Forze Armate e corpi di Polizia: ecco come chiedere il conteggio dei sei scatti sul TFS

Il Consiglio di Stato ha riconosciuto il beneficio a poliziotti e militari che, una volta posti in quiescenza, abbiano compiuto almeno 55 anni di età e, congiuntamente, 35 anni di servizio utile. Ma l’Inps non sembra essere d’accordo con la decisione e continua a disattenderla. 

La depauperazione del sistema pensionistico di militari e poliziotti è ormai cosa nota. Le politiche adottate dall’Inps sono state un continuo gioco al ribasso e questo negli anni ha prodotto una serie di sperequazioni che purtroppo iniziano a palesarsi nei cedolini di coloro che vengono collocati in quiescenza.

Per fortuna esiste la giustizia amministrativa. I militari ad esempio sono riusciti ad ottenere il riconoscimento dell’ art.54 del DPR del 1973, con conseguente ricalcolo dei contributi ad un’aliquota più favorevole, ma ciò avviene soltanto in caso di impugnazione presso la Corte dei Conti, perché l’Istituto Nazionale della Previdenza continua erroneamente a calcolare gli anni “retributivi” con la percentuale meno favorevole prevista per il personale civile.(Leggi QUI)

I SEI SCATTI SUL TFS

In seguito alle resistenze dell’Inps , il Consiglio di Stato si è pronunciato in favore dell’applicazione dei sei scatti stipendiali in favore di poliziotti e militari. In termini di soldoni, vale a dire che una volta collocati in quiescenza, un poliziotto od un militare ha diritto ad un ulteriore importo sul TFS che oscilla tra i 5 mila ed i 10 mila euro.↓

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Infatti la sentenza n.1231 dell’ 8 novembre 2018, pubblicata il 22 febbraio 2019,  ha statuito che i sei scatti sul TFS vanno riconosciuti  e calcolati anche in caso di accesso alla pensione a domanda, ma solo in presenza dei seguenti requisiti:

“almeno” 55 anni di età e, almeno 35 anni di servizio utile

Come spesso accade negli ultimi tempi, l’Istituto di Previdenza attua eventuali ricalcoli solo in caso di soccombenza nei tribunali amministrativi o presso la Corte dei Conti.

La prima azione da intraprendere singolarmente, è quella di inviare all’Inps, tramite una  PEC o una raccomandata, un atto di diffida. 

Ciò dovrà avvenire nei mesi antecedenti il collocamento in quiescenza od in quelli successivi. L’Inps ha tempo 30 giorni di per rispondere, in caso contrario si potrà impugnare il diniego ed intraprendere l’azione legale.

 


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