di Emanuele Rossi
“In questo momento c’è una finestra di opportunità reale per chiudere concretamente su un progetto di Difesa comune europea ed è necessario sfruttarla”, le discussioni da un po’ di tempo si fanno più concrete, e nel vertice di Ventotene “Italia, Francia e Germania si sono promossi paesi aggregatori, con le potenzialità di fare da traino all’interno dei 28″.
È il commento che il generale Vincenzo Camporini, ex capo di Stato maggiore della difesa ed ufficiale di fama internazionale, affida a Formiche.net su uno degli argomenti politici che stanno segnando l’attualità a Bruxelles. Il generale italiano è uno dei quattro ufficiali europei già promotori dell’Helsinki Headline Goal, documento programmatico nato nel corso della seduta del Consiglio europeo del 1999 in cui si proponeva di dotare l’UE di uno strumento militare comunitario entro il 2003, mai reso effettivamente operativo, tanto che a distanza di 13 anni dalla prima timeline, poi rinviata, ci si ritrova ad affrontare con nuova spinta l’argomento.
DOPO LA BREXIT
“Dopo la Brexit l’Unione Europea ha bisogno di un rilancio politico e filosofico, e la Difesa è uno dei vari dossier da cui si può partire”. Ma la decisione del referendum inglese sblocca anche problematiche specifiche? “Le scelte di Londra sono state spesso mirate a porre un freno alle iniziative di difesa comune”. Qualche esempio concreto? “L’Agenzia europea per la difesa, quando a capo c’era lady Catherine Ahston: un’entità che, nonostante le buonissime intenzioni dei partecipanti, non è mai stata messa realmente in grado di lavorare.
C’era un problema di finanziamenti, ogni volta che si discuteva di bilancio la Gran Bretagna prendeva una posizione oltremodo rigida, bocciava qualsiasi proposta di aumentarlo e minacciava di uscire dalla collaborazione”. L’Agenzia europea per la difesa ha come progetto la ricerca e l’approvvigionamento militare comune: sotto questo aspetto ci saranno sviluppi di mercato anche a livello di fusioni societarie? “È un conseguenza necessaria di politiche comuni, abbiamo un mercato della difesa frammentato su base nazionale, dove ognuno segue i propri interessi. È un argomento delicato, su cui serve lavorare insieme”.