E’ ormai nota negli ambienti militari la diffusione di ordini per il tramite della e_mail istituzionale. In tutte le Caserme italiane, che siano esse dell’ Esercito, della Marina , dell’ Aeronautica , della Guardia di Finanza o dell’ Arma dei Carabinieri, la e_mail istituzionale viene spesso utilizzata per comunicare velocemente situazioni di servizio che necessitano di una particolare attenzione da parte dell’utente.
In alcuni casi l’utilizzo della e_mail istituzionale supera quella del Protocollo Informatico . Questa situazione è talmente radicata negli ambienti militari, che oggi , spesso, viene considerata alla pari di un ordine del giorno, di un ordine diretto o comunque di un avviso che non può “non essere visualizzato” se si è in servizio.
Malgrado quanto sopra esposto, ad oggi il Ministero della Difesa disciplina la materia unicamente con la Direttiva SMD-I-003 che risale al lontano 2004 e ritiene la casella di posta elettronica personale , uno strumento di dialogo all’interno della A.D. per le comunicazioni a carattere informale. (Per leggere la Direttiva, clicca QUI).
Nella sentenza che vi proponiamo, un militare della Marina è stato accusato di “negligenza nell’espletamento del servizio disposto, ai sensi dell’art. 729 del d.P.R. 90/2010” recante disposizioni in materia di esecuzione di ordini, in quanto non ha partecipato ad una cerimonia. L’ordine è arrivato per e_mail. Il marinaio , a sua discolpa, ha indicato il malfunzionamento della rete internet e un black out del server del Comando generale, che gli avrebbe impedito di ricevere la posta elettronica, tra cui quella di trasmissione del citato ordine di servizio.
Al militare è stata comminata la sanzione disciplinare di corpo del rimprovero. Inutile la difesa nella quale specificava che l’assenza alla cerimonia non sarebbe dipesa da negligenza, ma dalla mancata trasmissione dell’ordine di servizio con forme idonee ad assicurarne la conoscenza. Parimenti, il ricorso gerarchico ha avuto il medesimo esito infausto.↓
L’uomo allora si è rivolto al Consiglio di Stato, per il tramite del Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, chiedendo l’annullamento del provvedimento.La trasmissione degli ordini di servizio-secondo il militare- sarebbe dovuto avvenire ai sensi dell’art. 26 della Direttiva per l’organizzazione interna dei servizi relativi agli Uffici marittimi periferici retti da personale del Corpo delle Capitanerie di Porto del 2001, che prevede che gli ordini di servizio siano raccolti in apposito registro, datati, numerati progressivamente e firmati, per conoscenza, da coloro cui gli ordini sono diretti. Tutto inutile.
Secondo il C.D.S., l’Amministrazione dispone di un’ampia sfera di discrezionalità nell’apprezzamento della gravità dei fatti e nella graduazione della sanzione disciplinare. Pertanto, il Giudice non può sostituire la propria valutazione a quella della competente autorità amministrativa, salvi i limiti della manifesta irragionevolezza e (o) arbitrarietà .
La valutazione della gravità dell’infrazione disciplinare commessa dall’incolpato e la determinazione della sanzione adeguata rientrano dunque tra gli apprezzamenti di merito, il cui giudizio è insindacabile se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici
Il provvedimento impugnato-continuano i giudici- rileva che: non risultava alcuna comunicazione ufficiale dalla quale si potesse evincere il malfunzionamento della casella di posta elettronica del ricorrente, né il black out del server; la posta elettronica era utilizzata per la trasmissione degli atti non solo in relazione al CAD, ma anche per motivi logistici, essendo la Capitaneria di porto di -OMISSIS- dislocata su quattro edifici;
Quanto al provvedimento sanzionatorio, la Sezione nota che la comunicazione di avvio del procedimento disciplinare informava il ricorrente dell’apertura del procedimento stesso “finalizzato all’eventuale irrogazione di una sanzione disciplinare di corpo diversa dalla consegna di rigore”. Ciò significava che il procedimento si sarebbe potuto concludere con l’eventuale irrogazione di richiamo, rimprovero o consegna. Dunque, la comunicazione consentiva al ricorrente di predisporre nel modo più ampio possibile le proprie difese. Quanto all’addebito, esso deve solo risultare sufficientemente specifico onde consentire l’esercizio del diritto di difesa da parte del militare (Cons. St., Sez. IV, 2 novembre 2017, n. 5033).
Nella fattispecie, l’addebito presentava una formulazione del tutto univoca e circostanziata, che consentiva al ricorrente di apprendere nella sua completezza l’infrazione che gli veniva contestata ai sensi dell’art. 729 del d.lgs. n.90/2010 e, quindi a titolo di mancata esecuzione di ordini.
Alla luce dell’art. 1370 del citato d.lgs n. 66/2010 che sancisce che “nessuna sanzione disciplinare può essere inflitta senza contestazione degli addebiti e senza che siano state acquisite e vagliate le giustificazioni addotte dal militare interessato” e considerato che è sottratta al sindacato del giudice amministrativo la valutazione della sproporzione della sanzione disciplinare, salvo il limite della abnormità (Cons. St., Sez. IV, 20 aprile 2018, n. 1757), appare lineare il processo logico che ha portato ad irrogare la sanzione del rimprovero di cui all’art. 1360 del d.lgs. n. 66/2010 e, di tale sanzione, l’inciso relativo ad “essere parte diligente degli eventi” costituisce elemento della parte motiva. In definitiva, dalla documentazione versata in atti emerge la completezza motivazionale ed istruttoria rispettivamente del provvedimento impugnato e del provvedimento disciplinare.
6. Per le suesposte ragioni, la Sezione ritiene che il ricorso sia infondato e che, pertanto, debba essere respinto, con assorbimento dell’istanza cautelare.