“Prima di addormentarmi, in terapia intensiva, ho chiamato la mia fidanzata e l’ho tranquillizzata. Poi ho chiesto al medico di aggiornare i miei familiari sulle mie condizioni i giorni successivi. Vivono a settecento chilometri di distanza e io non avrei potuto farlo”. Così Luigi Nasta, agente di Polizia Penitenziaria originario della provincia di Caserta e in servizio nella casa circondariale di Vicenza, il primo operatore penitenziario colpito dal virus , racconta al portale della giustizia gnews uno dei momenti più drammatici della sua malattia.
“L’esperienza più dura della mia vita che ho trovato la forza di affrontare pensando a tutto quello per cui dovevo lottare, alle persone che amo, al lavoro che ho scelto, ai colleghi sempre vicini nel sostenermi. Devo poi moltissimo non solo alla competenza ma anche alla sensibilità del personale sanitario che mi ha curato”. Mentre Luigi era in coma farmacologico, quel medico – “che ringrazierò a vita”- racconta a gnews– ha trovato il tempo di chiamare e rassicurare ogni giorno la famiglia che risiede a Caserta e che non avrebbe potuto in alcun modo raggiungerlo per essergli vicina.
La storia di Luigi – ventinove anni, in perfetta salute quando è stato colpito dal virus – smentisce intanto il luogo comune ancora diffuso, che in terapia intensiva finiscano solo persone anziane o fragili. La sua vicenda racconta molto del dramma che stiamo tutti vivendo, di medici in trincea, di separazioni dolorose ma anche di quanto sia importante essere responsabili, fiduciosi e solidali.
“Lontano dalla famiglia, non mi sono mai sentito solo grazie ai miei colleghi. Mentre ero intubato, pensavo a loro, a quello che stava succedendo ‘fuori’ e soprattutto mi chiedevo se avessi contagiato qualcuno. È stata la prima domanda che ho fatto al Comandante”.
Luigi Nasta non ha contagiato nessuno soprattutto perché si è comportato in maniera responsabile. Appena colpito dall’influenza, benché si fosse alla fine di febbraio, non ancora nel pieno dell’emergenza si è auto isolato dopo aver contattato la Guardia Medica. Decisivo il ruolo del comandante Giuseppe Testa che dopo sette giorni di febbre, un primo contatto con gli operatori della ASL che lo invitavano, nonostante la tosse e i primi dolori alla trachea a rimanere in isolamento domiciliare, lo ha convinto a recarsi al Pronto soccorso. Sottoposto a tampone, è risultato positivo, quando già erano iniziate le crisi respiratorie.
I difficili giorni che sono seguiti, prima in terapia intensiva, poi nel reparto malattie infettive e infine nell’ospedale di Noventa Vicentina, sono stati vissuti con la determinazione a non cedere e tornare prima possibile alla sua vita di sempre.
“Una volta uscito dall’intensiva, mi hanno detto che non sarebbe potuto venire un fisioterapista per rimettermi in piedi dopo tanti giorni di immobilità. Così ho iniziato a muovermi da solo, a fare i primi passi di nascosto dei medici. La dottoressa che mi seguiva si è meravigliata del fatto che già fossi in grado di stare in piedi e camminare”.
Luigi è del tutto guarito e ieri è tornato a casa, cioè in caserma dove trascorrerà la convalescenza perché chissà ancora per quanto tempo non potrà tornare a Caserta e rivedere i suoi cari. Se avrà bisogno di controlli, potrà effettuarli nel tendone pre-triage allestito nel piazzale della Casa circondariale di Vicenza.
“Quando sono tornato in caserma – conclude – i miei colleghi avrebbero voluto tutti abbracciarmi, ma questo ovviamente non è possibile. Il loro calore mi è arrivato lo stesso. Ci sarà tempo per gli abbracci veri. L’importante è che ora sento di essere tornato ‘in famiglia’”.
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