Alcuni Forestali transitati nei Carabinieri hanno chiesto al Ministro della Difesa di poter costituire un’ associazione denominata “Unione Forestali Carabinieri e Diritti. Il fine dell’ Associazione sarebbe stato culturale e ricreativo. Il Ministro, in un’ articolata risposta, ha ritenuto non opportuno concedere il benestare , definendo l’associazione “di natura sindacale”, in netto contrasto quindi con l’ art. 1475, comma 1, d.lgs. n. 66/2010.
I Forestali, ora militari, hanno interpellato il Tar, sostenendo che già esiste un’ associazione simile denominata Ficiesse. Lo statuto della loro Associazione inoltre , è stato copiato completamente dallo statuto della Ficiesse. Il Tar ha accolto il ricorso condannando l’Amministrazione.
La decisione è stata motivata, oltre che per l’esistenza di una associazione di militari avente lo stesso statuto , anche per le due sentenze della CEDU (La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo) del 2/10/2014 che per l’ordinanza 2043/2017 del Consiglio di Stato . Di seguito la sentenza integrale del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio :
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 11186 del 2017, proposto da:
Omissis , Associazione “Unione Forestali Carabinieri e Diritti – Unforced, rappresentati e difesi dall’avv. Egidio Lizza, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Valadier 43;
contro
Ministero della Difesa, Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri non costituiti in giudizio;
per l’annullamento
del provvedimento del 4.9.2017, notificato l’11.9.2017 del Ministero della Difesa, con cui è negata l’autorizzazione ai sensi dell’art. 1475, comma 1, d.lgs. n. 66/2010;
delle direttive del 18.3.1996, del 15.1.2002, delle linee guida del 16.7.2003 integrate dall’atto del 8.11.2005;
del Parere dell’Avvocatura Generale dello Stato, del Parere del Comandante del CUTFAA n. 205/1-3 di prot. del 3 maggio 2017; del Parere del Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri riferito all’istanza di autorizzazione di Unforced; del Parere del Capo di Stato Maggiore della Difesa riferito all’istanza di autorizzazione di Unforced; nonché della nota n. 29/15-1-2017 di prot. del 7.11.2017 del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri a firma del Gen. D. Enzo Bernardini.;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 13 dicembre 2017 il dott. Ugo De Carlo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I ricorrenti impugnano la mancata autorizzazione a costituire un’associazione fra militari con fini culturali e ricreativi.
Essi, ex appartenenti al Corpo Forestale dello Stato e transitati ex lege nell’Arma dei Carabinieri, facevano presente che l’Unione Forestali Carabinieri e Diritti – Unforced non aveva ottenuto l’autorizzazione perché l’Amministrazione aveva dedotto la natura sindacale della stessa, vietata ex art. 1475, comma 2, D.lgs. 66/2010, da alcuni punti dello statuto.
Dopo la comunicazione del preavviso di rigetto, facevano presente in proposito che lo statuto dell’associazione era stato predisposto sul modello di quello dell’Associazione Nazionale “Finanzieri, Cittadini e Solidarietà” che era stato dal Ministero ritenuto idoneo, dopo opportune modifiche per rimuovere gli aspetti critici di tipo sindacale evidenziati dal Comando Generale della G.d.F.
Il provvedimento di diniego dell’autorizzazione del Ministero, che non ha tenuto conto della memoria presentata, ad avviso dei ricorrenti, lede i diritti e gli interessi dei singoli associati e fondatori dell’associazione e viene contestata sulla base di due motivi ed in subordine con la richiesta di sollevare un incidente di costituzionalità.
Il primo denuncia la violazione degli artt. 1475 D.lgs. 66/2010, 751 n. 11 e 12 D.P.R. 90/2010, 3 e
97 Cost. e l’eccesso di potere per difetto di istruttoria.
Il Ministro della Difesa ha negato l’autorizzazione richiesta ritenendo che “il sodalizio aspira di fatto allo svolgimento di funzioni sindacali, a nulla valendo la precisazione contenuta nello statuto in base alla quale “l’associazione non ha … carattere sindacale ed è fatto divieto assoluto agli organi nazionali e/o territoriali dell’associazione o ai soci di porre in essere comportamenti configurabili come sindacali”.
