EMERGENZA SANITARIA NAZIONALE. LA CORTE DEI CONTI: AL SSN MANCANO 65.000 INFERMIERI E IL 66% DI MEDICI.
IL GOVERNO RICHIAMI LA SANITA’ MILITARE MOBILITANDO IL CORPO MILITARE DELLA C.R.I. E IL CORPO DELLE INFERMIERE VOLONTARIE.
(di Salvo Consoli). Italia paese esterofilo per eccellenza pronto ad aiutare qualsiasi parte del mondo, sia che lo richieda o no, con al seguito di organizzazioni pubbliche e private, con volontari pronti a partire da oriente a occidente, da nord a sud per soccorrere qualsiasi emergenza del globo, a conferma della nostra grande nobiltà e generosità. Spesso però si dimentica delle tragedie della porta accanto e dei diritti lesi dei suoi figli, dei suoi cittadini. Si dimentica dei luoghi dove le telecamere non entrano e dove si consumano tragedie familiari in totale solitudine come nell’assistenza domiciliare, fino a quando si tramutano in casi di cronaca nera.
La sanità italiana da tempo è in affanno e a dare una boccata di ossigeno a liste di attesa, pronto soccorso, ambulatori e reparti di degenza potrebbe essere la sanità militare. Nell’immediato la risposta potrebbe venire dai Corpi ausiliari della C.R.I. pronti a essere mobilitati e anche consolidati con la revisione della loro struttura organizzativa, in modo da rispondere in modo sicuro, competente ed affidabile alle esigenze nazionali, anche nei periodi di emergenza sanitaria di ogni ordine e grado. E’ questa la ricetta urgente da seguire per sanare i disturbi del servizio sanitario nazionale e delle esigenze sanitarie territoriali.
Il fatto è diventato oramai di dominio comune, tutti ne parlano ma nessuna soluzione sembra intravedersi alla fine del tunnel. La carenza di personale sanitario, specie quello infermieristico sta toccando livelli di guardia mentre quello medico si sta oramai consolidando con liste di attesa lunghissime per le visite e con carenze di medici di famiglia.
Manca inoltre il ripristino del turn over e per altri versi sono i concorsi che non riescono a coprire i posti stabiliti dal bando. Poi si fa avanti la crisi economica che si ripercuote sugli stipendi che al nord Italia sono insufficienti per vivere con conseguente mobilità verso il sud Italia o verso l’estero, principalmente Germania e Inghilterra che attirano gli infermieri con stipendi più allettanti.
LA SANITA’ DIVENTA PRIVATA?
La carenza di personale medico e infermieristico mette in crisi il sistema sanitario per due ordini di elementi. Uno è tutelare la salute ai cittadini in ossequio all’art.32 della Costituzione come bene primario, mentre invece oggi molti italiani rinunciano a curarsi e solo chi ha disponibilità economica ricorre all’intramoenia o alla sanità privata in tempi brevi. L’altro è quello di salvaguardare la salute degli operatori sanitari che per le carenze descritte sono sottoposti a turni massacranti e usuranti con la concreta possibilità di errori e di ammalarsi divenendo a loro volta pazienti. Un cane che si morde la coda e che premia quel maledetto profitto che in questo ambito non guarda nessuno e rischia di diventare il metro per cui se hai i soldi ti curi altrimenti crepi.
Sembra inconcepibile inoltre come talune azienda sanitarie e alcuni reparti abbiano negato la possibilità di eseguire visite ambulatoriali in convenzione con il servizio sanitario con la scusa che i numeri del personale non consentono nemmeno di poter seguire nemmeno i pazienti dimessi dall’ospedale.
Diversamente se chiedi una visita privata o in intramoenia il tempo di attesa per visitare il paziente lo trovano. Sul fronte emergenziale c’è invece l’esigenza di colmare gli organici del pronto soccorso che sta diventando un luogo di lavoro assai stressante e usurante. La scarsità di personale rischia di far arenare il Pnrr con il conseguente collasso del SSN.
