Difenderci, sì, ma come?

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Rinunciare allo strumento militare è pericoloso, ma l’Italia spende sempre meno per la Difesa. C’entra l’antimilitarismo ideologico, e le troppe guerre delegate a Washington

Quando si discute di tagli, una grossa fetta della pubblica opinione e della classe dirigente addita subito, quasi pavlovianamente, la Difesa. Ciò ha un che di paradossale, considerando come i militari, ben più di altre categorie (come politici o magistrati), godano di stima e fiducia tra la popolazione. Eppure, negli ultimi dieci anni le spese per la Difesa in rapporto al pil sono passate dal 2 per cento a poco più dell’1 per cento, e va tenuto conto ch’esse includono anche l’arma dei carabinieri, la quale ha funzione principalmente di ordine pubblico e non di difesa nazionale.

Perché si sceglie di tagliare nella Difesa? Lasciamo da parte le oggettive necessità di economizzare in tempi di crisi o la virtuosa tensione all’efficienza. C’è una corrente di pensiero secondo cui le spese per la Difesa sono sostanzialmente superflue, se non dannose. Chi condivide quest’opinione adduce spesso alcune motivazioni precise.

Per alcuni, la questione è prettamente ideologica: l’antimilitarismo o il pacifismo. Non è il caso di imbarcarsi qui in una discussione sui meriti e demeriti di questi rispettabili ideali, ma non si può fare a meno di notare che, in millenni di storia, la guerra e la violenza sono sempre stati compagni dell’uomo. Si dev’essere consci che, disarmandosi unilateralmente, porgere l’altra guancia non sarebbe più un alato precetto evangelico bensì la condizione necessaria e quotidiana di chi è costantemente alla mercé altrui.

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http://www.ilfoglio.it/italia/2015/12/03/difesa-terrorismo-difenderci-si-ma-come___1-v-135667-rubriche_c116.htm

 

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