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Capo di 1^ Classe ottiene maxi risarcimento per oltre 1 milione di Euro – Ecco perchè

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La sentenza risale allo scorso 2 luglio, ed è stata emessa dal tar di Firenze. Un militare, un Maresciallo della Marina, dopo dieci anni di servizio venne inviato in missione addestrativa nel Mar Rosso. Erano gli anni in cui il nostro paese era impegnato nel Mar Rosso e nel Golfo Persico per attività internazionali di pattugliamento e di addestramento truppe.

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Dopo due anni il militare si ammalò, e dopo ulteriori due anni le sua condizioni si aggravarono. Ci sono voluti 20 anni di battaglie legali per venirne a capo

Il Tar di Firenze  ha accolto nel merito il  ricorso del militare, imputando al Ministero della Difesa di non aver usato  gli accorgimenti necessari a svolgere adeguatamente il servizio . Il risarcimento chiesto dall’ ormai ex Maresciallo transitato al ruolo civile della Difesa, supera il milione di euro (esattamente 1.178.160,50 di euro) e riguarda il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali, compreso il danno biologico permanente e temporaneo, le spese di spostamento e le cure mediche, oltre al  danno morale, a quello esistenziale,ed alla perdita di chanche  professionali.

Il Tar quindi bacchetta il Ministero, accusandolo di non aver provveduto in modo adeguato della salute del militare, cosi come avrebbe dovuto fare un qualsiasi datore di lavoro. La richiesta del Capo di 1^ Classe era infatti posta anche in base agli obblighi previsti dall’articolo 2087 del codice civile e con esso l’illegittimità del contegno datoriale.

Secondo i giudici  del tribunale fiorentino, il militare ha ragione. Il luogo di lavoro deve considerarsi strutturato e definito in funzione dell’utilità che si intende trarre dall’adempimento dell’obbligazione del lavoratore e deve comunque essere concepito in maniera tale da rispettare l’integrità psico-fisica del soggetto debitore, anche a prezzo di condizionare la libertà di organizzazione d’impresa.

Ne consegue l’ obbligo generale del datore di lavoro, affinché quest’ultimo si adoperi per adottare le prescrizioni necessarie ad assicurare l’esistenza di un ambiente di lavoro salubre, attraverso l’adozione delle misure e degli accorgimenti allo scopo necessari a consentire che la prestazione possa (e non solo debba) essere adempiuta. Il Tar ha quindi condannato il Ministero della Difesa al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali complessivamente patiti dal ricorrente nella complessiva somma pari ad 1.178.160,50 euro”.



Vi  proponiamo di seguito la sentenza integrale:

Sul ricorso numero di registro generale 1115 del 2015, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Matteo Brizzi e Alfonso Del Giudice, domiciliato presso la Segreteria T.A.R. in Firenze, via Ricasoli 40;

contro

Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Firenze, domiciliata ex lege in Firenze, via degli Arazzieri 4;

per l’accertamento

e la dichiarazione dell’inadempimento contrattuale ed extracontrattuale rispetto agli obblighi previsti dall’art. 2087 c.c. e con esso l’illegittimità del contegno datoriale per tutte le ragioni indicate e per l’effetto condannare il Ministero della Difesa in persona del Ministro pro tempore al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali complessivamente patiti dal ricorrente nella complessiva somma pari ad € 1.178.160,50 o nella somma minore che verrà accertata in corso di causa.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 1-OMISSIS- giugno 2018 il Consigliere Giovanni Ricchiuto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con il presente ricorso il Sig. -OMISSIS- ha chiesto l’accertamento dell’inadempimento contrattuale ed extracontrattuale, rispetto agli obblighi previsti dall’art. 2087 c.c., e con riferimento al comportamento tenuto dal Ministero della Difesa, chiedendo che quest’ultimo sia condannato al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali asseritamente patiti per un importo complessivo di Euro 1.178.160,50.

Il Sig. -OMISSIS-, già Capo di -OMISSIS-° classe della Marina Militare e arruolato a far data dal gennaio 1989, evidenzia di aver partecipato ad una missione addestrativa militare nel Mar Rosso tra il settembre e l’ottobre 1998, nel corso della quale asserisce di aver contratto la patologia del tipo “-OMISSIS-“.

