FIRENZE, DETENUTO MUORE SUICIDA IN CARCERE A SOLLICCIANO.
SAPPE; “SITUAZIONE ALLARMANTE NEI PENITENZIARI. ORA SEGNALI CONCRETI DA MINISTERO GIUSTIZIA E DAP”
Ancora un episodio drammatico nel carcere di Firenze. Nella tarda serata di ieri, un detenuto di origini marocchine di 42 anni ha deciso di porre fine alla propria esistenza impiccandosi.
Lo comunica il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, per voce del segretario regionale della Toscana Francesco Oliviero.
“L’uomo non era nuovo ad atti dimostrativi”, spiega.
“L’ultimo proprio qualche giorno fa nel reparto Accoglienza. Questa volta ha deciso stavolta di bloccare dall’interno la serratura della cella e proprio questo stratagemma non ha permesso l’intervento dell’Agente addetto alla sezione, che non ha potuto evitare che il ristretto riuscisse a togliersi la vita. L’uomo pare abbia posto in essere il tutto per motivi affini al trasferimento per altro istituto toscano”.
Amara la considerazione di Oliviero: “Già noto alle cronache interne per aver gravato sulla sicurezza del penitenziario in tempi passati per cui fu trasferito, resta il dato certo che a distanza di pochi mesi, Sollicciano pare essere avvolta nella spirale dell’emulazione”.
“Come sapete, abbiamo sempre detto che la morte di un detenuto è sempre una sconfitta per lo Stato”, commenta amareggiato Donato Capece, segretario generale del SAPPE. Per Capece, “la via più netta e radicale per eliminare tutti questi disagi sarebbe quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere.
Anche la consistente presenza di detenuti con problemi psichiatrici è causa da tempo di gravi criticità per quanto attiene l’ordine e la sicurezza delle carceri del Paese. Il personale di Polizia Penitenziaria è stremato dai logoranti ritmi di lavoro a causa delle violente e continue aggressioni”.
E richiama un pronunciamento del Comitato nazionale per la Bioetica che sui suicidi in carcere aveva sottolineato come “il suicidio costituisce solo un aspetto di quella più ampia e complessa crisi di identità che il carcere determina, alterando i rapporti e le relazioni, disgregando le prospettive esistenziali, affievolendo progetti e speranze.
La via più netta e radicale per eliminare tutti questi disagi sarebbe quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere.
Proprio il suicidio è spesso la causa più comune di morte nelle carceri. Gli istituti penitenziari hanno l’obbligo di preservare la salute e la sicurezza dei detenuti, e l’Italia è certamente all’avanguardia per quanto concerne la normativa finalizzata a prevenire questi gravi eventi critici.
Ma il suicidio di un detenuto rappresenta un forte agente stressogeno per il personale di polizia e per gli altri detenuti e sconforta che le autorità politiche, penitenziarie ministeriali e regionali, pur in presenza di inquietanti eventi critici, non assumano adeguati ed urgenti provvedimenti”.
Impietosa la denuncia del leader del SAPPE, che si appella al Ministro Guardasigilli Carlo Nordio: “Fino ad ora i vertici del Ministero della Giustizia e del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria non sono stati in grado di trovare soluzioni alla gravissima situazione delle carceri italiane. Chiedo quindi al Ministro della Giustizia Carlo Nordio un netto cambio di passo sulle politiche penitenziarie del Paese.”
Roma, 21 novembre 2022
Dott. Donato CAPECE – segretario generale SAPPE