(AGENPARL) – Roma, 12 lug 2017 – Il generale di divisione dell’Esercito, Paolo Gerometta, resta saldamente al comando della direzione generale del Personale militare. Lo ha deciso lo scorso 10 luglio il Consiglio dei ministri approvando la richiesta della Ministra della difesa Roberta Pinotti.
Già il 23 settembre 2016, la Ministra Pinotti aveva chiesto e ottenuto che il generale Gerometta, restasse al suo posto di direttore generale per il personale militare fino allo scorso 30 giugno nonostante il superamento dei limiti di età stabiliti dall’ordinamento militare. Gerometta nel contempo ha sempre mantenuto salda nelle sue mani la carica di presidente del Cocer, l’organismo rappresentativo dei militari, una sorta di sindacato presieduto dal generale le cui prerogative sono solo quelle di poter rivolgere al vertice militare unicamente proposte e pareri non vincolanti sulle materie di interesse del personale militare. Il Cocer costa ai contribuenti oltre 4,2 milioni di euro ogni anno.
Sulla questione del doppio cappello – direttore del personale e presidente del Cocer – lasciato in testa al generale dalla ministra della difesa la deputata pentastellata Tatiana Basilio era già intervenuta presentando alcuni atti di sindacato ispettivo. In particolare, proprio sulla questione del trattenimento in servizio evidenziava che «la circolare n. 2/2015 della funzione pubblica – la cosiddetta «circolare Madia», in applicazione ed interpretazione del decreto legge n. 90 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 114 del 2014, con le quali sono divenute operative le misure che abrogano l’istituto, in uso presso le amministrazioni pubbliche, del cosiddetto «trattenimento in servizio», abrogato dalla citata legge n. 114 del 2014, ha fatto entrare a regime la fattispecie del «pensionamento d’ufficio» che, «è volto a favorire il ricambio e il ringiovanimento del personale, nelle Pubbliche Amministrazioni»; il trattenimento in servizio è stato, quindi, abrogato con la sola eccezione del suo mantenimento per quelle casistiche di lavoratori che non raggiungendo il minimo dei contributi previdenziali che danno diritto al trattamento pensionistico, ammontanti, da normativa in essere, ad almeno venti anni, cumulati anche con precedenti rapporti di lavoro e corrispondenti contributi, presso diversi istituti previdenziali. L’amministrazione pubblica, in questi casi, deve permettere al lavoratore di proseguire nel rapporto di lavoro, sino al raggiungimento del «minimo contributivo» ovvero fino all’età massima dei settanta anni, consentiti.
Non è il caso del generale di divisione dell’esercito in ausiliaria Paolo Gerometta; la cosiddetta legge «di Paola» (legge n. 244 del 2012) e gli indirizzi del «libro bianco per la sicurezza internazionale e la difesa» considerano la riduzione del personale prioritaria compresa quella dei vertici (che sono i più costosi per l’amministrazione); con la circolare del dipartimento della funzione pubblica n. 2 del 2015, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione ha confermato che dal 1° novembre 2014, secondo quanto stabilito dalla legge n. 114 del 2014, è avvenuta la soppressione dell’istituto del trattenimento in servizio, che consentiva ai dipendenti pubblici di continuare a lavorare, anche dopo il raggiungimento dei requisiti della pensione di vecchiaia; sul sito internet del Ministero della difesa, alla voce «disciplina dei richiami in servizio», si afferma che l’amministrazione della difesa si avvale del personale militare in congedo per ripianare esigenze che non possono essere soddisfatte dal personale in servizio.
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