Nel parere dell’Avvocatura dello Stato era contenuta un’ulteriore sottolineatura circa il fatto che l’associazione era promossa da persone che hanno ricoperto incarichi di rilievo nell’ambito di alcuni dei sindacati cui aderiva il personale appartenente al Corpo forestale dello Stato.
Ritengono i ricorrenti che le finalità enucleate dallo Statuto dell’associazione, siano ben lontane da integrare le caratteristiche proprie dell’attività sindacale.
Nella definizione di sindacato hanno rilievo le attività svolte nelle controversie economiche collettive, anche organizzando l’azione degli associati riguardo alla contrattazione collettiva, agendo in assistenza del singolo lavoratore riguardo alla sua vicenda lavorativa, avendo la capacità di imporsi quale controparte contrattuale nella regolamentazione dei rapporti.
L’associazione in esame, invece, prevede tra le diverse attività costitutive dell’oggetto sociale di adoperarsi per il riconoscimento dei diritti sindacali e di associazione degli iscritti, ma autolimita la propria azione, facendo “divieto assoluto agli organi nazionali e/o territoriali dell’associazione o ai soci di porre in essere comportamenti configurabili come sindacali”.
Pertanto la finalità sospetta esprime la volontà di partecipare al dibattito già esistente sulla possibile apertura dell’ordinamento militare al riconoscimento di maggiori diritti dei suoi membri nella costruzione di quel modello democratico cui aspirare.
Il riferimento all’aspirazione di fatto allo svolgimento di attività sindacali, oltre a tradire il significato di quanto scritto nell’oggetto sociale dell’associazione, realizzerebbe una fattispecie di pericolo amministrativo o più semplicemente un processo alle intenzioni.
Seguono una serie di considerazioni volte ad evidenziare quali siano le caratteristiche ed i servizi che deve offrire un’associazione per poter essere definita sindacato.
Esaminando, inoltre, l’oggetto sociale nella sua interezza, è evidente il rilievo modesto che hanno, nella vita sociale, gli aspetti ritenuti sintomatici della natura sindacale dell’associazione posti a fondamento del diniego all’autorizzazione.
Secondo la giurisprudenza amministrativa per individuare se una determina associazione abbia quella natura sindacale occorre guardare a concreti comportamenti. Nel caso in esame, tale indagine è stata del tutto pretermessa dall’Amministrazione resistente, che nega l’autorizzazione in virtù della lettura di alcuni profili statutari.
Anche il riferimento, sottolineato criticamente dall’Avvocatura nel parere, all’attenzione dell’associazione verso l’elevazione delle “condizioni culturali, economiche, sociali e morali degli associati” ritenuta sintomatica dell’ingresso nel “terreno di elezione delle associazioni sindacali”, non coglie nel segno.
Ogni categoria punta ad una sua elevazione morale, sociale, culturale e economica, ma ciò non può essere indice della natura sindacale dell’associazione.
Vengono, infine, richiamate una serie di norme e di sentenze a livello comunitario che precisano in che termini possa essere legittimo il divieto per i militari di aderire ad associazioni di carattere sindacale.
Il secondo motivo contesta la violazione degli artt. 1475 D.lgs. 66/2010, 3 e 97 Cost. e l’eccesso di potere per ingiustizia manifesta e disparità di trattamento dal momento che pur essendo lo statuto dell’associazione in questione identico a quello di Ficiesse (Finanzieri Cittadini e Solidarietà) quest’ultima ha ottenuto l’autorizzazione fin dal 2006.
Veniva da ultimo proposta la questione di legittimità costituzionale degli articoli 1475, comma 2, D.lgs. 66/2010, 751 n. 11 e 12 D.P.R. 90 /2010 per contrasto con l’art. 117 della Cost., per effetto della violazione degli artt. 11 e 14 CEDU e dell’articolo 5 della Carta sociale europea riveduta.
