ROMA – Pubblicate da poche ore le motivazioni della sentenza espressa lo scorso aprile dalla Corte di Cassazione che condanna in via definitiva il vicebrigadiere dell’Arma dei Carabinieri M. I. a 1 anno e 6 mesi di reclusione a seguito della colluttazione avuta con Isidro Luciano Diaz -noto in Valsassina come “il gaucho”- dopo un inseguimento sull’autostrada A21 Torino-Piacenza il 5 aprile 2009.
I fatti sono già stati ricostruiti nel dettaglio nelle sentenze precedenti, in primo grado a Tortona nel dicembre 2011 ed in Appello a Torino il 3 dicembre 2013: “I. L. D., a bordo della propria auto, non si era fermato ad un posto di blocco dei Carabinieri, che lo avevano inseguito e fermato; lo stesso era sceso dall’auto con un coltello ed i CC, tra cui lo Iachini, vicebrigadiere in forza al Norm presso i CC di Voghera, gli puntavano le pistole di ordinanza e, dopo avergli sottratto dalle mani il coltello, seguiva il pestaggio dello stesso, continuato, secondo l’assunto della p.o. (parte offesa, ndr), anche dopo essere stato condotto in Caserma a Voghera”.
Il Tribunale supremo della Repubblica conferma perciò l’esito della Corte d’Appello di Torino del 3 dicembre 2013 che ridusse a un anno e sei mesi la pena inflitta in primo grado a Tortona allo Iachini il quale “colpendo ripetutamente I. L. D. con calci e pugni, scagliandolo a terra, gli procurava lesioni personali consistite, tra l’altro, in perforazione di entrambe le membrane timpaniche […], ematomi vari, di cui uno in regione dorsale di circa 20×30 cm., dolorabilità al rachide dorsale e lombare, distacco di vitreo e retina comportante l’indebolimento permanente dell’organo della vista, con l’aggravante di aver commesso il fatto con abuso di poteri e facoltà“.
La difesa di I. dubitava dell’attendibilità delle deposizioni del “Gaucho” ma la Cassazione ribadisce la legittimità della sentenza d’Appello nella quale “i giudici hanno evidenziato come le dichiarazioni del Diaz si sono mantenute coerenti lungo tutto l’arco del processo ed hanno retto al vaglio dibattimentale; sotto il profilo oggettivo, poi, hanno trovato dirimenti riscontri, tra i quali, le risultanze della documentazione medica e fotografica” e le relazioni scritte ed orali, dei consulenti tecnici.
Inoltre, “per quanto concerne lelesioni riportate in autostrada, il capitano D. R,, Comandante della Compagnia dei Carabinieri di Voghera, ha riferito che all’atto in cui D. veniva portato in caserma notava che lo stesso presentava un segno sotto il cuoio capelluto ed una ecchimosi ad un occhio”. Mentre sul “pestaggio avvenuto in caserma, esso è comprovato non solo dalla telefonata fatta dal D. in quel frangente” a un amico lamentando che “lo stavano massacrando“, ma anche dalle dichiarazioni in confidenza fatte al difensore, e infine la Cassazione slega completamente le percosse subite dal D. una volta giunto in Caserma dalla sua condotta di “resistenza” mentre viaggiava in autostrada.
In conclusione la Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione presieduta dal magistrato Maurizio Fumo ribadisce che nel caso D.-I. “non vi fosse la necessità di vincere la resistenza all’Autorità nel momento in cui Diaz scese dall’auto, posto che in quel momento non era in atto alcuna resistenza”; per quanto concerne poi il coltello impugnato dal D. i giudici hanno ritenuto attendibile la versione secondo cui egli non puntò la lama contro i militari, “e comunque il comportamento oltremodo violento dell’imputato – che cagionò esiti lesivi così gravi, e proseguì anche in caserma (allorché ogni eventuale condotta di resistenza da parte del D. era certamente cessata)” va oltre i “limiti della necessaria proporzionalità rispetto all’azione contrapposta“.