Non sono le risorse economiche da destinare che mancano per garantire i servizi sanitari, ma bisogna anche considerare le spese per il personale socio sanitario che dovrebbe garantire il supporto sia dei pronto soccorso, sia dei servizi ospedalieri che di quelli assistenziali domiciliari. Le regioni su questo tema hanno lanciato le loro preoccupazione già da tempo.
EFFICIENZA SANITA’ MILITARE
Un esempio di buona sanità, lontano dai media, viene dalla Marina Militare. A Napoli gli uomini dell’infermeria del Comando logistico, nel 2021, hanno salvato una donna, che casualmente si era trovata a transitare nei pressi dell’ambulatorio militare e aveva chiesto aiuto per un avvelenamento. Si tenga presente che i tempi di attesa di una ambulanza del 118 a Napoli non sono sempre rapidi stante il traffico e le numerose chiamate dall’utenza.
S.O.S. ASSISTENZA DOMICILIARE
Episodi di soccorso a famiglie nell’assistenza domiciliare invece sono molto rari e sono sporadiche iniziative di qualche volontario di associazioni di soccorso che gratuitamente regala un po del suo tempo a malati e disabili.
Le Crocerossine di Ferrara evidenziano che nelle loro attività c’è “L’assistenza domiciliare” (vedi: www.criferrara.it/i-volontari-cri/infermiere-volontarie/) motivo per cui si spera che questa iniziativa si diffonda sull’intero territorio nazionale, con piu’ soggetti coinvolti. La carenza di personale di supporto è infatti assai elevata sul fronte dell’assistenza domiciliare che se da una lato solleva il sistema sanitario ospedaliero dall’altro grava sui caregiver familiari che hanno una aspettativa di vita ridotta di 9 anni e il rischio di ammalarsi o invalidarsi elevatissimo.
Le famiglie infatti non sempre riescono a trovare assistenti domiciliari o badanti (diventate costose e spesso con lavoro svolto senza contratto) che provvedano alle esigenze di base del paziente non potendo solo contare sui servizi limitati erogati dalla sanità regionale.
LE LISTE DI ATTESA INFINITE
Non parliamo poi delle liste di attesa dove oramai non è possibile prenotare prestazioni sanitarie che rispettino il codice di priorità con situazione di urgenza che devono o rivolgersi alla sanità a pagamento, o di non potersi curare per mancanza di risorse. Poco conosciuto è il Decreto Lgs. n. 124 del 1998 che regolamenta le liste d’attesa, indicando che le Regioni, insieme alle Aziende Unità Sanitarie locali e gli ospedali, devono stabilire i tempi massimi che intercorrono tra la richiesta della prestazione e la sua esecuzione.
Se i tempi massimi di attesa superano quelli stabiliti, si può chiedere che la prestazione venga fornita in intramoenia senza dover pagare il medico come “privato”, ma corrispondendo solo il ticket.
INFERMIERI CONGELATI
Si stima che un quarto del totale del personale infermieristico non è impiegato direttamente nell’assistenza. Tuttavia, questi infermieri vengono ancora conteggiati come se lavorassero nel loro ruolo originale, creando dati distorti delle reali carenze di personale infermieristico.
In molte aziende sanitarie gli infermieri svolgono attività dedicate a pratiche di gestione e accettazione delle prestazioni sanitarie, in pratiche di ricovero, amministrative, etc. Fatti salvi i casi di personale che ha alle spalle cause di servizio o problematiche sanitarie gravi, tutto il resto degli infermieri deve tornare a svolgere la professione infermieristica per cui è stato formato. Troppi infermieri dietro gli sportelli o negli uffici è una prassi che oggi non può essere accettata dentro una situazione emergenziale.
Questa situazione danneggia non solo i pazienti, che potrebbero beneficiare di un maggior numero di infermieri dedicati all’assistenza diretta, ma anche i colleghi infermieri che si trovano in prima linea e che stanno affrontando difficoltà senza precedenti in questo ultimo periodo. Occorre un controllo più efficace è una regolamentazione più rigida.
ANALISI DELLA SITUAZIONE
Per quanto riguarda l’Italia emerge un paese dove non mancano medici, ma di questi mancano alcune figure e specializzazioni e ciononostante la sanità pubblica soffre invece una forte carenza. Altro dato di emergenza è che i medici italiani sono i più anziani d’Europa.
