CREMONA, DOPO L’ENNESIMO SUICIDIO DI UN DETENUTO IN CARCERE, SAPPE RINNOVA APPELLO ALLE ISTITUZIONI: “SERVONO RAPIDI E URGENTI PROVVEDIMENTI, TUTTI RESPONSABILI PER QUESTE MORTE ASSURDE E INGIUSTE”
“Questo ulteriore suicidio avvenuto nel carcere di Cremona deve far riflettere sulla condizione in cui vivono i detenuti e su quella in cui è costretto ad operare il personale di Polizia Penitenziaria”.
Lo dice Donato Capece, segretario generale del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, commentando il 62esimo suicidio nelle carceri del 2024. Alfonso Greco, segretario per la Lombardia del SAPPE, aggiunge che il detenuto “aveva 31 anni, era originario del Marocco ed era ristretto in carcere per presunte rapina e violenza sessuale. Aveva sottratto un mestolo dalla cucina e aveva litigato con un altro detenuto, per questo era stato recentemente ripreso.
Poi non è voluto rientrare in Sezione e ha attuato il gesto estremo, anche se sembrerebbe che abbia voluto fare un gesto dimostrativo ed invece è morto”.
“Spesso, questi eventi, oltre a costituire una sconfitta per lo Stato, segnano profondamente i nostri Agenti che devono intervenire”, prosegue Capece.
“Si tratta spesso di agenti giovani, lasciati da soli nelle sezioni detentive, per la mancanza di personale. Servirebbero anche più psicologi e psichiatri, vista l’alta presenza di malati con disagio psichiatrico. Spesso, anche i detenuti, nel corso della detenzione, ricevono notizie che riguardano situazioni personali che possono indurli a gesti estremi”.
“Siamo costernati ed affranti: un detenuto che si toglie la vita in carcere è una sconfitta per lo Stato e per tutti noi che lavoriamo in prima linea. Ma nessuno può sentirsi indifferente a queste morti.
Il personale di Polizia Penitenziaria è sempre meno, anche a seguito di questi eventi oramai all’ordine del giorno. Stiamo vivendo un’estate di fuoco nelle carceri e servono immediatamente provvedimenti concreti e risolutivi: espulsioni detenuti stranieri, invio tossicodipendenti in Comunità di recupero e psichiatrici nelle Rems o strutture analoghe.
Il personale di Polizia Penitenziaria è allo stremo e, pur lavorando più di 10/12 ore al giorno, non riesce più a garantire i livelli minimi di sicurezza. Fino a quando potrà reggere questa situazione?”.
Capece stigmatizza chi ha parlato di un “boia” che agirebbe nelle carceri – “non credo sia strumentalizzando con frasi ad effetto queste dolorose morti che si rende un servizio alla comunità penitenziaria tutta” – e “numeri assurdi, mai visti in precedenza, indegni per un paese civile” – “ce ne furono 84 nel 2022 con Cartabia Guardasigilli, durante il“governo dei Migliori”, che evidentemente non è stato il migliore dei governi, ma chi oggi si straccia le vesti allora disse poco o nulla…”.
Per questo, Capece ribadisce che si rendono sempre più necessari gli invocati interventi urgenti suggeriti dal SAPPE per fronteggiare la costante situazione di tensione che si vive nelle carceri italiane:
“Non è più rinviabile una riforma strutturale del sistema, anche ipotizzando eventualmente di ridurre il numero di reati per cui sia previsto il carcere e, conseguentemente, implementare delle pene alternative alla detenzione ed avviare una efficace struttura che consenta la loro gestione sul territorio.
Il primo Sindacato della Polizia Penitenziaria non si fa prendere per il naso da chi oggi pensa di avere scoperto l’acqua calda e i problemi carcerari sollecitando improbabili indulti e leggi svuota carceri, mentre per mesi ed anni non hanno detto una parola sui provvedimenti delle varie maggioranze politiche di ogni colore al Governo che, nel tempo, hanno destabilizzato il sistema e destrutturato la sicurezza nelle carceri”.
Dott. Donato CAPECE – segretario generale SAPPE