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Anche un Sottufficiale della Marina ottiene il ricalcolo della pensione Ecco la sentenza

https://banchedati.corteconti.it/documentDetail/CALABRIA/SENTENZA/259/2020

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Continuano le sentenze favorevoli sul diritto al ricalcolo della pensione computando l’aliquota del 44% ai fini del calcolo della base pensionabile



È ormai noto l’indirizzo della Corte dei Conti nelle varie sedi giurisdizionali. Malgrado ciò, l’Inps continua a calcolare irregolarmente i contributi dovuti, concedendo soltanto a coloro che siano cessati dal servizio con un’anzianità contributiva  di almeno 15 anni di servizio utile e non più di 20 anni entro il 31.12.1995 ,  l’aliquota del 44% ai fini del calcolo della base pensionabile.

Questa errata interpretazione delle norme da parte dell’ Istituto Nazionale della Previdenza Sociale ha dato luogo ad una vera e propria  “class action”. Migliaia di militari ora rivendicano quanto gli è dovuto.

L’ultima sentenza in ordine cronologico è a favore di un Sottufficiale della Marina Militare, ve la proponiamo integralmente:

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA PUGLIA

in composizione monocratica, nella persona del Giudice Unico

Consigliere dott. Pasquale Daddabbo
ha pronunciato la seguente

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 34226 del registro di segreteria, proposto dal sig. X nato a X il X e residente in X alla via X (cod. fisc. X), elettivamente domiciliato in Lecce alla via 47° Reggimento Fanteria n. 4, presso lo studio dell’avv. Danilo Lorenzo che lo rappresenta e difende,

contro

INPS – Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale, in persona del Presidente e legale rappresentante, rappresentato e difeso dall’avv. Marcella Mattia, giusta procura ad lites per atto del notaio Castellini di Roma, rep. 80974 del 21.7.2015, elettivamente domiciliata presso la sede INPS in Bari alla via Putignani n. 108.

Visto il D. Lgs. n.174/2016;

Uditi, nella pubblica udienza del 6 novembre 2018, l’avv. Fabrizio Occhinegro, su delega dell’avv. Lorenzo Danilo, per il ricorrente e l’avv. Marcella Mattia per l’INPS.

FATTO

Il sig. X – ex sottufficiale della Marina Militare titolare di pensione iscriz. N. X in carico alla sede INPS di Lecce, con decorrenza 26.7.2016 – in data 18.4.2018 ha depositato un ricorso con cui, allegando di non aver maturato un’anzianità contributiva di almeno 18 anni alla data del 31.12.1995 e che pertanto la pensione è stata calcolata con il c.d. sistema misto, ovvero con il metodo retributivo per la contribuzione acquisita sino a tale data e con il sistema contributivo per quella successiva, evidenziando che per la quota da calcolare con il sistema retributivo – per un’anzianità complessiva di 17 anni e 4 mesi e 13 giorni alla data del 31.12.1995 – è stata calcolata un’aliquota di rendimento inferiore al 44% (sulla base di quella del 35% per 15 anni stabilita per i dipendenti civili) si duole di avere ottenuto un trattamento di pensione definitiva inferiore al dovuto a causa della erronea applicazione dell’art. 54 del DPR 1092/1973.

Ha dedotto che ai sensi del 1° comma di tale disposizione al personale militare che abbia maturato almeno 15 anni di servizio utile a pensione e non più di 20 anni entro il 31.12.1995 deve essere attribuita la percentuale fissa del 44% della base pensionabile ed ha richiamato in tal senso la circolare n. 19 del 18.09.2009 dell’INPDAP.

Ha contestato l’assunto dell’INPS, secondo cui tale diposizione si applicherebbe soltanto al personale militare cessato dal servizio con anzianità compresa tra i 15 ed i 20 anni di servizio, e richiamando favorevole giurisprudenza ha concluso chiedendo di:

– accertare e dichiarare il diritto al ricalcolo della pensione computando l’aliquota del 44% ai fini del calcolo della base pensionabile;

– condannare l’Inps al pagamento di quanto dovuto oltre somme arretrate con decorrenza dalla data di collocamento in pensione, interessi e rivalutazione monetaria ed adeguamento del trattamento corrente;

– condannare l’INPS al pagamento delle spese e competenze di causa, da distrarsi in favore del procuratore antistatario.

L’INPS, costituito in giudizio con memoria depositata in data 26.10.2018, deducendo che il ricorrente non è destinatario del disposto di cui all’art. 54 del DPR n. 1092/1973 in quanto il suo servizio utile è di gran lunga superiore a 20 anni, ha chiesto il rigetto del ricorso con vittoria di spese ed onorari di causa ovvero, in subordine, di accogliere la domanda di garanzia e regresso spiegata nei confronti del Ministero della Difesa chiedendo la condanna di quest’ultimo a rifondere l’Istituto di quanto sia eventualmente condannato a pagare in favore del ricorrente.