Mentre la situazione è molto critica invece per quanto riguarda gli organici infermieristici i cui numeri sono in discesa sia per quanto riguarda la consistenza, sia per la formazione e l’eventuale adeguamento al resto d’Europa di responsabilità e competenze. Nella medicina generale, l’Italia ha perso circa 5mila medici in dieci anni, quelli che teoricamente dovrebbero essere recuperati per portare alla media europea il numero di MMG italiano ogni 100mila abitanti.
E quelli attuali spesso non riescono a gestire il loro ruolo di filtro sul territorio per una carente organizzazione multiprofessionale dell’assistenza. Così come non si può dichiarare che ci sia una carenza analoga a quella che deriverebbe, ad esempio, per gli infermieri, se ci si dovesse innalzare il loro rapporto su centomila abitanti ai valore delle medie OCSE: ne servirebbero circa 150mila in più di quelli attuali e non i 65mila indicati anche dalla Corte dei conti nella sua recente memoria sul NADEF (ottobre 2022) e dalla Federazione nazionale italiana degli infermieri.
Per le ostetriche i dati Eurostat evidenziano una carenza in Italia di circa 8.300 unità, ma anche in questo caso va considerata la struttura dei servizi, l’andamento demografico (con le nascite in forte calo), quello epidemiologico (con alcune patologie perinatali in aumento che possono aver bisogno di supporto e monitoraggio continuo) e l’organizzazione multiprofessionale dell’assistenza.
Ma la consistenza sulla base del rapporto con la popolazione è comunque indice della capacità di risposta dei servizi e della possibilità che questi possano svilupparsi, come il PNRR indica, soprattutto verso l’assistenza alla persona nella sua domiciliarità.
Questo implica supportare le funzioni assistenziali a casa del paziente con personale che possa consentire ai familiari di viver una vita normale e non gravata da oneri di impegno disumani e invalidanti.
.AZZERARE LE LISTE DI ATTESA
E’ possibile se si organizzano le Aziende sanitarie con la mobilitazione dei medici in pensione, dei medici militari, delle componenti civili e militari della C.R.I., volontari, crocerossine, il Corpo militare e anche l’Ordine Sovrano militare di Malta. Se si aprono gli ambulatori tutto il giorno incluso sabato e domenica le liste scorreranno veloci. Ottimo se si aprono anche gli ambulatori militari. La C.R.I. e lo S.M.O.M. dovrebbero avere degli ambulatori medici aperti tutti i giorni e comunque sarebbe incentivante se si predisponessero in tal senso.
SOCCORRERE L’ASSISTENZA DOMICILIARE
La maggior parte dei pazienti e dei disabili è assistita a domicilio a cura di familiari, caregiver e assistenti domiciliari senza avere il necessario supporto umano e sociosanitario. Potenziare i servizi sanitari domiciliari e creare la figura dell’infermiere di famiglia. Mobilitare volontari, crocerossine studenti del comparto sociale e sanitario, per organizzare servizi di supporto e di sollievo alle famiglie, predisporre incentivi per ci assume una badante e regolarizzare il mercato dell’assistenza domiciliare che è in mano ad affaristi e a persone che guadagnano in totale evasione fiscale. Al di là delle chiacchere e delle promesse urge mano d’opera domiciliare sempre più difficile da trovare e concrete garanzie per proteggere i diritti dei malati a domicilio.
NO ALLA CREAZIONE DI PRECARI MILITARI IN SANITA’
Ricordiamo che con il D.L. 18 del 2020 cd. ”Cura Italia” si è fatto ricorso per l’emergenza sanitaria pandemica a una procedura semplificata per l’arruolamento, eccezionale e temporaneo (un anno), di 320 unità di personale medico e infermieristico (120 medici e 200 infermieri militari), definendone il relativo stato giuridico ed economico (art. 7). Sicuramente non condivisibile ed economicamente non conveniente appare il reclutamento di personale sanitario nominato senza concorso direttamente tra i cittadini, soprattutto non adeguatamente formato per indossare una divisa da indossare come militari delle riserva selezionata delle Forze Armate.[i].