A seguito di ciò il Sig. -OMISSIS- aveva presentato un’istanza per il riconoscimento della dipendenza di tale patologia da causa di servizio, ritenendo che l’insorgere di detta patologia fosse riconducibile al comportamento del Ministero della Difesa che avrebbe omesso di prescrivere ai propri dipendenti l’adozione di misure di profilassi, di vaccinazioni obbligatorie e l’uso di abbigliamenti o misure di prevenzione generali ed adeguati.

Con verbale n. 128 del -OMISSIS-0/05/2000 la Commissione Medica di II° istanza evidenziava che lo stato della patologia riscontrata fosse “modificabile“, ossia che la stessa non fosse stabilizzata.

Il 5 settembre 2002 il Sig. -OMISSIS- presentava una domanda di aggravamento della patologia suindicata e di interdipendenza con altra, nel frattempo insorta, e corrispondente ad un disturbo d’ansia secondario.

Con il verbale n. 462 del 19 dicembre 200-OMISSIS- la C.M.O. della -OMISSIS- aveva accertato l’esistenza della “-OMISSIS-” unitamente al “disturbo d’ansia secondario”, patologia quest’ultima anch’essa riconducibile a causa di servizio.

Seguiva in data 27 gennaio 2004 la presentazione della domanda volta ad ottenere l’equo indennizzo che, a sua volta, veniva accolta con il decreto dell’11 giugno 2009, riconoscendo l’8° categoria per l’infermità “-OMISSIS-“, senza tuttavia riconoscere l’interdipendenza della seconda patologia.

Detto decreto veniva impugnato presso questo Tribunale ai fini dell’accertamento della dipendenza di entrambe le patologie (-OMISSIS- e disturbo d’ansia), ricorso quest’ultimo accolto con la sentenza n. 1950/2014 con la quale si è ritenuto “apoditticamente motivato” il parere del Comitato di Verifica, annullando detto decreto e ordinando alla amministrazione di “riesaminare l’istanza del ricorrente alla luce di tutte le circostanze sopradescritte dando congruamente conto della decisione finale che sarà adottata in relazione alle suddette circostanze“.

Nel frattempo il Sig. -OMISSIS- è stato congedato dai ruoli di maresciallo della Marina Militare nel dicembre 200-OMISSIS-, transitando nei ruoli del personale civile del Ministero della Difesa a far data dal luglio 2005, circostanza quest’ultima che avrebbe portato il ricorrente a perdere i maggiori trattamenti retributivi conseguenti alla possibilità di partecipare alle missioni all’estero.

In assenza dell’emanazione di un provvedimento dell’Amministrazione idoneo a riconoscere la causa di servizio per le patologie sopra citate, il Sig. -OMISSIS- ha proposto il presente ricorso, chiedendo l’accertamento della condotta illegittima e, ciò, sulla base dell’esistenza dei seguenti vizi:

1. la violazione dell’art. 2087 codice civile, in quanto gli obblighi in materia di sicurezza troverebbero applicazione generalizzata a tutti i settori di attività pubblica e privata;

2. la responsabilità contrattuale del Ministero della Difesa per violazione dell’art. 2087 c.c., in quanto l’Amministrazione non avrebbe osservato le cautele adottabili in concreto;

-OMISSIS-. il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali, il danno biologico permanente e temporaneo, le spese di spostamento e cure mediche, il danno morale, danno esistenziale, danno da perdita di chanche e il danno professionale.

Si è costituito il Ministero della Difesa, depositando una relazione sui fatti in causa.

Con le ordinanze istruttorie n. 1-OMISSIS-41 e n. 158 del 20 settembre 2017 e del -OMISSIS-1 gennaio 2018 questo Tribunale ha disposto il compimento di una Consulenza Tecnica d’Ufficio, chiedendo al C.T.U. “..se, per quali ragioni e con quale grado di probabilità la patologia -OMISSIS-, dalla quale il ricorrente è affetto, possa dirsi contratta in rapporto di derivazione causale dall’attività di servizio prestata dal ricorrente medesimo nel corso della missione sul Mar Rosso del settembre – ottobre 1998. Dica inoltre il C.T.U. se il disturbo d’ansia secondario, dal quale pure il ricorrente è affetto, sia a sua volta in rapporto di derivazione causale dalla prima patologia. In caso affermativo, dica il C.T.U. se, dalle patologie sopra indicate, residuino postumi permanenti a carico del ricorrente e in quale misura percentuale complessiva, quantificando inoltre la durata e il grado dell’invalidità temporanea”.

