Il generale Gerometta: Le famiglie sono in seria difficoltà. Grazie a governo per contributo 80 euro, ora renderlo strutturale e incrementare FESI alle tre forze armate
I militari italiani sono sempre più impegnati sul territorio nazionale al fianco delle forze di polizia per garantire la sicurezza dei nostri concittadini. È diventato, infatti, molto comune incontrare pattuglie congiunte con divise diverse, accumunate però da un medesimo obiettivo. Ci sono, invece, differenze sostanziali per quanto riguarda il loro trattamento, rispetto a quello dei colleghi. IL VELINO ne ha parlato con il presidente del CoCeR (Consiglio Centrale di Rappresentanza), il generale di divisione Paolo Gerometta. Generale, i militari che operano sul territorio nazionale hanno un uguale trattamento rispetto a quello di cui godono le forze di polizia impegnate negli stessi compiti?L’operazione “Strade Sicure” è un chiaro esempio di come la cooperazione e lo sviluppo di sinergie tra forze armate e di polizia stia toccando livelli mai raggiunti in precedenza, con evidenti ulteriori margini di integrazione. Tutto ciò, verosimilmente, in ragione della presa di coscienza, da parte delle Istituzioni e del personale stesso, dell’esistenza di un Comparto unitario che fonde Difesa e Sicurezza. Con l’attenzione rivolta al personale, appare evidente come tali risultati siano stati resi possibili grazie al principio di “equiordinazione” di compiti e trattamenti economici. Un principio affermato, già nei primi anni ’90, dalla Corte Costituzionale, che ha individuato nel criterio delle funzioni svolte l’unico idoneo a rendere omogeneo l’assetto retributivo del personale appartenente, nel caso specifico, alle Forze Armate e a quelle di Polizia. Tale principio, tuttavia, è stato disatteso nell’ambito di recenti provvedimenti normativi. È il caso delle risorse stanziate per finanziare l’incremento delle dotazioni del Fondo di Efficienza per i Servizi Istituzionali (FESI) delle Forze di Polizia, dimenticando, nell’occasione, il corrispondente Fondo esistente per le tre Forze Armate. Più in generale, il personale militare, in relazione alla delicatezza e all’importanza delle funzioni istituzionali, peraltro connotate da un elevato rischio operativo, è giuridicamente sottoposto a una serie di limitazioni e obblighi, che lo collocano in una situazione atipica, definita con l’espressione “condizione militare”, una sorta di “specificità” nel panorama giuridico, con inevitabili riflessi sul piano sociale. Tale specificità ha trovato riconoscimento normativo nella Legge 183 del 2010, che ha affermato un principio rimasto, per molto tempo, una mera “dichiarazione d’intenti”. Detta norma, nel concreto, si è paradossalmente sostanziata solo in penalizzazioni per il personale militare.
In cosa consistono queste penalizzazioni? A partire dall’entrata in vigore dei noti blocchi stipendiali (dal 2011), le mancate retribuzioni delle promozioni, delle progressioni economiche di anzianità e delle concertazioni, hanno prodotto un generale impoverimento del personale militare che ha messo in seria difficoltà famiglie che sono spesso mono-reddito proprio in virtù della specificità, nonché della sua atipicità di servizio. I provvedimenti menzionati hanno inciso in maniera significativa sul morale del personale. Si è fatto qualcosa per migliorare questa situazione? In tale contesto, il contributo di 80 euro,previsto dalla Legge di Stabilità per il 2016, rappresenta un preciso segnale di attenzione nei confronti degli uomini e delle donne con le stellette, in quanto costituisce un chiaro e tangibile riconoscimento agli operatori della Difesa e della Sicurezza della condizione di “specificità”. È proprio per tale segnale che il Consiglio Centrale di Rappresentanza dei militari dell’Esercito ha voluto esprimere un apprezzamento al presidente del Consiglio, Matteo Renzi, e al ministro della Difesa, Roberta Pinotti. Il CoCeR cosa chiede al governo?L’auspicio, ora, è che detta attenzione nei confronti del personale militare non esaurisca i suoi effetti nell’ambito di un provvedimento “una tantum”. Il menzionato contributo, infatti, è stato concesso quale “riconoscimento dell’impegno profuso al fine di fronteggiare le eccezionali esigenze di sicurezza nazionale” (così recita il testo del provvedimento). L’impegno del personale militare per la difesa della Patria e la salvaguardia delle libere Istituzioni è costante e continuo. La nostra caratteristica principale, come soldati dell’Esercito, è quella di esserci sempre. L’operazione “Strade Sicure” è solo l’ultima in ordine di tempo. Iniziata nell’agosto del 2008 con l’impiego di un contingente di personale militare delle Forze Armate per condurre attività di vigilanza esterna a Centri di Accoglienza e a obiettivi sensibili e di pattugliamento e perlustrazione, in concorso e congiuntamente alle Forze di Polizia, è tutt’ora in corso, con circa sei mila militari dell’Esercito su tutto il territorio nazionale, anche per le esigenze di sicurezza legate, a titolo di esempio, al Giubileo straordinario della misericordia, alla prevenzione dei reati contro l’ambiente (operazione “Terra dei Fuochi”) e, lo scorso anno, a EXPO 2015. In tale contesto, non si deve dimenticare il personale impegnato nei teatri operativi all’estero nell’ambito dei contingenti internazionali. Ecco, allora, che per premiare l’impegno e il sacrificio profuso dal personale militare, è giusto che l’esecutivo preveda, nel quadro dei prossimi obiettivi,quello di rendere strutturale il contributo, assoggettandolo, eventualmente, a contribuzione previdenziale perché possa esplicare i suoi effetti anche ai fini pensionistici. E sul versante del FESI? Anche in tale ambito, occorre, allora, un segnale di attenzione da parte dell’esecutivo, volto ad adeguare le disponibilità finanziarie del FESI delle tre Forze Armate, “equiordinandole” a quelle già previste per le Forze di Polizia con le precedenti Leggi di Stabilità.