LA SANITA’ MILITARE
Ricordiamo che sono già presenti i Corpi ausiliari delle Forze Armate che si occupano di sanità e che hanno allo loro spalle attività di servizio specialistico con personale già formato e specializzato e con esperienza sul campo, senza considerare la ulteriore disponibilità di ufficiali medici e sottufficiali infermieri delle Forze Armate in congedo provenienti dai corsi regolari, con esperienza di lavoro sul campo. Un discorso a parte meriterebbe poi il rilancio della sanità militare di ogni forza armata con il ripristino degli ospedali militari chiusi e delle infermerie, in modo da aver un servizio non solo dedicato al personale militare in servizio e in congedo, ma anche un servizio complementare per l’intero servizio nazionale, quando necessario.
Adesso che l’esigenza di personale sanitario si sta facendo nuovamente pressante ed evidente, sarebbe quindi opportuno mobilitare forze per cui lo Stato ha già stanziato fondi sia per la formazione sia per l’impiego dei Corpi ausiliari della C.R.I. e su questo aspetto la Corte dei Conti non potrebbe che essere d’accordo. Per formare una infermiera volontaria ci vogliono due anni di corso intensivo con lezioni pratiche e teoriche, inoltre questo personale viene inviato in missione sul territorio nazionale e all’estero in contesti di lavoro altamente impegnativi e spesso privi del supporto e delle apparecchiature d i cui gli ospedali sono dotati. Analogamente dicasi per il Corpo militare della C.R.I. che è dotato di medici, farmacisti, medici, commissari, infermieri e personale di assistenza già dotato di esperienza su teatri operativi nazionali e all’estero.
PREVEDERE INCENTIVI AI VOLONTARI
Al fine di rendere il personale volontario dei Corpi ausiliari della C.R.I. impiegabile per periodi di tempo significativi occorre però pensare di apportare qualche modifica al codice dell’ordinamento militare. Dopo aver smantellato il quadro permanente del Corpo militare CRI e cancellato tutti le forme di remunerazione al pari degli altri militari in servizio, sarebbe incentivante corrispondere al personale impiegato degli emolumenti cosi come previsti per il personale militare richiamato in servizio, escludendo ovviamente le ore di servizio gratuite previste dalla legge per il volontariato.
CROCEROSSINE IN CORSIA
Le infermiere volontarie sono adeguatamente formate per le emergenze sanitarie con alle spalle una lunga esperienza sul campo quindi la proposta avanzata è quella di mobilitarle per il servizio sanitario nazionale nell’immediato e poi di predisporre una norma di legge che consenta l’inserimento straordinario di quelle crocerossine che si rendano disponibili a lavorare negli ospedali pubblici, per sanare le pesanti carenze di organici rappresentata dalle regioni, con il vantaggio di disporre di personale motivato e preparato ad affrontare i compiti sanitari previsti.
Il Corpo militare della CRI ha a disposizione un vasto e diversificato parco di mezzi che andrebbe adeguatamente impiegato in tutti i servizi e nel supporto al servizio sanitario nazionale (incluso eccedenza al 118). Dopo gli oneri di acquisizione e di manutenzione a carico del bilancio dello Stato questi veicoli non possono essere tenuti nel garage del dimenticatoio. Per far questo occorre aver un quadro permanente di personale diviso per aree regionali di competenza che prenda a carico i mezzi e gestisca il personale volontario. Stessa cosa appare coerente anche per il Corpo delle Infermiere volontarie, un quadro permanente di personale assicurerebbe un impegno di lavoro e di responsabilità non attribuibile al rapporto di servizio volontario. Adesso sta a vedere se la volontà politica voglia dare un segnale di cambiamento nel rispetto della Costituzione e nel rispetto dei contribuenti italiani che hanno diritto non solo all’assistenza sanitaria ma anche che le loro tasse siano efficacemente impiegate per soddisfare il diritto alla salute.
[i] Infatti l’art. 674 del Codice dell’ordinamento militare che origina dal R.D. n. 819 del 1932 – cosiddetta “legge Marconi” – è caratterizzato dalla “ eccezionalità” e dal possesso di “ spiccata professionalità”, requisiti che non ricorrono nel caso in essere.