Il -OMISSIS- maggio 2018 è stata depositata sia la CTU sia la richiesta di liquidazione del compenso, riferita ad entrambi i periti autorizzati.

All’udienza del 1-OMISSIS- giugno 2018, uditi i procuratori delle parti costituite, il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

DIRITTO

1. Il ricorso è da accogliere risultando in parte fondate tutte le censure proposte.

1.1 In primo luogo va evidenziato che secondo consolidata giurisprudenza l’applicazione della norma di cui all’art. 2087 codice civile è estesa anche alle prestazioni svolte nell’ambito del pubblico impiego (Cassazione n. 2719/1991; n. 9614/2001; n. 2769/1988 e n.9870/2014).

1.2 Deve essere condivisa anche la nozione “dinamica” dell’ambiente di lavoro (così come affermata dalla dottrina) che consente di considerare quest’ultimo non solo come il luogo della prestazione, bensì, in senso lato, con ciò che circonda il lavoratore.

Il luogo di lavoro deve, pertanto, considerarsi strutturato e definito in funzione dell’utilità che si intende trarre dall’adempimento dell’obbligazione del lavoratore e deve comunque essere concepito in maniera tale da rispettare l’integrità psico-fisica del soggetto debitore, anche a prezzo di condizionare la libertà di organizzazione d’impresa.

Ne consegue che sussiste un obbligo generale del datore di lavoro, così come desumibile dall’art. 2087 del codice civile, affinché quest’ultimo si adoperi per adottare le prescrizioni necessarie ad assicurare l’esistenza di un ambiente di lavoro salubre, attraverso l’adozione delle misure e degli accorgimenti allo scopo necessari a consentire che la prestazione possa (e non solo debba) essere adempiuta.

1.-OMISSIS- Quale correlato del venire in essere di un dovere di sicurezza del datore di lavoro è, altresì, configurabile l’esistenza di un diritto soggettivo perfetto del lavoratore alla sicurezza, sulla base di quanto previsto dagli artt. -OMISSIS-2 e 41 Cost., così come tradotti nell’art. 2087 del codice civile, diritto soggettivo la cui violazione comporta un vero e proprio inadempimento del datore di lavoro.

1.4 Costituisce principio altrettanto consolidato secondo cui, in tema di responsabilità del datore di lavoro per violazione delle disposizioni dell’art. 2087 codice civile, il lavoratore che subisce l’inadempimento è soggetto all’onere di allegare e dimostrare l’esistenza non solo del fatto materiale, ma altresì delle regole di condotta che assume essere state violate e che sono poste a presidio dell’integrità fisica e della personalità morale dei prestatori di lavoro (Cass. Civ. Sez. Lavoro 10/6/2016 n. 11981).

La responsabilità dell’Amministrazione è, quindi, da ricondurre alla nozione di colpa inerente la violazione degli obblighi di sicurezza che, in quanto tale, consiste nell’inosservanza delle cautele necessarie ad assicurare la tutela del lavoratore.

Al profilo della responsabilità per violazione dell’art. 2087 è stato ricondotto dalla giurisprudenza anche il c.d. danno biologico, inteso come la menomazione all’integrità psico-fisica della persona in sé e per sé considerata (Cass. civ. Sez. lavoro, 06-07-1990, n. 7101), impostazione fatta propria anche dall’attuale ricorrente che ha distinto le somme richieste tra danno biologico permanente e temporaneo.

1.5 Sulla base di quanto sopra ricordato risulta evidente come, nel caso di specie, sussistano tutti i presupposti per il riconoscimento del danno di cui all’art. 2087 del codice civile.

1.6 Non solo che il Ministero della Difesa è tenuto al rispetto degli obblighi in materia di sicurezza di cui all’art. 2087 del codice civile, ma detti obblighi dovevano ritenersi esistenti anche nell’ipotesi di missioni all’estero, non assumendo rilievo a detti fini il luogo dove si svolge la prestazione dell’attività lavorativa.

1.7 Si consideri che il Sig. -OMISSIS- ha provveduto ad elencare nel ricorso le singole prescrizioni omesse (ad es. l’utilizzo di zanzariere e insetticidi), senza che il Ministero della Difesa, anche nella relazione depositata a seguito della conclusione, abbia ritenuto di contestare le argomentazioni proposte, non smentendo la violazione degli obblighi in materia di sicurezza di cui all’art. 2087 del codice civile.