All’udienza del 6 novembre 2018 l’avv. Fabrizio Occhinegro per il ricorrente e l’avv. Marcella Mattia per l’INPS si sono riportati ai rispettivi atti scritti insistendo per le conclusioni ivi rassegnate. Il giudizio è stato definito, come da presente sentenza letta nella stessa udienza.

DIRITTO

Il ricorrente – già sottufficiale della Marina Militare cessato dal servizio a partire dal 26.7.2016, con anzianità di servizio utile al 31.12.1995 inferiore a 18 anni – si duole del fatto che nel liquidare il trattamento di pensione l’amministrazione, con riferimento alle quote di pensione calcolate con il sistema retributivo (A e B), non abbia applicato l’aliquota di rendimento del 44% pervista dall’art. 54, co. 1, del DPR 1092/1973.

La domanda avanzata dal ricorrente è fondata.

Preliminarmente occorre ricordare che la legge n° 335/1995 (art. 1 comma 13), ha fatto salva, in regime transitorio, a favore dei dipendenti che avevano maturato, alla data del 31 dicembre 1995, un’anzianità contributiva di oltre diciotto anni, la liquidazione della pensione “secondo la normativa vigente in base al sistema retributivo” (calcolata, dunque, tenuto conto della retribuzione pensionabile, dell’anzianità contributiva e dell’aliquota di rendimento).

Per i dipendenti che, alla medesima data, avevano un’anzianità inferiore, il trattamento pensionistico è attribuito con il cd. sistema misto (retributivo/contributivo), in cui le quote di pensione relative alle anzianità acquisite anteriormente al 31 dicembre 1995 vengono calcolate secondo il sistema retributivo previgente, mentre la quota di pensione riferita alle anzianità successivamente maturate sono computate secondo il sistema contributivo (cfr. art. 1 comma 12, legge n. 335/1995).

Segnatamente il sistema retributivo previgente prevedeva il calcolo della pensione con riguardo all’ultima retribuzione in relazione all’anzianità maturata sino al 31.12.1992 e con riguardo alla media delle retribuzioni degli ultimi anni (10 o più cfr. art. 13 L. 503/1992) in relazione all’anzianità maturata sino al 31.12.1995: da tale sotto calcolo scaturiscono per il ricorrente due distinte quote di pensione A e B, entrambe calcolate con il sistema retributivo.



Ciò premesso è solo il caso di ricordare che l’art. 54 del DPR 1092/1973 stabilisce ai primi due commi che “La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile, salvo quanto disposto nel penultimo comma del presente articolo.

La percentuale di cui sopra è aumentata di 1.80 per cento ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo”.

In ordine all’applicazione del primo comma dell’art. 54 sopra riportato ai militari cessati dal servizio dopo il 31.12.1995 e che a tale data avevano un’anzianità di servizio inferiore a 18 anni si contrappongono due diversi orientamenti.

Secondo la difesa dell’INPS tale norma e quindi l’aliquota del 44% si applicherebbe soltanto a coloro che siano cessati dal servizio con un’anzianità contributiva compresa tra i quindici e i venti anni di servizio e soltanto per coloro la cui pensione sia calcolata unicamente con il sistema retributivo.

Secondo una parte della giurisprudenza tale interpretazione risponde ai criteri ermeneutici delle preleggi, risultando non solo maggiormente aderente al dato letterale, ma soprattutto tiene conto del fatto che la norma è da considerarsi speciale ed attributiva di un trattamento di favore e, in quanto tale, da interpretarsi in senso restrittivo; inoltre si sostiene che la disposizione, introdotta allorché vigeva il sistema retributivo puro, aveva una funzione perequativa per quei militari che, per motivi indipendenti dalla propria volontà, fossero costretti ad abbandonare il servizio non avendo raggiunto i vent’anni di servizio.

Tale orientamento non appare condivisibile sia perché non risulta che la norma rivesta carattere di specialità in quanto fin dall’origine definiva i criteri di calcolo della pensione normale per tutti i militari e sia perché la stessa prescindeva dalle cause di cessazione dal servizio essendo applicabile indistintamente a tutti coloro che avessero maturato la minima anzianità di servizio di quindici anni per accedere alla pensione, stabilita dal precedente art. 52, comma 1, del DPR 1092/1973.

