Il refrain di una vecchia canzone recitava “lontano dagli occhi, lontano dal cuore”. Non ci potrebbe essere espressione più emblematica per descrivere lo stato di abbandono nel quale vengono lasciati i cani dell’unità cinofila, servitori dello Stato, una volta che si è esaurito il loro ciclo lavorativo. E ricordiamolo: ad esaurirsi è il loro lavoro, non la loro esistenza.
Fino a quando gli amici a quattro zampe fanno gioco per essere esibiti come simbolo di eccellenza, dedizione al servizio, perfetto esempio di come il cane abbia le stesse, se non superiori, capacità intellettive dell’uomo: tutto bene. Ma è quando si spengono i riflettori, quando la tv non “cerca” più i “cani con le stellette”, quando finiscono in un oblio umiliante, stridente al cospetto di un’attività gloriosa, è in quel momento che dovrebbero accendersi su di loro le luci della ribalta.
Come quando ci appassioniamo ad un idolo del pallone, lo seguiamo, ne condividiamo ed esaltiamo le gesta, scandagliamo ogni angolo della loro vita e quando poi non ci “serve” più, quando questi va in pensione, allora ci dimentichiamo anche della sua faccia. Certo, il paragone è azzardato, ma la conclusione è la medesima.
Che senso ha vantarsi ed inorgoglirsi per i “cani con le stellette” se poi nessuno si interessa più a loro dopo la fatidica soglia degli otto anni (età con la quale i cani smettono il loro servizio sul campo n.d.r.)?
Non sarebbe più giusto e vero porsi il quesito: ce la fa il conduttore ad affrontare le spese veterinarie per assicurare una vita dignitosa al suo compagno di lavoro e lotta nei teatri di guerra? O il conduttore deve fare i salti mortali, tirare la cinghia e magari “togliere” qualcosa alla sua famiglia per darla ad un altro membro essenziale della sua vita da cui il suo stesso nucleo familiare ed egli stesso non può prescindere?
Ecco. Su questo dovrebbe interrogarsi l’opinione pubblica e coloro i quali si “mettono in vetrina” con cane al seguito, mostrando solo il lato bello e lucido della medaglia. Sì, sa. Il rovescio non piace a nessuno, è spesso sporco, sudicio, non adatto ai salotti e ai tempi moderni.
Ed è proprio sulla scia di questa volontà di conferire “dignità” ai cani dei nuclei cinofili fino alla fine della loro vita che il Co.I.R. del Comando Logistico dell’Esercito, mediante una Delibera, ha chiesto all’Autorità affiancata, Comandante Logistico dell’Esercito, Gen. C. A. Figliuolo, di «effettuare una variante normativa» all’articolo «534 del Decreto del Presidente della Repubblica n.90 del 15 marzo 2010, in materia di:
“Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare, a norma dell’articolo 14 della legge 28 novembre 2005 n. 246”» al fine di «garantire ai cani ceduti al personale militare l’assistenza veterinaria a carico del servizio veterinario militare» e, inoltre, di voler «predisporre una proposta normativa al fine di istituire un’assicurazione sulla vita dell’animale utile a sopperire eventuali incidenti, anche mortali, cui l’animale potrebbe incorrere» interessando il Co.Ce.R. Esercito al fine «di valutare la possibilità di farsi promotore, in fase di stesura dei decreti correttivi al riordino dei ruoli, di una modifica normativa».
Ci appelliamo, dunque, alle Autorità preposte e al Ministro della Difesa, dott.ssa Elisabetta Trenta affinché sostenga questa battaglia di civiltà con la stessa energia con la quale si sta battendo per i diritti del personale militare, impegno che, nel corso del tempo, le ha fatto guadagnare sul campo l’appellativo di “ministro dei militari”.