Il Ministero della Difesa non si costituiva in giudizio.
Il ricorso è fondato.
Il Collegio non ritiene di sollevare la questione di costituzionalità proposta non solo perché già sollevata dal Consiglio di Stato con l’ordinanza 2043/2017 tanto che basterebbe a tal fine una sospensione impropria del processo per attendere la decisione della Consulta, ma perché non necessaria per la decisione della controversia.
Sottolineando alcuni passaggi dell’ordinanza di remissione alla Corte Costituzionale si può notare come le norme del Codice dell’ordinamento militare che pongono limiti all’esercizio dei diritti politici e sindacali debbono essere soggette ad un’interpretazione strettamente letterale poiché, quanto meno a livello comunitario, è stato affermato che tali limiti in tanto sono legittimi in quanto presuppongono l’esistenza di un diritto a monte ed operino solo quanto alla proibizione di alcune forme di manifestazione di questi diritti.
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo con due sentenze emesse in data 2/10/2014 ha affermato che “le restrizioni che possono essere imposte ai tre gruppi di soggetti menzionati nell’art. 11 CEDU [membri delle Forze Armate, della Polizia e dell’Amministrazione dello Stato] richiedono un’interpretazione restrittiva e devono, conseguentemente, limitarsi all’esercizio dei diritti in questione. Esse non possono, tuttavia, mettere in discussione l’essenza stessa del diritto alla libertà sindacale. Pertanto la Corte non accetta le restrizioni che incidono sugli elementi essenziali della libertà sindacale senza i quali il contenuto di tale libertà sarebbe vuotato della sua sostanza. Il diritto di formare un sindacato e di aderirvi è un elemento essenziale della libertà sindacale”.
Ed è sulla scorta della contrarietà agli artt. 11 e 14 delle Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo che l’eccezione di costituzionalità è stata sollevata.
Ma non è necessario attendere la pronuncia della Corte Costituzionale poichè sono condivisibili le considerazioni svolte nell’ambito del primo motivo di ricorso circa l’insussistenza della natura sindacale nell’associazione promossa dai ricorrenti.
L’oggetto sociale dell’associazione contenuto nell’art. 3 dello Statuto prevede:
– fornire il proprio contributo, progettuale e tecnico-professionale, nell’elaborazione delle riforme legislative attinenti il sistema della sicurezza, con particolare riguardo ai temi ambientali ed agroalimentari, in conformità ai principi della Costituzione e dei trattati dell’Unione Europea;
– promuovere iniziative, eventi e dibattiti, attività culturali, sociali e informative al fine di contribuire al miglioramento dei regimi di sicurezza, legalità e giustizia, anche nella prospettiva di riforme legislative e organizzative;
– adoperarsi per il pieno ed effettivo riconoscimento al personale dell’Arma dei Carabinieri e delle altre istituzioni a struttura militare dei diritti sindacali, di associazione, di libera manifestazione del pensiero e di associazione professionale in coerenza con il disposto degli articoli: 52 della Costituzione italiana, 12 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e 11 della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo e in linea con quanto avviene negli altri Stati europei a democrazia avanzata;
-elevare le condizioni culturali, economiche, sociali e morali degli associati; ‘
-favorire, realizzare ed incentivare iniziative di carattere ricreativo in favore degli associati e delle proprie famiglie;
-contribuire a diffondere tra i cittadini, anche all’interno degli istituti scolastici di formazione, il rispetto della legalità ed una maggiore cultura ambientale, nella consapevolezza che solo attraverso il rispetto della natura, in ogni sua forma, è possibile preservare l’immenso patrimonio naturalistico dell’Italia;
-stimolare il confronto delle idee sul tema del coordinamento tra forze di polizia, al fine di assicurare un servizio più efficace ai cittadini ed alle Istituzioni;
-sviluppare costruttivi e trasparenti rapporti con i cittadini;
-contribuire ad iniziative di studio e di progetto per il rispetto della legalità ed il contrasto ai reati contro l’ambiente;
-contribuire all’aggiornamento e all’informazione degli associati;
-organizzare e partecipare a manifestazioni pubbliche per il perseguimento delle finalità istituzionali;
– promuovere e partecipare ad attività di volontariato per far attenuare i principi della solidarietà;
-favorire un processo federativo tra associazioni aventi scopi e finalità similari;
-mantenere vive e divulgare nella società, anche attraverso iniziative sociali e culturali, la storia, i valori e le tradizioni del Corpo forestale dello Stato.
