“CUNEO FISCALE, PERCHE DOPO 35 MILA EURO DI REDDITO DIVENTA UNA TRAPPOLA”. È ESATTA QUESTA AFFERMAZIONE?

18 novembre 2023 1° Lgt. in pensione Antonio Pistillo

Il Sole 24 ore ha riportato l’allarme arrivato dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio durante l’audizione davanti alle commissioni Bilancio di Senato e Camera sulla manovra, secondo cui il taglio del cuneo fiscale previsto per il 2024 presenta una “trappola”, nel senso che superando di un solo euro la soglia di reddito di 35.000 euro si perdono 1.100 euro all’anno.

Secondo l’Upb si verificherebbe un effetto simile a quello già riscontrato in occasione del bonus di 80 euro di Renzi (oggi 100 euro) perché il taglio dei contributi è legato ad un limite di reddito, ma l’effetto penalizzante deriverebbe dall’applicazione per scaglioni anziché per fasce, per cui superata la soglia di 35.000, anche di un solo euro, si perdono 1.100 euro in un anno.

Si ritiene errato affermare che si perdono e, soprattutto, sbagliato l’accostamento fatto col bonus Renzi che induce a pensare che il taglio del cuneo possa essere percepito mensilmente per poi essere restituito, in sede di conguaglio di fine anno, come successo col bonus di 80 euro, mentre sarebbe più giusto sostenere che non si ha diritto al risparmio contributivo nel caso di superamento della soglia di reddito prevista.

Se è vero che il beneficio per fasce e non per scaglione comporta il mancato riconoscimento del taglio del cuneo per 1.100 euro anche al superamento di un solo euro i 35.000 euro di reddito, è altrettanto vero, come già si è avuto modo di precisare con un articolo pubblicato il 16 maggio 2023, che la riduzione è applicata su base mensile in relazione all’imponibile previdenziale del mese maggiorato del rateo di 13^ mensilità. Pertanto, nei mesi in cui non si supera la soglia di 2.692 è attribuito il beneficio, mentre nei mesi in cui tale soglia viene superata non si ha diritto al risparmio, senza che quanto percepito in più nei mesi favorevoli sia oggetto di conguaglio a fine anno, con eventuale restituzione di tali somme al superamento dei 35.000 euro annui.

Dalle circolari n. 43/2022 e n. 7/2023 e dal messaggio n. 3499/2022 che chiariscono quali sono i soggetti beneficiari, la misura e le condizioni di spettanza dei vari tagli del cuneo fiscale, si desume che il legislatore abbia dato un’impostazione totalmente diversa dai criteri e limiti dei precedenti benefici. In particolare col messaggio n. 3499/2022 viene specificato che nelle ipotesi in cui il lavoratore, nel corso di un mese, svolga la propria prestazione lavorativa presso distinti datori di lavoro, il calcolo del della retribuzione imponibile deve essere considerato autonomamente per ogni rapporto di lavoro, in relazione ai distinti datori di lavoro, con riferimento al medesimo mese.

Ne deriva che se per tutto l’anno il lavoratore prestasse attività lavorativa per due distinti datori di lavoro e mensilmente beneficiasse del risparmio contributivo da entrami, perché le singole retribuzioni mensili previdenziali inferiori a 2.692 euro, non sarà tenuto alla restituzione del taglio del cuneo, nonostante la somma dei due redditi superi, eventualmente, nell’anno i 35.000 euro.

In sintesi, se l’imponibile previdenziale annuo sarà superiore ai 35.000 euro, per le singole mensilità, comprensive del rateo della gratifica natalizia, inferiori a 2.692 si avrà diritto al taglio contributivo e tale risparmio non sarà oggetto del conguaglio operato dal datore di lavoro a fine anno.

Inoltre, è opportuno chiarire che l’imponibile previdenziale non va confuso con retribuzione lorda e la differenza è meglio spiegata con la tabella seguire.

L’imponibile previdenziale è quell’importo derivante dalle somme delle retribuzioni lorde percepite dal lavoratore sul quale sono trattenute e versate le ritenute previdenziali del 33%, di cui una parte a carico del datore di lavoro e una parte a carico del lavoratore, che costituiscono, nel sistema contributivo, il montante contributivo sul quale sarà calcolato il trattamento pensionistico.

Mentre, l’imponibile fiscale è l’importo depurato dei contributi pensionistico a carico del lavoratore (8,80% per i lavoratori del pubblico e 9,19% per quelli del privato) che costituisce il reddito annuo da lavoro.

Infine, i provvedimenti che riconoscono dei benefici entro certi limiti di reddito producono sempre palesi distorsioni e in questo caso quanto previsto per il taglio del cuneo genera le seguenti anomalie:

 la prima salta subito all’occhio ed è quella relativa all’esempio del lavoratore che presta attività lavorativa per due distinti datori di lavoro con imponibili previdenziali, per esempio ognuno di 1.800 euro (totale 3.600), che godrà di un doppio beneficio, mentre al collega con un imponibile di 2.700 sarà negato. In questo caso l’accostamento col bonus Renzi è appropriato; infatti gli 80 euro non spettavano ad una famiglia monoreddito con un provento annuo di 28.000 euro, mentre una famiglia bireddito con una entrata complessiva di 40.000 euro, ognuna di 20.000, percepiva un doppio bonus pari a 160 euro.

 la seconda sta nel fatto che il lavoratore con un imponibile costante di poco sotto alla soglia di 2.692 euro, di fatto, avrà un netto annuo in busta superiore a chi sta sopra a tale soglia anche se di poco, come dimostrato da tabella a seguire:

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