4 ottobre 2023 1° Lgt. in pensione Antonio Pistillo
Nella Nadef (nota di aggiornamento al Def) solo una dichiarazione programmatica del governo “ci sono i soldi per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego”, ma la dichiarazione rassicura poco, innanzi tutto perché la Nadef è una semplice cornice composta da numeri di bilancio e non un provvedimento che determina le risorse.
Quanti miliardi saranno destinati al rinnovo dei contratti sarà frutto delle trattative tra ministri e quello della pubblica amministrazione ha richiesto almeno 7/8 miliardi per i pubblici dipendenti, ma le uniche cifre che circolano sono quelle che filtrano dagli uffici tecnici che indicano in 3 miliardi, ma ancora non è chiaro se si tratta di una previsione per il solo 2024 o di una prima tranche triennale.
Nel primo caso è molto probabile che il governo si appresti a prorogare per il 2024 l’emolumento accessorio una tantum dell’1,5% previsto, per il solo anno 2023, dalla precedente legge di bilancio e, quindi, dei 3 ipotetici miliardi, 1 servirebbe per confermare l’aumento da 24,10 euro dell’Aviere Capo a 34,46 del Capitano ed evitare la beffa di una decurtazione dello stipendio dal prossimo gennaio.
Con un articolo, pubblicato il 30 gennaio 2023, si manifestavano delle perplessità sulla formula inedita di elargizione di un emolumento una tantum dell’1,5%, in sostituzione dell’adeguamento della vacanza contrattuale in godimento che faceva sorgere il tremendo dubbio che tale impostazione non fosse una forma di anticipazione, bensì sostituiva del rinnovo contrattuale e, quindi, di fatto un blocco subdolo degli aumenti per il 2022 e 2023.
Lo stanziamento delle risorse nella prossima legge di bilancio potrebbe essere la conferma di tale impianto, pertanto gli stipendi verrebbero adeguati dal 2024, ma senza gli arretrati per il biennio precedente. Ovviamente, sono ipotesi derivanti dal fatto che la coperta è corta, ma se anche il finanziamento fosse, nella migliore delle ipotesi, quello di 7/8 miliardi chiesti dal Ministro, l’aumento medio a regime sarebbe meno di 100, lontanissimo dall’adeguamento inflattivo del triennio, come si dimostrerà in seguito.
Contrariamente al comune convincimento, non è il dato generale dell’inflazione il parametro per adeguamento i contratti, bensì l’IPCA (Indice dei Prezzi al Consumo Armonizzato al netto degli energetici importarti) che, secondo l’ultimo dato disponibile comunicato dall’Istat il 07/06/2023, è pari al 6,6% per il 2022 e stimato al 6,6% e 2,9% rispettivamente per il 2023 e 2024. Ciò avrebbe dovuto comportare un aumento mensile lordo come da tabella a seguire.