E’ da ritenersi, quindi, maggiormente aderente ad un corretto criterio ermeneutico l’applicazione dell’art. 54 citato nel senso che l’aliquota del 44% vada applicata a coloro che, alla data del 31 dicembre 1995, possiedano un’anzianità contributiva compresa tra i 15 e i 20 anni; il successivo comma, che prevede che spetti al militare l’aliquota dell’1,80% per ogni anno di servizio oltre il ventesimo (e disciplina, pertanto, l’ipotesi in cui il soggetto cessi dal servizio con anzianità maggiore di 20 anni), chiarisce, infatti, che la disposizione del comma 1 non può considerarsi limitata a coloro che cessino con un massimo di venti anni di servizio.

D’altra parte non può escludersi l’applicazione della predetta norma sul presupposto dell’assenza di una specifica disposizione che indichi come ripartire l’aliquota del 44% tra i periodi maturati al 31.12.1992 e quelli maturati successivamente, fino al 31.12.1995.

In proposito è solo il caso di evidenziare che tale problema si pone a prescindere dall’aliquota da applicare complessivamente per l’anzianità maturata al 31.12.1995.

A riprova di ciò si evidenzia che l’amministrazione anche nel caso all’odierno esame ha distinto le due aliquote di rendimento effettuando una semplice operazione differenziale, anch’essa non prevista da alcuna disposizione normativa, tra quella calcolata per l’anzianità maturata al 31.12.1995 e quella calcolata per l’anzianità maturata sino al 31.12.1992.

In definitiva reputa questo giudice che per i militari che alla data del 31.12.1995 vantavano un’anzianità di servizio utile inferiore a 18 anni, per i quali la pensione viene liquidata in parte secondo il sistema retributivo ed in parte con il sistema contributivo, per ciò che concerne la prima parte continua a trovare applicazione le disposizioni di cui all’art. 54 del DPR 1092/1973 la cui corretta applicazione comporta che:

– per l’anzianità di servizio utile fino al 31.12.1992, necessariamente inferiore a 15 anni (altrimenti al 31.1.1995 l’anzianità sarebbe maggiore di ani 18 e non si porrebbe alcun problema applicativo trattandosi di pensione da liquidare interamente con il sistema retributivo), la quota di pensione va calcolata sulla base dell’aliquota di rendimento annua del 2,2% (44:20),

– per l’ulteriore anzianità di servizio utile fino al 31.12.1995 la quota di pensione va calcolata sulla base dell’aliquota di rendimento ottenuta per differenza tra quella del 44% spettante ai sensi dell’art. 54, co. 1, per l’anzianità di servizio utile compresa tra i 15 e i 20 e quella calcolata come sopra per l’anzianità al 31.12.1992.

Alla luce di quanto fin qui esposto, il ricorso deve essere accolto con il riconoscimento del diritto del ricorrente alla riliquidazione della pensione, sin dalla originaria decorrenza, dando corretta applicazione dell’art. 54 del DPR n. 1092/1973 secondo i criteri sopra esposti.

Il ricorrente ha inoltre diritto a conseguire gli arretrati costituiti dalla differenza tra i ratei pensionistici spettanti in base alla suddetta riliquidazione e quelli percepiti.

Su tali arretrati va, altresì, riconosciuto il diritto a conseguire, a decorrere da ogni singolo rateo pensionistico, gli interessi legali e nei limiti dell’eventuale maggior importo differenziale, la rivalutazione monetaria calcolata anno per anno secondo gli indici ISTAT.

La domanda di rivalsa formulata dall’INPS nei confronti del Ministero della Difesa – in disparte la verifica della sua ammissibilità atteso che tale amministrazione statale non è parte processuale nel presente giudizio – non ha fondamento in quanto dall’accoglimento del ricorso consegue la corretta determinazione dell’importo del trattamento pensionistico.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

PER QUESTI MOTIVI

la Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione Puglia, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso n. 34226 proposto dal sig. X e per l’effetto dichiara il diritto alla riliquidazione della pensione con la corretta applicazione, sulla quota calcolata con il sistema retributivo, dell’aliquota di rendimento di cui all’art. 54 del DPR 1092/1973.

Dichiara il diritto del ricorrente a conseguire gli arretrati, costituiti dalle differenze dei ratei pregressi, maggiorati, a decorrere dalla scadenza dei singoli ratei, degli interessi legali e nei limiti dell’eventuale maggior importo differenziale, della rivalutazione monetaria, calcolata anno per anno secondo gli indici ISTAT.

Condanna l’INPS al pagamento delle spese di lite nei confronti del ricorrente che si liquidano nell’importo di €. 1.000 da distrarsi a favore del difensore antistatario.

Così deciso, in Bari, all’esito della pubblica udienza del 6 novembre 2018.



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Il Giudice

F.to (Pasquale Daddabbo)

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