Covid-19- Come cambierà il lavoro in divisa

La riflessione di Daniele Tissone, segretario generale del Silp Cgil della Polizia italiana.

Il coronavirus rappresenta per gli agenti una sfida in tutto il mondo. Al netto delle differenze muteranno le modalità di stare sul territorio e di relazionarsi con le persone



Il Covid-19 ha già cambiato i rapporti tra le persone e si accinge a incidere sui modelli di società. Non mi riferisco soltanto ai comportamenti della gente, influenzati dalla paura del contagio e dalle norme di contenimento sociale.

Alcuni cambiamenti riguardano il vissuto quotidiano delle lavoratrici e dei lavoratori, anche di quelli in divisa i quali, oltre a doversi proteggere come tutti attraverso l’utilizzo di adeguati dispositivi di protezione individuale, devono controllare il rispetto delle norme e delle prescrizioni da parte dei cittadini.

Penso alle innovazioni dal punto di vista tecnologico: una di queste verosimilmente sarà il casco per gli operatori di polizia che misura la temperatura corporea delle persone ad una distanza di due metri ed è in grado di effettuare anche numerosi altri controlli, già in uso in Cina. 

In tutto il mondo le forze di polizia hanno dovuto adeguarsi alla pandemia assicurando i  compiti di controllo del distanziamento sociale e delle altre misure adottate nei singoli Paesi, oltre a mantenere le attività istituzionali. In qualche caso, come in Canada, vi sono state anche situazioni che hanno inciso fortemente sulla privacy, con accessi presso le abitazioni dove venivano segnalate più persone riunite.

Nel Regno Unito, invece, sono state fornite ai cittadini preventivamente tutte le informazioni sui poteri della polizia durante la legislazione della pandemia, con l’intento di comprendere le differenze tra le norme vigenti in Inghilterra, Galles, Scozia e Irlanda del Nord.

Differenze di approccio e di stile a parte, certo è che in tutto il mondo sono state riviste e ancora subiranno cambiamenti le regole di ingaggio delle pattuglie sul territorio, che sono in contatto primario con le persone e che dunque espongono gli operatori al rischio contagio, per non parlare delle attività che richiedono un contatto ravvicinato come le perquisizioni o gli stessi uffici di polizia dove le persone vengono per denunce e atti amministrativi.

Il cambiamento è già arrivato. Siamo, saremo pronti ad affrontarlo, non perdendo mai di vista la necessità di offrire al cittadino un servizio efficiente e l’esigenza di garantire sicurezza lavorativa e sanitaria agli operatori in divisa?

È questa la delicata sfida che ci attende, organizzazioni sindacali comprese, vero paradigma da interpretare in epoca di coronavirus. E di post coronavirus.


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