A partire dal mese di agosto, tutti gli schieramenti politici hanno dato il via a infinite dichiarazioni, sostenendo che la sicurezza nazionale è la priorità di ogni partito.
Ma c’è chi si è spinto oltre, pensando di eliminare la sospensione della leva obbligatoria per favorire il ritorno di una cultura basata su regole e comportamenti.
Si parla anche di incentivare l’Operazione Strade Sicure, aumentandone gli organici, al fine di incrementare quel sentore di sicurezza che ormai ogni cittadino sta perdendo sempre di più.
Di certo, il nostro Paese non gode di ottima salute, e il conflitto in atto in Ucraina sicuramente si prolungherà, producendo ulteriori riflessi negativi sulla popolazione italiana e sul sistema Difesa che già è impegnato concretamente a sostegno della Democrazia, inviando le proprie donne e i propri uomini in nuove operazioni all’estero.
I militari, che mettono a repentaglio la propria vita fino all’estremo sacrificio, meritano di sapere quali saranno gli impegni concreti ed immediati che i vari politici assumeranno nei confronti del personale con le stellette. Inoltre, meritano di conoscere quali saranno le iniziative che intenderanno sostenere in merito al nuovo modello di Difesa.
Infatti, da poco tempo, il Parlamento ha approvato la rivisitazione della Difesa nazionale, inserendo nel provvedimento diverse deleghe che permetteranno di adeguare lo Strumento militare alle esigenze a cui è chiamato a fronteggiare il Paese.
Preferiremmo ascoltare le intenzioni politiche in termini di previdenza per il personale militare che a breve accederà alla quiescenza, con il rischio di percepire un cedolino paga che rasenta il reddito di inclusione.
Alla luce di questo, ci pare davvero fumoso ascoltare semplici proclami che parlano di sicurezza invece di soffermarsi sul come valorizzare i princìpi contenuti nel rinnovo contrattuale 2019-2021 che hanno messo in primo piano le esigenze economiche del personale, accendendo i riflettori su quelle dinamiche salariali che necessariamente devono essere sostenute e valorizzate.
L’ impossibilità di avanzamento di carriera professionale, sanato in parte attraverso l’avvio di un primo riconoscimento economico, rappresenta un problema per la Difesa, ancora non risolto.
La Difesa, infatti, sarà chiamata ad affrontarlo nel momento in cui (a partire dal 2024) si andrà incontro ad una cospicua fuoriuscita di personale, per limiti d’età, che inevitabilmente causerà una perdita di competenze professionali difficili da colmare in breve tempo.
Su questi punti, il futuro Governo dovrà fare un’attenta riflessione. I militari hanno il diritto di avere una retribuzione economica proporzionata alla propria Specificità e un adeguato riconoscimento della professionalità acquisita.
Proprio sul rinnovo contrattuale 2019-2021 firmato alla sua scadenza, con lo sguardo rivolto a quello del nuovo triennio, ci pare ormai paradossale che il personale militare non abbia percepito i compensi derivanti dal provvedimento a distanza di molti mesi.
La colpa in capo ad un sistema colmo di una burocrazia ormai diventata anacronistica non deve ricadere sulle tasche dei militari che attendono quello che gli compete. Ci riferiamo all’una tantum e a tutti quegli adeguamenti stipendiali contenuti nel D.P.R. 56 del 2022. Inoltre, è incomprensibile e non trova una adeguata giustificazione la mancata apertura del tavolo negoziale della dirigenza.
Tutto questo ci porta doverosamente, per il rispetto che nutriamo verso i sacrifici delle donne e degli uomini in divisa, ad essere vicini ideologicamente alla preannunciata inevitabile mobilitazione avanzata dal primo sindacato del Comparto Sicurezza e Difesa.
Siamo comunque fiduciosi che la classe politica ancora in carica accolga questo appello che incarna la voce dei militari italiani e sappia dare le necessarie risposte alle donne e agli uomini che ogni giorno si prodigano per dare lustro alla Nazione.
Associazione Sindacale Professionisti Militari