Nessuna di dette finalità consente di classificare l’associazione come rientrante in un’associazione di tipo sindacale vietata dall’art. 1475, comma 2, D.lgs. 66/2010; peraltro nello stesso art. 3 dello Statuto si precisa che “L’associazione non ha altresì carattere sindacale ed è fatto divieto assoluto agli organi nazionali e/o territoriali dell’associazione o ai soci di porre in essere comportamenti configurabili come sindacali.”.
Il parere contrario dell’Avvocatura dello Stato, dopo aver dato atto di quali siano le caratteristiche di un’associazione sindacale citando un passo della sentenza 2208/2012 del Consiglio di Stato, ritiene un puro mascheramento l’affermazione del carattere non sindacale dell’associazione che invece deve ricavarsi dall’impegno per favorire un pieno riconoscimento dei diritti sindacali ai militari e nel concorre a proporre riforme legislative in tal senso.
Sono proprio queste considerazioni che dimostrano il travisamento delle caratteristiche dell’associazione da parte di chi aveva il compito di valutarne la compatibilità con l’ordinamento.
L’associazione sindacale si caratterizza per l’espletamento di quei compiti che i ricorrenti hanno richiamato nel primo motivo di ricorso e cioè l’impegno nelle controversie economiche collettive, la predisposizione anche per i singoli associati di forme di tutela nel corso di giudizi aventi a che fare con la condizione di lavoratore, la partecipazioni a trattive con le organizzazioni di datori di lavoro.
Rientra, invece, nel campo della libera manifestazione del pensiero anche allo scopo di modificare l’assetto giuridico dell’ordinamento militare per quanto attiene alle libertà sindacali e politiche, fondare associazioni che si propongano questo scopo proprio perché, consapevoli di limiti attualmente posti dall’ordinamento, vogliono promuover le condizioni per superare tale assetto ritenuto non più conforme all’ordinamento giuridico nazionale ed internazionale attualmente in essere.
A questo proposito è interessante l’esame della sentenza 1127/2016 del TAR Piemonte confermata dal Consiglio di Stato con la sentenza 5845/2017, in tema di legittimità di iscrizione di un militare ad un partito politico. Il principio affermato in dette pronunce riguarda il campo di applicazione dell’art. 1483, comma 2, D.lgs. 66/2010 che prevede un limite alla manifestazione dell’attività politica (divieto di partecipare a riunioni e manifestazioni di partiti, associazioni e organizzazioni politiche, nonché di svolgere propaganda a favore o contro partiti, associazioni, organizzazioni politiche o candidati a elezioni politiche e amministrative ), ma non un divieto assoluto di esercitare i propri diritti politici di cittadino iscrivendosi ad un partito politico.
Ed allora non si può fare una sorta di lettura delle supposte reali intenzioni dei fondatori dell’associazione, ritenendo che, dietro lo schermo di uno statuto che sembra rispettare i limiti di cui all’art. 1475 citato, si nasconda la volontà di creare un’associazione sindacale tra i militari.
Il Ministero resistente ha negato l’autorizzazione travisando la natura dell’associazione costituita dai ricorrenti e pertanto il provvedimento va annullato perché l’Amministrazione possa procedere ad esaminare nuovamente la domanda di autorizzazione alla luce dei criteri indicati in sentenza.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Prima Bis, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.
Condanna il Ministero della Difesa a rifondere le spese di giudizio che liquida in € 2.000 oltre accessori ed alla restituzione del contributo unificato ove versato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.