Tornado e reparti speciali. Così l’Italia prepara l’intervento anti-Isis in Libia

Il pressing degli americani su Roma dura da mesi, Matteo Renzi ha già fatto sapere alla Casa Bianca che l’Italia non ha alcuna intenzione di entrare in guerra in Libia, eppure nella trattativa in corso tra gli Usa e i Paesi alleati nella coalizione anti-Isis si sta facendo strada un nuovo punto di caduta, sul quale si sta trattando ancora, ma che rappresenterebbe una svolta di portata strategica: se e quando il nuovo governo libico sarà operativo, a quel punto partirebbero le procedure per un intervento anti-Isis ma guidato, secondo il modello Iraq, dagli stessi libici e al quale si aggregherebbero unità speciali internazionali, con la partecipazione di Stati Uniti, Italia, Gran Bretagna, Olanda, Francia e, possibilmente, anche di alcuni Paesi arabi.

LE UNITÀ SPECIALI

Ed esattamente dentro queste unità speciali- ecco il punto di svolta – troverebbero spazio le eccellenze militari italiane: Tornado e reparti speciali di piccole dimensioni ma di forte impatto operativo. Certo, sarebbe un impegno gravoso per l’Italia e in particolare per Matteo Renzi che, pur conoscendo i vincoli politici e militari con gli Stati Uniti, negli ultimi mesi ha tenuto il punto, in questo coerente con la linea non-interventista e fondamentalmente pacifista che ha connotato la politica estera italiana nel dopoguerra. Oltretutto l’accordo è più ampio e prevede interventi mirati di varia natura ed è esattamente a questo «pacchetto» che si riferiva alcuni giorni fa il «New York Times», quando raccontava sia pure in termini generali di «un nuovo fronte» in Libia, aperto dagli americani, affiancati da inglesi, francesi e italiani.

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