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Maresciallo favorisca i documenti….e scoppia la rissa

La condanna comminata nelle due sedi di giudizio ad un maresciallo dei carabinieri (Tribunale Ordinario e Corte di Appello )  , non ha convinto il procuratore che ha presentato ricorso per cassazione. Il militare era stato condannato per aver  perso il controllo in seguito alle pressanti  richieste dei documenti da parte di due colleghi intervenuti per servizio. La vicenda si svolse in un locale notturno .  

I due carabinieri si recarono nel locale su richiesta del vicedirettore della struttura e di taluni addetti alla sicurezza , poiché alcuni “clienti” non ritenevano giusto pagare diverse consumazioni .La pattuglia giunta sul posto aveva il compito di  risolvere la questione e calmare gli animi.

Quando però i due carabinieri iniziarono a chiedere i documenti , si imbatterono nel collega. Il  militare si qualificò come maresciallo dell’Arma , rifiutandosi di mostrare i prorpi documenti. 



A detta dei due carabinieri,entrambi di grado inferiore, il maresciallo asserì di aver dimenticato  il tesserino a casa, e durante le fasi accese della discussione, li aveva anche minacciati di un trasferimento. I due insistettero chiedendogli di seguirli in caserma, ma il militare ebbe una reazione violenta e minacciosa, produttiva anche di lievi lesioni nei loro confronti. 

In seguito il maresciallo fu citato in giudizio dai colleghi e dopo una lunga trafila giudiziaria fu condannato dal Tribunale ordinario di Cagliari con l’accusa di resistenza e lesioni. Successivamente la condanna venne confermata anche dalla Corte di Appello.

La sentenza non convinse  il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Cagliari che presentò ricorso denunciando il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, essendo in realtà configurabile il reato militare di cui all’art. 195 cod. pen. m. p., avendo riguardo alla violenza semmai usata da un militare nei confronti di altri due militari di grado inferiore.

Secondo il  Procuratore  poi, tra le altre, non era stato debitamente considerato che uno dei  due carabinieri aveva subito alcuni  procedimenti disciplinari per via della sua aggressività e che la Corte aveva indebitamente valorizzato lo stato di alterazione alcoolica del maresciallo e svalutato le dichiarazioni e gli elementi a discarico, in quanto le lesioni riportate da uno dei due carabinieri non erano incompatibili con una caduta accidentale.

Il maresciallo , tramite il suo difensore , presentò anch’egli ricorso, denunciando un paradossale diniego delle attenuanti generiche.

Stralcio di Sentenza della Corte di Cassazione

Secondo i giudici, le motivazioni asserite dal Procuratore Generale non possono essere accolte. Allorché il militare di grado inferiore rivesta la qualità di pubblico ufficiale nell’espletamento di un servizio di controllo del territorio e di ordine pubblico e subisca l’azione violenta in opposizione all’espletamento delle relative funzioni, l’oggetto giuridico muta, in quanto la sfera di tutela oltrepassa la soglia della disciplina militare e coinvolge il buon andamento della P.A. in funzione della realizzazione delle sue finalità, che ineriscono all’ordinamento nel suo complesso e non tanto o non solo a quello militare.

Deve dunque ritenersi ravvisabile il reato comune di resistenza a pubblico ufficiale, di cui all’art. 337 cod. pen., peraltro più grave di quello di lesioni, di cui al capo C), sussistendo dunque la giurisdizione del giudice ordinario.



E’ indubitabile – sostengono i giudici – che la pattuglia, chiamata a ripristinare l’ordine in una situazione che in base a quanto rappresentato implicava anche un pericolo di passaggio a vie di fatto, fosse legittimata ad identificare i presenti, compreso il maresciallo, chiedendo loro i documenti, essendo insufficiente a tal fine che il predetto si fosse dichiarato o fosse stato indicato come maresciallo dei Carabinieri, posto che il predetto si era rifiutato anche di esibire documenti di identità, in particolare il tesserino, di cui era in quel momento sprovvisto.

Inoltre – continuano i giudici – la Corte territoriale ha dato conto degli elementi probatori sulla  base dei  quali ha ritenuto che anche il maresciallo avesse preso parte attiva alla prima fase del diverbio con gli addetti alla sicurezza per problemi legati al mancato pagamento delle consumazioni e alla mancata esibizione di una speciale carta, in gergo «drink card».

Parimenti la Corte ha sottolineato come in base alle risultanze acquisite anche dalla pattuglia sopraggiunta in un secondo momento,  potesse affermarsi che i due militari si fossero rivolti al maresciallo, chiedendogli le generalità e i documenti e poi cercando di accompagnarlo verso la vettura, venendo in quella fase raggiunti dalla reazione violenta del predetto, a
seguito della quale uno dei  due carabinieri  aveva riportato le lievi lesioni poi certificate, fermo restando che in quelle fasi o comunque di seguito il ricorrente aveva anche rivolto agli operanti la minaccia di far valere i suoi rapporti con il Comando Generale dell’Arma, per farli trasferire.

Di nessun rilievo poi risulta la circostanza che in passato uno dei due carabinieri abbia subito provvedimenti disciplinari, posto che la versione accusatoria è stata sostenuta anche dall’altro carabiniere .

D’altro canto la Corte ha anche rilevato che il maresciallo era stato
rappresentato come in stato di alterazione, dovuta all’assunzione di alcool, e che tale circostanza era ragionevolmente desumibile dall’andamento della serata, solo da ultimo trascorsa nel locale , ma comunque contrassegnata da plurime consumazioni.

E’ inammissibile altresì la configurabilità del fatto di particolare tenuità ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen. per la insistita prevaricazione e violenza nella sua condotta, mentre è invece meritevole di considerazione il quarto motivo del ricorso del maresciallo dei carabinieri, riguardante il diniego delle attenuanti generiche. ↓




Sta di fatto che il ricorso non risulta radicalmente inammissibile, ma deve prendersi atto, che, anche sommando periodi di sospensione per un totale di mesi nove e giorni ventotto, tale termine, decorrente dal —-/2011, è ormai ampiamente decorso fin dal—-2019, cosicché la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio agli effetti penali, perché i reati sono estinti per prescrizione.

Vanno peraltro confermate le statuizioni civili, da ciò discendendo altresì la
condanna del maresciallo alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute dalle parti civili nel presente grado, liquidate come da dispositivo.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché i reati sono estinti per
prescrizione. Conferma le statuizioni civili e condanna il maresciallo alla
rifusione delle spese di rappresentanza e difesa delle parti civili , che si liquidano in complessivi euro 4.200,00, oltre spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA per ciascuna parte civile.
Dichiara inammissibile il ricorso del P.G.


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Immagini di repertorio

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