione dell’indennità per le ferie non godute in quanto dimessosi volontariamente, lo aveva convenuto in giudizio insistendo per l’accoglimento della sua pretesa economica.

In sintesi, la Corte ha dichiarato che l’articolo 7 della direttiva 2003/88 e l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta devono essere interpretati nel senso che impediscano a una normativa nazionale, per ragioni attinenti al contenimento della spesa pubblica e alle esigenze organizzative del datore di lavoro pubblico, di prevede il divieto di monetizzare le ferie maturate e non godute alla data della cessazione del rapporto di lavoro, anche in caso di dimissione volontarie qualora non abbia dimostrato di non aver goduto delle ferie per ragioni indipendenti dalla sua volontà.

Dopo la pronuncia della Corte di Giustizia Europea sull’indennità da ferie non godute, il 09/02/2024 si è espressa anche l’Aran pubblicando un orientamento sul proprio sito, in risposta al quesito, del comparto Istruzione e Ricerca, se nell’ipotesi in cui il dipendente non goda delle ferie maturate e non fruite entro il termine stabilito dalla normativa contrattuale, il diritto al loro godimento deve essere considerato decaduto?

In risposta l’Aran, confermata l’irrinunciabilità del diritto alle ferie, ha precisato che la fruizione dovrà essere adeguatamente monitorata dall’amministrazione che dovrà adottare ogni condotta utile affinché il lavoratore sia posto nelle migliori condizioni possibili per esercitare il suo diritto, concludendo che il datore di lavoro non può procedere all’automatico azzeramento del monte ferie non utilizzato dal lavoratore, semplicemente prendendo atto che le stesse non sono state fruite entro i tempi contrattuali, ma prima di poter procedere in tal senso, dovrà verificare (e quindi conseguentemente dimostrare al dipendente) di aver esercitato tutta la diligenza necessaria affinché il lavoratore fosse messo effettivamente in condizione di fruire delle ferie annuali retribuite alle quali aveva diritto (Corte UE 6.10.2018 in causa C- 684/16, punti da 45 a 47). In sintesi, l’Aran ha spiegato che l’amministrazione è tenuta ad assicurarsi che il lavoratore fruisca delle ferie annuali retribuite, invitandolo, se necessario formalmente, a fruirne in tempo utile a garantire che le stesse siano ancora idonee ad apportare all’interessato il riposo, significando che sarà la stessa amministrazione che dovrà assumere un atteggiamento costruttivo nei confronti del lavoratore, pianificando i periodi ferie con un congruo preavviso e prestando attenzione alle ferie residue del dipendente, così da agevolarlo a goderne in modo pieno ed effettivo. Il parere dell’Aran, anche se riferito al CCnl del comparto di cui sopra, è importante anche per le indicazioni generali utilizzabili da tutte le amministrazioni pubbliche, pertanto si consiglia di inoltrare, subito dopo la cessazione dal servizio, istanza di monetizzazione delle ferie residue.

Al riguardo, la giurisprudenza ha affermato che, trattandosi di un diritto che insorge soltanto nel momento in cui viene a cessare il rapporto lavorativo, il termine di prescrizione non può che iniziare a decorrere da quando il lavoratore è in pensione.

Questo significa che anche coloro che, ad esempio, hanno cessato il loro rapporto di lavoro molti anni fa, e fino al massimo del termine prescrizionale di 10 anni, possono ancora legittimamente reclamare il pagamento dell’indennizzo per i giorni di ferie maturati durante il lavoro e non fruiti. Si consiglia, al momento, anche se non sufficiente ma necessario, di presentare istanza all’ultimo Ente di servizio per la monetizzazione delle ferie maturate e non godute a seguito di cessazione dal servizio a qualsiasi titolo, se dalla data del congedo non siano trascorsi più di 10 anni.

A tal fine, si allega fac simile di istanza in word.Clicca QUI

Infine, si approfitta dell’occasione per evidenziare che tali principi furono esplicati, in tempi non sospetti, in alcune istanze predisposte da chi scrive relative al personale di truppa non in servizio permanente che, normalmente, veniva posto in congedo con un cumulo di ore che, non potendo essere pagate, dovevano essere necessariamente fruite in servizio.

L’istanza, oltre a chiedere i giorni di licenza, evidenziava che la stessa scaturiva dal fatto che l’amministrazione non aveva adempiuto all’obbligo di porre l’interessato in licenza, d’ufficio, per un numero di giorni, corrispondenti alle ore maturate, a ritroso dalla data di fine ferma e che in caso di rifiuto ci si sarebbe avvalsi della facoltà di far emergere gli eventuali responsabili di tale inadempienza.

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