La giornata decisiva per il futuro della Libia sarà venerdì 29 quando il Parlamento dovrà esprimersi sulla fiducia al governo presentato dal premier designato Fayez Al Sarraj. Strada piena di ostacoli. La fiducia è tutta da conquistare nei prossimi 5 giorni. Ma è essenziale affinché la coalizione occidentale abbia il via libera formale per un intervento anti-Isis sulle coste del Nord Africa.
È in questo contesto frammentato e precario che si muovono diplomazie e apparati di intelligence. L’Italia preme sempre più: lo fa anzitutto schierando nella base di Birgi, Trapani, quattro aerei Amx pronti a pattugliare il Mediterraneo. E lo fa soprattutto portando l’intelligence in terra libica. Giovedì scorso unità italiane sono atterrate a Beida, e in Cirenaica hanno incontrato il generale Khalifa Haftar, una delle pedine più importanti per risolvere il caos libico. È stato lo stesso generale a far trapelare – evidentemente con il consenso alleato – la notizia dell’incontro tramite Twitter. Rifugiato negli Stati Uniti dopo la guerra in Ciad, Haftar oggi è ritenuto un garante degli egiziani. Per l’Onu è un comandante militare al pari dei capi delle altre milizie; per una fetta di libici della Cirenaica è il capo supremo delle forze armate libiche. Ed è inviso agli islamisti di Tripoli. La sua posizione però a Tobruk è meno solida di un tempo. Anzitutto si è consumata la rottura con Aguila Saleh, il presidente del Parlamento, fortemente ostile all’accordo sul governo di Al Sarraj, che ha avviato un’inchiesta per corruzione su Haftar. Domani i 230 deputati del Parlamento si raduneranno a Tobruk. Non ci sarà alcuna votazione.
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