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Carabiniere senza cinture sull’auto di servizio? In caso di incidente il risarcimento è ridotto

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Confermata in Cassazione la decisione con cui un militare, che aveva subito delle lesioni a seguito di un sinistro stradale a bordo di una vettura dell’arma, si era visto respingere la richiesta di risarcimento dei danni subiti

La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12109/2020 si è pronunciata sul contenzioso tra un carabiniere e la compagnia assicurativa della vettura del Ministero della Difesa su cui il militare viaggiava quale terzo trasportato in occasione di un sinistro stradale. La vettura, nello specifico, aveva sbandato a causa del repentino attraversamento di un bovino andando a impattare contro un muro laterale della carreggiata.

L’uomo, in conseguenza dell’incidente non veniva confermato nell’incarico svolto nell’arma a causa dell’invalidità permanente ricevuta; aveva quindi agito in giudizio al fine di vedersi riconoscere il risarcimento dei danni patiti.

In primo grado la compagnia assicuratrice, unitamente al Ministero della Difesa, chiamato quale responsabile civile, erano stati condannati al risarcimento del danno a favore dell’attore. In sede di appello, tuttavia, la Corte territoriale aveva riformato la sentenza emessa dal Tribunale, riconoscendo, ai sensi dell’articolo 1227 del codice civile, il concorso di responsabilità del terzo trasportato nella misura del 40%, sull’assunto che dalle lesioni subite (rottura della clavicola sinistra e trauma facciale destro), unitamente alla ricostruzione della dinamica del sinistro, fosse desumibile che il trasportato non indossasse la cintura di sicurezza, rilevando altresì che non era stato allegato che il carabiniere si trovasse a operare in una situazione di emergenza che lo esonerava dall’obbligo di indossarla.

Nell’impugnare la decisione di secondo grado davanti ai Giudici del Palazzaccio, il ricorrente eccepiva che il concorso del danneggiato fosse stato desunto da un principio di comune esperienza, considerando la cinematica dell’incidente e il referto ospedaliero; accertamenti che, in tal caso, non potevano costituire prova o presunzione significativa del mancato uso delle cinture di sicurezza. Per il militare mancavano indizi gravi precisi e concordanti per affermare il concorso di colpa del danneggiato; a suo avviso la valutazione del concorso ex art. 1227 cod.civ. sarebbe stata frutto di “mera ipotesi o personalissimo intuito del giudicante”.

Gli Ermellini, tuttavia, hanno ritenuto le doglianze proposte affette da vizio di inammissibilità.

Per la Cassazione, le valutazioni circa la dinamica dell’occorso, che avevano condotto la Corte a ritenere la sussistenza di un concorso colposo in capo al carabiniere trasportato, ex art. 1227 cod. civ., per non avere egli indossato la cintura di sicurezza in una situazione in cui non era da questo obbligo esentato, anche se prestava servizio di pattugliamento, attengono all’attività del giudice di merito di libera valutazione delle prove. In particolare, il ragionamento presuntivo che aveva condotto la Corte nel ritenere provato il concorso della vittima nella causazione del sinistro risultava espresso in motivazione con dovizia di particolari, posto che erano state valorizzate precipuamente le caratteristiche delle fratture subite dal danneggiato in relazione all’impatto del veicolo contro un muro, avvenuto dopo una repentina manovra di emergenza per superare un ostacolo sulla carreggiata.

Oltretutto – specificano da Piazza Cavour – nella prova per presunzioni non occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, essendo sufficiente che il fatto da provare sia desumibile dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente possibile, secondo un criterio di normalità, ovvero che il rapporto di dipendenza logica tra il fatto noto e quello ignoto sia accertato alla stregua di canoni di probabilità, la cui sequenza e ricorrenza possano verificarsi secondo regole di esperienza.

Il giudice che ricorra alle presunzioni, nel risalire dal fatto noto a quello ignoto, deve rendere apprezzabili i passaggi logici posti a base del proprio convincimento, dopodiché il giudizio diviene insindacabile in sede di giudizio di legittimità, in quanto espressione di un corretto esercizio del potere di libera valutazione della prova.

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