http://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach&db=snpen&id=./20200211/snpen@s60@a2020@n05461@tS.clean.pdf

Offendere membri delle forze dell’ordine in contesto privato e senza testimoni non è reato. La sentenza.

Oltraggio a pubblico ufficiale. Se l’offesa è indirizzata non al singolo, ma è generica e rivolta a tutti i membri delle forze dell’ordine presenti , deve comunque avvenire in luogo pubblico o aperto al pubblico. In circostanze diverse, la testimonianza degli offesi è nulla.

La sentenza che vi proponiamo oggi evidenzia la nota complessità del sistema legislativo italiano.  La Corte di  Cassazione ha assolto da tutte le accuse un uomo che aveva proferito frasi ingiuriose contro alcuni militari dell’Arma dei carabinieri. L’uomo era stato denunciato e condannato dal Tribunale di Cuneo per il Reato di “oltraggio a pubblico Ufficiale”. 

Nel marzo del 2019, la Corte di appello di Torino, in parziale riforma di quella del Tribunale di Cuneo dell’ottobre 2013, ha assolto l’uomo dal contestato delitto di oltraggio in danno di un maresciallo dei carabinieri, confermando tuttavia la condanna per il medesimo reato in danno di altri militari operanti.

La persona condannata ha presentato ricorso presso la Corte di Cassazione . Secondo la difesa si era palesata una violazione di legge e vizio di motivazione poiché il delitto di oltraggio può avvenire solo in presenza di più persone, non individuabili nei militari presenti, tutti  indistintamente offesi dal ricorrente con espressioni oltraggiose,  quindi ” non estranei” alle offese rivolte ai colleghi, ma facenti  parte dei militari oltraggiati.

Stralcio di sentenza della Corte di Cassazione (8 gennaio 2020)↓

Il ricorso è fondato. Deve premettersi che la fattispecie di cui all’art. 341-bis cod. pen. richiede che la condotta sia tenuta in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone, in modo che le offese possano essere udite da queste ultime, giacché tale aspetto di per sé costituisce un aggravio psicologico che può compromettere la prestazione del pubblico ufficiale, disturbandolo mentre compie un atto dell’ufficio e facendogli avvertire condizioni avverse, ulteriori rispetto a quelle ordinarie .

Ben si comprende – sostengono gli ermellini – che le persone presenti, almeno due , devono essere diverse da quelle destinatarie della condotta oltraggiosa , non sussistendo altrimenti quelle condizioni esterne all’operato del pubblico ufficiale che valgono a delineare la specifica offensività del fatto.

Orbene, alla luce di tali premesse deve ritenersi erronea la valutazione della Corte territoriale, che ha ritenuto integrato il fatto, in quanto il ricorrente avrebbe rivolto espressioni offensive ai singoli operanti, alla presenza degli altri:

in realtà la Corte non si è avveduta che la condotta era stata tenuta in unità di contesto, nella fase in cui gli operanti stavano tutti svolgendo i medesimi compiti di ufficio, ed era consistita nella formulazione di offese generiche, con riguardo alle quali non veniva messa in rilievo la specificità della posizione di uno dei militari, ma emergeva la riferibilità della condotta all’indistinto operare dei vari carabinieri, tutti in varia guisa raggiunti da epiteti offensivi.

In tale situazione – conlcudono gli ermellini – non avrebbe potuto concretamente apprezzarsi quello specifico disvalore su cui riposa la punibilità della condotta alla luce della formulazione dell’art. 341-bis, cod. pen. che non si limita a tutelare genericamente l’onore e il prestigio del pubblico ufficiale, ma mira in ultima analisi ad assicurare il buon andamento della pubblica amministrazione, come detto, in relazione alle sfavorevoli condizioni esterne all’operato del pubblico ufficiale.

Detto altrimenti, nel caso in esame non è stata rappresentata la concreta sussistenza di quella condizione esterna, che sola consente di ritenere integrato il fatto. 

Su tali basi si impone l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non sussiste. 


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