1.8 Ne consegue come sia possibile applicare il principio di non contestazione di cui all’art. 64 del cpa, accogliendo la domanda di risarcimento, seppur nei limiti delle patologie accertate dal CTU.

1.9 Quest’ultimo ha, infatti, accertato, dopo aver esaminato le osservazioni dei periti di parte, ha ritenuto che il “Sig. -OMISSIS- -OMISSIS-, abbia contratto con elevata probabilità (certamente superiore al 50%) la -OMISSIS- in occasione della missione di servizio svolta nel periodo settembre-ottobre 1998 e che, nel contempo, anche il disturbo ansioso-depressivo reattivo sia riconducibile al servizio prestato”.

2. Per quanto attiene gli aspetti risarcibili il CTU ha riconosciuto l’esistenza della sola invalidità temporanea, distinguendo tra un’invalidità temporanea assoluta, (al 100% e pari a complessivi 120 giorni) e, ancora, un’invalidità temporanea parziale, frazionata quest’ultima in un periodo di 6 mesi (per una percentuale di invalidità pari al 50%) ed un ulteriore periodo di 6 mesi per una percentuale pari al 25%.

2.1 Sempre il CTU ha escluso l’esistenza di un’invalidità permanente nei confronti del Sig. -OMISSIS-, affermando che si “..ritiene, per le argomentazioni suesposte, che attualmente non residuino postumi permanenti correlabili alle patologie patite (-OMISSIS- e disturbo ansioso-depressivo reattivo) e, ciò, in considerazione del fatto che cui la patologia -OMISSIS- non abbia recidivato dopo l’anno 200-OMISSIS-”.

2.2 Dette conclusioni devono ritenersi condivisibili, malgrado siano state contestate dal Sig. -OMISSIS-.

2.-OMISSIS- In particolare, e con riferimento all’accertata assenza di un’invalidità permanente, è dirimente constatare che dalla documentazione sanitaria in atti, e così come dimostrato dall’esame clinico, non sono residuati postumi permanenti correlabili alle patologie patite dal ricorrente (-OMISSIS- e disturbo ansioso-depressivo reattivo).

2.4 Nemmeno il ricorrente, o i consulenti di parte, hanno dedotto ulteriori elementi idonei a dimostrare come le patologie di cui si tratta fossero persistenti o abbiamo prodotto dei postumi suscettibili di giungere ad una diagnosi di invalidità permanente.

2.5 L’esistenza di un quadro evolutivo della malattia era stato peraltro evidenziato anche nei riscontri delle visite innanzi alle Commissioni mediche (si veda in questo senso il verbale n. 128 del -OMISSIS-0/05/2000) e, nel contempo, dalla certificazione del medico della Medicina del Lavoro dell’-OMISSIS–OMISSIS-del 2009 (25/08/09) che aveva definito come “pregresso” il disturbo d’ansia.

2.6 Si consideri che tali conclusioni sono state confermate, seppur indirettamente, dallo stesso ricorrente nel momento in cui ha affermato, nel corso della visita alla quale è stato sottoposto, di non utilizzare terapie farmacologiche e/o psicoterapiche in atto.

Il Sig. -OMISSIS- ha, infatti, confermato di essere attualmente in buon equilibrio psico-fisico, senza riferire l’esistenza di sintomi di ansia, né disturbi del ritmo sonno-veglia, circostanze queste ultime che dimostrano l’esistenza di un quadro stabile, così come peraltro indirettamente confermato dai consulenti di parte presenti all’esame che, a loro volta, non hanno richiesto che si procedesse a una nuova valutazione psichiatrica.

2.7 Altrettanto da condividere sono le conclusioni del CTU riferite all’invalidità temporanea, quest’ultima riconosciuta nei limiti sopra citati.

2.8 Il CTU ha considerato i periodi di ricovero e di convalescenza, nonché quelli relativi ai vari controlli e alle terapie ascrivibili alle patologie che sono state riconosciute riconducibili al servizio prestato, periodi così come documentati da quanto presente in atti.

Sulla base del computo di detti periodi il CTU ha ritenuto di quantificare l’invalidità temporanea permanente in 120 giorni, mentre quella parziale è stata frazionata in sei mesi per quanto concerne una percentuale di invalidità pari al 50% e, in ulteriori 6 (sei) mesi, per una percentuale pari al 25%.

2.9 E’ evidente che non avrebbero potuto essere computati gli ulteriori periodi di assenza dal servizio (pari a complessivi 12-OMISSIS-7 giorni), né i periodi di assenza successivi al 200-OMISSIS-, non risultando dimostrato che questi ultimi fossero strettamente correlati alle patologie di cui si tratta.

-OMISSIS-.Si consideri, peraltro, che un consolidato orientamento giurisprudenziale consente il cumulo tra equo indennizzo e risarcimento per danno biologico, per infermità contratta dal pubblico dipendente per causa di servizio e, ciò, laddove risulti dimostrata (come nel caso di specie) la violazione dei principi di cui all’art. 2087 cod. civ. (T.A.R. Sicilia Catania Sez. III, 2-OMISSIS–0-OMISSIS–2011, n. 701).

-OMISSIS-.1 L’equo indennizzo, infatti, non è volto ad assicurare il ristoro del danno biologico subito, trattandosi di somma corrisposta a titolo di indennizzo, ovvero derivante da responsabilità per fatto lecito, essendo riconosciuto a prescindere dalla colpevolezza della P.A., sulla base del solo accertamento del nesso causale fra patologia permanente insorta e “fatto di servizio”, laddove il risarcimento del danno biologico è ascrivibile alla responsabilità da fatto illecito ed in particolare, secondo quanto di seguito specificato, o alla responsabilità aquiliana ex art. 204-OMISSIS- c.c., o alla responsabilità di carattere contrattuale di cui all’art. 2087 c.c. (T.A.R. Campania Napoli Sez. VII, 06-0-OMISSIS–2014, n. 1417; T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, 27-07-2005, n. -OMISSIS-4-OMISSIS-8).

-OMISSIS-.2 In conclusione va riconosciuta la sola invalidità temporanea e che dovrà essere risarcita dall’Amministrazione nei termini sopra citati.

-OMISSIS-.-OMISSIS- Per quanto concerne le rimanenti voci di danno che il ricorrente asserisce di aver subito e relative alle spese di spostamento, alle cure mediche, al danno da perdita di chanche e al danno professionale, anche queste ultime vanno rapportate al periodo di 16 mesi complessivi nell’ambito dei quali è stata accertata un’invalidità temporea.

-OMISSIS-.4 A tal fine è possibile procedere ad una valutazione equitativa, riferita a tutte le voci di danno di cui al terzo motivo, per un importo pari a euro 4.000,00 (quattromila//00).

-OMISSIS-.5 In conclusione il ricorso è parzialmente fondato, sussistendo il danno riconducibile all’invalidità temporanea assoluta (al 100% e pari a 120 giorni), mentre con riferimento all’invalidità temporanea parziale va riconosciuto un periodo pari a 6 (sei) mesi al 50% e, ancora, ad ulteriori 6 (sei) mesi per un’invalidità parziale al 25% e, ciò, riferimento alla retribuzione spettante al dipendente.

-OMISSIS-.6 Il Ministero della Difesa va, altresì, condannato al pagamento della somma pari a euro 4.000,00 (quattromila//00), con riferimento alle rimanenti categorie di danno non patrimoniale di cui al terzo motivo del ricorso.

-OMISSIS-.7 Le spese seguono la soccombenza sono liquidate come da dispositivo.

-OMISSIS-.8 Va liquidata da ultimo la parcella depositata dal Dott. Filippo Bartalesi, in conseguenza delle attività peritali svolte, per un importo pari a Euro 2.952,18, oltre oneri di legge.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui alla parte motiva condannando il Ministero della Difesa al risarcimento per violazione degli obblighi di cui all’art. 2087 del codice civile e al pagamento delle somme riconducibili alle seguenti tipologie di danno:

danno da invalidità temporanea nei termini di cui alla parte motiva;

danni non patrimoniali e spese sopportate per un importo pari a euro 4.000,00 (quattromila//00);

Condanna la stessa Amministrazione al pagamento delle spese di lite che liquida in euro 2.000,00 (duemila//00), oltre oneri di legge.

Liquida la parcella depositata dal Dott. Filippo Bartalesi, in conseguenza delle attività peritali svolte, per un importo pari a Euro 2.952,18, oltre oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art.22, comma 8 D.lgs. 196/200-OMISSIS-, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.



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